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 2019  dicembre 01 Domenica calendario

La battaglia su fondo salvastati e unione bancaria


La voglia di trovare un accordo c’è. Al di là delle dichiarazioni che fanno parte della tattica quotidiana dei partiti. E la formula per uscire dall’ennesima palude in cui sembra essere sprofondato il governo potrebbe averlo in mano il ministro del Tesoro Roberto Gualtieri. Come la pensa, lo sanno tutti: il Meccanismo europeo di stabilità, noto come fondo salva-Stati, è un trattato che va bene all’Italia e che non ci espone agli squali della speculazione come la vulgata sovranista e qualcuno anche dentro i 5 Stelle vuol lasciare intendere. Diverso è il discorso sull’Unione bancaria europea, che, stando alla «logica di pacchetto» promessa da Giuseppe Conte e pretesa nei mesi scorsi a Bruxelles, dovrebbe accompagnare l’approvazione del Mes. Gualtieri, fa sapere, è «pronto persino a mettere il veto», come extrema ratio se all’Eurogruppo di mercoledì si troverà di fronte alle resistenze dei colleghi ministri delle Finanze. Se cioè dovesse prevalere la tesi del tedesco Olaf Scholz, che contempla una valutazione del rating delle banche legato ai titoli di Stato penalizzante per l’Italia. A Gualtieri non è mai piaciuta la proposta della Germania. È un tema sul quale si trova in sintonia con Conte e che oggi, al vertice di maggioranza convocato a Palazzo Chigi, entrambi potrebbero usare per placare la possibile rivolta del M5S e spuntare qualsivoglia piano bellicoso abbia in mente Luigi Di Maio.
Per il governo italiano, il completamento dell’Unione bancaria è un passaggio vitale, in particolare con un’ assicurazione europea che protegga i depositi fino a 100 mila euro. A detta di Conte è la base di ogni negoziato ulteriore e sarà l’arma che sventolerà in faccia a Matteo Salvini nel discorso che sta preparando per domani in Senato con l’obiettivo di smontare «punto per punto la becera propaganda» leghista. Senza queste garanzie, la firma alle modifiche del fondo salva-Stati non ci sarà, fanno sapere da Palazzo Chigi. La scommessa del premier però è di coinvolgere al massimo il M5S. Il che vuol dire per Di Maio farsi bastare la mediazione offerta da Gualtieri e convincere i parlamentari grillini più riottosi che le modifiche sull’Unione bancaria erano proprio l’obiettivo del «pacchetto» di riforme chiesto dall’Italia.
Tra Conte e Di Maio, fanno sapere gli entourage, c’è un’intesa che non si vedeva da tempo. Il premier ha fatto telefonate, anche con gli europarlamentari e i deputati dell’ala più moderata e ha presente lo schianto che rischia se i 5S dovessero esplodere su un tema che tira in ballo i rapporti europei. La fronda sovranista si potrebbe staccare e cedere alle sirene della Lega. Allo stesso modo sta correndo un rischio il capo politico, da sempre nel mirino del corpaccione governista del M5S che di far cadere Conte e di andare a casa, o di tornare con Salvini, non ha proprio voglia. La misura di queste tensioni è dentro un patto che di fatto in queste ore stanno stringendo il premier e il suo ministro degli Esteri: provarci fino alla fine, ottenere quante più modifiche possibili, e solo in caso di un muro invalicabile in Europa chiedere il rinvio. Il calendario è chiaro: Gualtieri andrà all’Eurogruppo con un mandato. Se non dovesse cavare nulla, Conte si preparerà a chiedere lo slittamento al Consiglio europeo dove è previsto l’accordo politico sul testo che è preparatorio della firma al trattato (a febbraio) e della successiva ratifica nei parlamenti nazionali.
Il punto però resta quale sarà il mandato del ministro del Tesoro. Se saranno i grillini ad accettare la sua mediazione o lui a dover inghiottire le modifiche che oggi Di Maio metterà sul tavolo. Per Gualtieri il cuore del Mes è intoccabile, non ci sono margini per rivedere le soluzioni politiche alternative, e al massimo si potrà lavorare per rifinire i dettagli sugli annessi. Il ministro considera una favola il racconto del meccanismo automatico di ristrutturazione del debito, che sarebbe fatale per l’Italia e che invece i grillini considerano una conseguenza implicita nel fondo salva-Stati. Sarà compito di Di Maio provare a spiegarlo con in mano un documento. Contiene le modifiche richieste dal M5S, al quale hanno lavorato Raphael Raduzzi e Alvise Maniero, i due deputati più contrari alla riforma. Non la migliore premessa per un accordo.