Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2019  dicembre 01 Domenica calendario

Su “Il boia” di Eduard Limonov

Ci sono romanzi di una bellezza selvaggia. Sono eversivi perché candidi nella loro ferocia. Prendiamo Il boia (Sandro Teti editore, pagg. 356, euro 20) di Eduard Limonov. Innanzi tutto è un libro che permette di conoscere lo scrittore russo per quello che è e non per quello che è diventato nella biografia di Emmanuel Carrère (Limonov, Adelphi). Biografia bella in cui «Limonov» non è Limonov ma un personaggio reinventato dalla brillante penna di Carrère. Per conoscere il vero Limonov meglio cercare la meravigliosa autobiografia Il libro dell’acqua, pubblicata in Italia, molti anni fa, dall’editore Alet di Padova. Il boia, come Il libro dell’acqua, è stato scritto a Parigi all’inizio degli anni Ottanta. È un libro sul sadomasochismo ma anche un giallo. Fu pubblicato prima in Francia nel 1986. L’editore, intimorito dal contenuto, cambiò titolo nel più neutro Oscar et les femmes (Oscar e le donne). I termini di paragone, proposti da Limonov stesso, sono Il falò delle vanità (1987) di Tom Wolfe e American Psycho (1991) di Bret Easton Ellis. Due romanzi statunitensi, entrambi posteriori, anche se di poco, al Boia stesso. Del primo, Il boia ha il piglio satirico col quale ritrae l’alta società di New York, ridicola per la sua ipocrisia. Del secondo, ha l’attrazione per chi fa parte del mondo «che conta» e la parallela sadica furia distruttrice. Di entrambi, il senso dell’umorismo un po’ cinico. 
Appartengono invece solo a Limonov le trasformazioni «impossibili» della violenza in tenerezza, del sadismo in amore, della vecchiaia temuta in nuova gioventù inattesa. Il boia è un dominatore perverso di donne consenzienti. A suo modo però venera le sue «vittime», si spinge oltre consapevole di esplorare un mondo, quello femminile, immensamente più ampio di quello che credono gli altri uomini. Le clienti sono donne di mezza età convinte di essere poco attraenti, in pieno declino, sessualmente inappagate. Nella stanza del boia scoprono invece di essere ancora belle.
Il terreno è scabroso? Certo. Le descrizioni sono crude, nessun dettaglio è nascosto, finisce tutto in primo piano. Può disturbare, sarebbe disonesto negarlo. Limonov infatti non lo fa: «Non è indirizzato ai minorenni». Però il sadico professionista potrebbe rivelarsi in fondo un sadico candido. Padrone spietato, potrebbe improvvisamente realizzare di avere i polsi legati. Convinto di essere un manipolatore potrebbe scoprire di essere stato manipolato come un ingenuo. Fino all’irreparabile. Ma questo lo deve scoprire (e decidere) il lettore.
L’edizione originale era accompagnata dalle foto «spinte» scattate col contributo di Limonov. Furono rifiutate da tutti i media francesi. Una fu pubblicata da Playboy. La storia del Boia però era solo all’inizio. Quando finalmente uscì in Russia, nel 1991, fu un successo da un milione di copie. Ancora oggi è il romanzo più conosciuto di Limonov.
Ecco, romanzo. Limonov è noto come dissidente, prigioniero politico, attivista. Ha fondato un partito nazional-bolscevico che rimpiange non il comunismo ma la grandezza della Russia, inclusa quella sovietica. Il sogno sarebbe una federazione euroasiatica, a trazione moscovita. Alcuni pensatori francesi, che Limonov senz’altro conosce bene, scrivevano le stesse cose molti decenni fa (vedere tra gli altri Archeofuturismo di Guillaume Faye). 
Secondo la stampa occidentale, Limonov è di volta in volta un fascista, un comunista, filoputiniano, antiputiniano, rivoluzionario, controrivoluzionario e così via. Viene il sospetto che non abbiamo capito nulla di Limonov, più fedele a certi valori «antichi» (perenni) che all’appartenenza politica. Bisognerebbe ricominciare a considerarlo innanzi tutto per quello che è: un fuoriclasse della letteratura. In francese, in inglese e in russo.