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 2019  dicembre 01 Domenica calendario

MA SÌ, FACCIAMOCI DARE LEZIONI DI FINANZIAMENTO PUBBLICO DA PRIMO GREGANTI - IL ''COMPAGNO G'': ''COSTA MENO FINANZIARE LA POLITICA CHE NON FINANZIARLA. SE LA POLITICA SI INDEBOLISCE, DIVENTA SUBALTERNA AD ALTRI INTERESSI'' - PER GENERAZIONI DI COMUNISTI È UN EROE, PASSATO ALLA STORIA COME COLUI CHE PUR «SAPENDO», NEGLI ANNI DI MANI PULITE NON PARLÒ PAGANDO PERSONALMENTE COL CARCERE. MA OGGI RIFIUTA QUESTA MITIZZAZIONE PERCHÉ… -

Il Compagno G. sa di quel che parla e davanti al risorgere della questione morale propone una ricetta chiara: «Alla lunga, costa meno finanziare la politica che non finanziarla. Come per l' ambiente: un investimento pubblico consente di preservare e non deteriorare una risorsa che è di tutti. Se la politica si indebolisce, diventa subalterna ad altri interessi, che non sono quelli del Paese».

Primo Greganti per generazioni intere di comunisti- e non solo - è un eroe, è passato alla storia come il compagno che pur «sapendo», negli anni di Mani pulite non parlò pagando personalmente e amaramente: col carcere. Lui, a distanza di anni, rifiuta quella veste mitica («era ingiusto pensare che io fossi un eroe, per copertura del Pci. Io ho avuto un atteggiamento di rispetto della verità») ma sicuramente pochi conoscono i meccanismi di finanziamento alla politica come lui, che è stato amministratore della Federazione torinese del Pci per 14 anni e poi collaboratore del suo partito ai tempi di Botteghe Oscure.

Ma perché soldi dei contribuenti ai partiti? «Perché per far funzionare una moderna democrazia c' è un costo pubblico, che aiuterebbe a prevenire altri costi».

Immaginare di dare soldi pubblici a questi scalcagnati partiti non è popolare «Mettere mano al finanziamento e al funzionamento della democrazia in tempi come questi è molto difficile. Occorre misurarsi con un populismo che attraversa la società, far riflettere la gente è difficile». Un meccanismo trasparente e utile, Primo Greganti come lo disegnerebbe? «Il finanziamento ai partiti dovrebbe rispondere a due criteri essenziali. Che sia un finanziamento alla democrazia, quindi a strutture che consentano un rapporto con i cittadini. Attività editoriali, sedi, scuole di partito. Tutto questo può essere parzialmente aiutato da un sostegno pubblico. Secondo: un partito deve avere le funzioni che prevede la Costituzione, tornare a essere anche una grande scuola civica e comportamentale. Con organismi dirigenti che si assumano le loro responsabilità. Che rispondano in proprio di quello che fanno, se no non si capisce cosa succede».

Una legge di finanziamento ai partiti, giusta in sé, diminuirebbe le corruzioni? «Può diminuire la corruzione ma il finanziamento pubblico è solo un primo paletto. Servono una vita democratica interna ai partiti, organismi dirigenti che si eleggono e si responsabilizzano. Rispondendo in proprio di quello che fanno. Se si rubano 49 milioni, chi ne risponde? C' è una responsabilità collegiale che si deve imporre, se no è finita. E invece con i partiti personali si vede come finisce: nella confusione dei ruoli vero e falso sguazzano. Vediamo in questi giorni, la pateticità».

 In questi giorni i donatori della Fondazione di Renzi sono nell' occhio del ciclone: ma il nesso tra contributo ed eventuale beneficio deve essere ben chiaro, altrimenti non diventa una caccia alle streghe? «In generale, la giurisprudenza ha già risolto la questione: non si può fare un provvedimento ad hoc per Tizio. Un provvedimento o è valido per migliaia di tizi o è chiaro che c' è un problema ed è bene che la magistratura se ne occupi. Perché se il beneficio è di uno solo e guarda caso proprio per quello che due anni prima aveva versato dei soldi, è chiaro che possa esserci rivalsa. Su questo non ci possono essere dubbi».