ItaliaOggi, 30 novembre 2019
C’è lo scippo delle ostetriche italiane
Se un malato è ricoverato nell’ospedale di una regione che non è quella ove risiede, quest’ultima deve rimborsare alla prima le spese sanitarie, attraverso un conto compensativo che mira a evitare che vi siano disparità nella spesa regionale tra chi offre servizi (con le relative spese) e chi ne usufruisce. Lo stesso meccanismo andrebbe introdotto tra gli Stati in merito alla costosa formazione di laureati e diplomati rispetto a chi poi li utilizza. L’ultimo caso, a Parma, fa sorgere la domanda: è giusto che l’Italia investa proprie risorse nella formazione professionale, in questo caso delle ostetriche, se poi arrivano gli emissari delle cliniche tedesche e se le portano via? Non si tratta più del singolo «cervello» in fuga, ora si verificano esodi organizzati (dall’estero). Ci si potrebbe consolare considerando che tanta richiesta indica che il nostro livello di istruzione professionale è valido, e quindi siamo bravi. Ma con i chiari di luna della finanza pubblica spendere a vantaggio degli altri risulta problematico. Per questo quanto è successo a Parma acquisisce una rilevanza particolare. I tedeschi sono venuti a contattare le neo-diplomate in ostetricia e hanno offerto un posto di lavoro a tempo indeterminato nei loro ospedali pubblici, un primo stipendio di 3mila euro al mese, alloggio, un corso gratuito in due fasi di lingua tedesca. Di fronte al muro burocratico dei concorsi interminabili e alle scarse assunzioni negli ospedali nostrani la proposta è apparsa talmente allettante che in sei hanno già detto sì, partecipato (a Parma) al corso full immersion di lingua tedesca organizzato gratuitamente dai nuovi datori di lavoro (un altro corso, di livello superiore e finalizzato all’apprendimento del linguaggio sanitario, si svolgerà in Germania) e stanno partendo per Bonn e Berlino.
Il reclutamento è avvenuto addirittura all’interno dell’ateneo, dove si è svolto un incontro con i dirigenti dell’agenzia Perseu.de, specializzata nella selezione di personale sanitario per le cliniche tedesche. Dopo l’illustrazione delle esigenze lavorative da parte degli ospedali e i filmati sull’ambiente in cui i nuovi assunti saranno inseriti, l’agenzia ha raccolto i curricula delle interessate, che poi hanno svolto un colloquio di pre-lavoro via Skype condotto da un’ostetrica italiana da anni inserita in uno degli ospedali tedeschi che accoglieranno le neo-diplomate.
Tutte d’accordo le sei ostetriche, tra i 23 e i 25 anni (ma altre sono pronte a seguirle), sulle motivazioni: troppo lunga e incerta la trafila in Italia per arrivare a occupare un posto, serietà dell’offerta, stipendio che consente indipendenza dai genitori. Avrebbero preferito rimanere in Italia ma- sottolineano- è troppo arduo trovare in un tempo ragionevole un contratto di lavoro a tempo indeterminato, per altro con stipendi piuttosto bassi. Da notare che le iscrizioni al corso per ostetriche dell’università di Parma sono a numero chiuso, i posti sono appena 16, quindi c’è qualche difficoltà a entrare e molte domande vengono respinte. Questo rende ancora più sorprendente il fatto che poi quasi la metà delle diplomate stacchi i biglietti per andare oltre frontiera, con tanti ringraziamenti a chi le ha formate professionalmente. Dice Dora Di Vittorio, 23 anni, che lavora da tre anni all’ospedale di Oranienburg, 30 chilometri da Berlino: «Nonostante il 110 e lode e i complimenti della commissione dopo la laurea per guadagnare ho fatto la cameriera in una pizzeria, poiché non si apriva nessuna porta ho provato a seguire la strada di una mia compagna di studi e ho inviato il mio curriculum a un’agenzia che in cinque giorni mi ha fatto assumere in Germania. Il mio Paese mi manca ma qui mi trovo bene, in ospedale riceviamo incentivi di continuo, si punta molto sulla nostra formazione e sulla crescita del livello di assistenza».
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Non solo Germania. Anche l’Inghilterra, pur se alle prese con la Brexit, apre le braccia ai nostri diplomati e laureati in campo sanitario. Ci sono agenzie inglesi che contattano i nostri neodiplomati, in certi casi li opzionano già qualche mese prima della conclusione dell’iter universitario in modo che intanto possano impratichirsi con la lingua. L’ostetrica Alessandra D’Angelo, di Chieti, è a Londra da 8 anni, lavora al blasonato St Mary’s Hospital (quello utilizzato dalla famiglia reale). Dice: «Non avrei mai immaginato di ritrovarmi a lavorare come ostetrica a Londra. Una volta finita l’università credevo di poter iniziare a lavorare senza alcun ostacolo, ma la realtà non è stata così. Piuttosto che intraprendere la strada dei concorsi su e giù per l’Italia, sperando che da neolaureata riuscissi ad entrare in graduatoria ed essere chiamata nei successivi 2-5 anni, ho preferito accettare il lavoro qui, con assunzione subito e retribuzione adeguata». Aggiunge la sua collega Flavia Amendola, da sei mesi in servizio a Brighton: «Ho capito subito che in Italia non c’era spazio per me. Così ho deciso di partecipare a uno dei colloqui che le agenzie inglesi organizzano in Italia. Sono contenta della scelta che ho fatto».
La Commissione europea dispone di dati non aggiornatissimi ma significativi: dal 2005 al 2016 sono partite dall’Italia per andare a lavorare all’estero 777 ostetriche (oltre a 7.967 infermieri). Ci sono addirittura siti web dedicati ai sanitari che desiderano espatriare: www.doctorsinfuga, ha 40.578 aderenti e dà informazioni e consigli a chi vuole andarsene, Medici italiani in Germania è invece (6mila membri) una pagina su Facebook che risponde alle tante domande di chi pensa di trovare lavoro in quel Paese. Su Facebook, vi è pure la pagina («nata dall’esigenza di condividere esperienze»): Ostetriche italiane in Germania.
Il tutto mentre negli ospedali italiani c’è carenza. L’ultimo grido d’allarme arriva da Salerno, dove il sindacato Cisl Fp dell’ospedale Ruggi d’Aragona protesta duramente: «Il reparto di ostetricia è al collasso.
Le ostetriche sono poche e oltre al reparto debbono svolgere le proprie funzioni al pronto soccorso ginecologico e in sala operatoria, ma anche praticare assistenza attiva del rooming in (i bambini stanno insieme alla mamma nella stessa stanza subito dopo la nascita)». Per partorire le salernitane dovranno andare in Germania?