la Repubblica, 2 dicembre 2019
Chiude Manolo Blahnik a New York
«Prendetemi tutto ma non le Manolo». Urla proprio così Carrie Bradshaw, il personaggio interpretato da Sarah Jessica Parker in una delle puntate della serie ormai di culto, Sex& the City, al ladro pronto a sottrarle gli amatissimi sandali. Ebbene da oggi Carrie ha un motivo in più per urlare il suo disappunto. Il negozio di Manolo Blahnik sulla 54esima strada a Manhattan, sì, quello dove in un’altra puntata il suo personaggio ha addirittura «un’esperienza mistica davanti a un paio di stivali», non c’è più. L’unico shop americano del celebre designer di scarpe, lo stilista approdato a fine Anni ’60 dalle Canarie a Londra e da lì partito alla conquista del mondo, è stato chiuso.
Finisce così, senza preavviso né saldi, l’avventura newyorchese del “calzolaio matto”, capace di mettere davvero di tutto nelle sue creazioni: dai barocchismi delle corti francesi e i quadri di Velásquez alle forme naturali della botanica. «Il segreto delle sue scarpe è il perfetto bilanciamento», scriveva Suzy Menkes, la severa critica della moda del New York Times provando a spiegare la formula fatta di «originalità all’avanguardia e solidità da indossare quotidianamente» che da decenni conquista le dive di tutto il mondo: da Jane Birkin a Bianca Jagger, da Madonna a Jennifer Aniston (che le indossò in occasione del matrimonio con Brad Pitt) passando per Anna Wintour, Rihanna, Michelle Obama e addirittura Maria Antonietta di Francia, quella portata sullo schermo da Sofia Coppola nel film del 2006. Scarpe così iconiche da sotterrare le suole rosse del rivale Louboutin. Con tanto di epitaffio del solito New York Times che nel 2012 sentenziò: «Louboutin è al tramonto, mentre Manolo è ormai un classico».
Sarà. Ma il successo non è bastato a salvare il flagstore newyorchese. Dove per giorni, racconta il pettegolo New York Post, gli impiegati hanno riempito decine di scatole con gli ultimi costosissimi sandali – almeno mille dollari al paio – rimasti in stock. Lasciando poi sulla celebre vetrina di fronte al Moma, oscurata da carta da pacchi, solo un laconico biglietto: «Ringraziamo i clienti che ci sono stati fedeli per 38 anni».
Nessuno sa cosa abbia costretto alla chiusura il designer, classe 1942, che in un’intervista confessò al New Yorker di aver iniziato realizzando scarpette di stagnola per le lucertole catturate nella piantagione di banane dei genitori, alle Canarie. E mentre le sue creazioni restano ancora esposte – e a prezzo pieno – in grandi magazzini di lusso come Bergdorf Goodman e Saks Fifth Avenue, il sospetto è che a sfrattarlo siano stati i suoi ex soci George Malkemus e Anthony Yurgaitis: partner negli affari e nella vita e proprietari dell’immobile sulla 54esima. I tre hanno rotto lo scorso aprile, a causa di una non meglio definita “proposta inaccettabile” rivolta da Kristina Hulsebus, nipote di Manolo e nuova Ceo dell’azienda, a Malkemus, capo dell’azienda per 37 anni. All’epoca Malkemus confidò al giornale finanziario di moda Women’s Wear Daily di avere già nuovi piani: «L’industria delle scarpe continuerà a essere la mia vita con l’aiuto di Dio: e di Sarah Jessica Parker». Alludendo all’attrice che nel 2013 aveva lanciato però una sua linea, SJP, proprio con l’aiuto di Malkemus: «Scarpe artigianali e di qualità che non sono prodotti di lusso estremo».
Al posto di Blahnik, arriverà un negozio targato Sjp? Sarebbe davvero una beffa per Carrie Bradshaw. Carla Filmer, capo del marketing di Blahnik assicura al New York Post che va bene così: «Stiamo studiando nuove opportunità di vendite al dettaglio in tutto il Nordamerica, annunceremo presto un’eccitante nuova location». Ma di sicuro la chiusura dell’iconico negozio è un colpo all’immagine dello stilista scoperto da Paloma Picasso e indirizzato al design delle scarpe dalla mitica direttrice di Vogue Diana Vreeland. È vero, gli resta la boutique al 51 di Old Church Street di Londra, da sempre sua vetrina principale. Ma Blahnik fuori da Manhattan perde parte del suo glamour. E ora Carrie come fa?