la Repubblica, 1 dicembre 2019
Assassino ma anche eroe
Sul dilemma morale si basano i migliori romanzi e film, le nostre piccole grandi esistenze, le possibilità che abbiamo di salvarci l’anima, non in una vita oltre la vita, semplicemente in questa. Non esiste una risposta certa e oggettiva, è la domanda da un’infinità di dollari. E allora, ecco: può un assassino essere, anche, un eroe? Sul ponte di Londra quel James Ford che salva una donna dal coltello del terrorista è lo stesso che quindici anni prima uccise con un altro coltello un’altra donna? O sono due persone diverse in una e, con il tempo, la seconda ha preso il posto della prima? Il nuovo gesto riscatta totalmente il precedente o restano due atti separati di cui uno merita la punizione e l’altro il premio, senza elidersi a vicenda? Ma soprattutto: chi può deciderlo?
Prima che qualcuno si proponga con facili soluzioni da 140 caratteri, vorrei continuare a fare domande, essendo convinto che soltanto il dubbio possa indicare una luce. E allora: chi decide cosa? Esiste un mondo in cui tocca allo Stato. E allora capita che l’omicidio di una giovane disabile venga sanzionato con 15 anni di reclusione, seguiti dal beneficio della semilibertà, il che pone l’assassino sul ponte, un venerdì di novembre, a passeggiare come qualsiasi altro cittadino. Altri Stati invece lo avrebbero messo a morte, in modi differenti. In molta America lo avrebbero condotto, saziato e lievemente sedato, su un lettino, collegandogli il braccio a una siringa, da cui sarebbe passato un liquido letale. Ai due lati, dietro due vetrate, la famiglia della vittima, che sarebbe uscita esultando, e i parenti dell’omicida, se avessero avuto il coraggio, per alcuni la sfrontatezza, di presentarsi. In alcuni Paesi orientali avrebbero dato ai familiari della donna ammazzata, anziché un posto in prima fila, una spada e che decidessero loro che fare: in questo modo lo Stato avrebbe devoluto non solo l’esecuzione, ma anche la sua opportunità. Laddove non lo faccia, ne vanno accettati i principi, poiché ne dipende la civile convivenza.
Ora, se tocca allo Stato l’ultima parola, James Ford è un eroe, dopo essere stato un assassino che ha scontato la sua pena, quasi per intero. Se tocca alla famiglia della sua vittima, rimarrà per sempre soltanto criminale, che un giorno, per caso, si è comportato diversamente.
Ci sarebbe, meno illuminato, un altro punto di vista, un’altra famiglia: quella della donna che si trovava sul ponte e che James Ford ha salvato dal coltello del terrorista. Da quello, lui è un eroe che un tempo lontano agì diversamente.
Esiste tuttavia un ulteriore punto di vista, più interessante e decisivo: come sempre è quello dall’alto, lo stesso che si ha dal finestrino di un aereo, quando il caos di una città appare, anzi si dimostra, geometria. E allora: togliete James Ford da quel ponte. Mettete che sia stato giustiziato (da funzionari di Stato o parenti della sua vittima), che non abbia mai ottenuto la semilibertà da ordinamenti giuridici che buttano la chiave, o che sia libero da tempo (perché ad esempio è un omicida scandinavo) e se ne sta ubriaco al pub. A quel punto: un’altra donna muore. Qualcosa porta James Ford a quell’appuntamento.
Se siete credenti potete dire che è stata la provvidenza: ha messo quell’uomo in quel luogo e a quell’ora per la sua redenzione e l’altrui salvezza. Se non lo siete: è stato il caso, il gioco del caos, lo stesso che in altre situazioni uccide una persona meritevole, intrappolandola in una coincidenza. Si possono avere molte opinioni diverse sul destino di James Ford. Resta indiscutibile una sola cosa: quell’istante, quell’istinto, il momento in cui evita la coltellata alla donna sul ponte, la forza esatta e contraria che si oppone e annulla il gesto violento. Quella, comunque sorga, è umanità al grado zero, una forma di purezza che esce dalla storia, personale e collettiva, l’unico motivo per credere alla sopravvivenza della nostra specie.