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 2019  dicembre 01 Domenica calendario

Le intenzioni di John Elkann sul gruppo Gedi

SOLE 24 ORE

MILANO

Passerà da un’Opa e da un possibile delisting la presa di controllo della holding Exor degli Agnelli-Elkann sul gruppo Gedi, la cui quota di riferimento è in mano alla Cir della famiglia De Benedetti.

L’offerta di Exor, già socio di minoranza di Gedi, per il gruppo editore di La Repubblica e L’Espresso sarà sul tavolo del consiglio di Cir domani e, salvo sorprese, dovrebbe essere accettata dall’attuale azionista di controllo. Oggi Gedi capitalizza 144 milioni di euro. Sull’entità dell’offerta si avranno ragguagli domani, ma i riflettori vanno anche sui piccoli azionisti di Gedi e su alcuni soci storici che possiedono quote di minoranza: la famiglia De Benedetti con Cir ha infatti oggi il 43,8% delle quote, la famiglia Agnelli il 5,99%, Giacaranda Falck il 5,08% e Carlo Perrone il 5,02 per cento. Resta da capire, appunto, cosa faranno dei loro pacchetti azionari questi ultimi due soci. In particolare Giacaranda Falck negli ultimi tempi si sarebbe mostrata molto critica nei confronti di gestione e proprietà. Comunque si tratta di quote fondamentali per arrivare a un delisting che, stando a valutazioni degli operatori sul mercato, sarebbe l’approdo per permettere a John Elkann di riorganizzare il gruppo secondo i propri piani, stringendo al massimo i tempi.

Proprio ieri fonti vicine al presidente e Ceo di Exor hanno affermato all’Ansa che l’obiettivo è garantire «stabilità e indipendenza» al gruppo Gedi e che non c’è dunque nessuna intenzione di vendere La Repubblica separatamente né di scorporare le radio. Insomma, nessuno spezzatino all’orizzonte e neanche una cessione di La Repubblica a Carlo De Benedetti e al suo progetto di Fondazione. L’ex presidente di Cir non ha rilasciato commenti nelle ultime ore. La trattativa per la vendita del gruppo Gedi a Exor è stata portata avanti dai suoi figli e dall’ad di Cir, Monica Mondardini con i relativi avvocati. Nessun altro è stato messo al corrente sul tema e nemmeno Carlo De Benedetti sarebbe stato informato.

Dopo le polemiche degli scorsi mesi, in cui l’Ingegnere aveva accusato i figli di non avere la passione per i giornali, e dopo l’offerta di Romed per la sola Repubblica bocciata da Cir, la trattativa con il socio Exor si è sbloccata in qualche settimana. E l’interesse sarebbe dunque per tutto il gruppo nato due anni e mezzo fa dall’integrazione della Itedi di Fca e famiglia Perrone (che portava in dote La Stampa e Il Secolo XIX) nel gruppo Espresso.

Un gruppo in cui la parte più in difficoltà dai conti appare quella di Repubblica & co (divisione stampa nazionale) che nel primo semestre ha realizzato ricavi per 116,5 milioni: -5,8% annuo. Quanto alla marginalità, è migliorata ma con risultato operativo che resta in rosso per 7,7 milioni. Dal punto debole a quello forte: le radio (Deejay, Capital e m2o) hanno registrato un fatturato con segno più (+0,4%) a 32 milioni nel semestre , con risultato operativo positivo di 7 milioni. Fra Repubblica e le radio, nel mezzo c’è la divisione “News Network” con Stampa, Secolo XIX e quotidiani locali in cui al fatturato calante (-8,6% a 116,9 milioni) si accompagna un risultato operativo positivo di 5,8 milioni (-34,1%).

Dall’altra parte sorprende il ritorno della holding Exor sul settore editoriale italiano dopo che nel 2016 ne era quasi uscita prima con la vendita delle quote in Rcs e poi con l’unione con il gruppo Espresso, operazione che aveva condotto Exor in minoranza. È pur vero che la holding degli Agnelli è primo azionista (43%) del gruppo Economist. Di sicuro ad Exor, già impegnata nell’aumento di capitale della Juventus, non manca la liquidità. L’operazione Fca-Peugeot, grazie al dividendo straordinario, porterà 1,6 miliardi nelle casse di Exor. Il merger, grazie al quale nascerà un big mondiale dell’auto, sta segnando una svolta nelle strategie complessive di Exor. Con un ritorno nel mondo dell’editoria.

Andrea Biondi
Carlo Festa

SERGIO BOCCONI SUL CORRIERE

In attesa del consiglio di amministrazione di Cir, convocato domani per l’esame dell’operazione, proseguono colloqui, contatti e lavori finalizzati a definire il passaggio del controllo di Gedi, società editoriale che pubblica «la Repubblica», «La Stampa» e «Il Secolo XIX», dalla Cir dei fratelli Marco, Edoardo e Rodolfo De Benedetti, a Exor, la holding della famiglia Agnelli. Operazione che dovrebbe prevedere come primo passo la vendita della quota di Gedi che fa capo a Cir, pari al 45,7% del capitale votante, al gruppo guidato da John Elkann che, già socio con il 6,2%, passerebbe così al 52%. A quel punto il secondo passo sarebbe “tecnico”, cioè il lancio dell’Opa. Ieri fonti vicine a Elkann hanno tenuto a precisare, anche dopo che sono circolate ipotesi e suggestioni di vario tipo, quali siano ritenuti i punti cardine del progetto imprenditoriale «che punta alla trasformazione di Gedi e che non prevede alcuna ipotesi di spezzatino» né «suggestioni nostalgiche» (riferimento questo ai legami con la famiglia Caracciolo). In particolare non ci sarebbe alcuna intenzione di procedere a spin-off con la vendita «la Repubblica» a Carlo de Benedetti che in ottobre aveva comunicato, in aperta polemica con i figli, di voler acquistare il 29,9% di Gedi (sarebbe tra l’altro destituita di fondamento la voce circolata di dimissioni del direttore del quotidiano Carlo Verdelli). Sempre gli ambienti vicini a Elkann sottolineano che l’obiettivo è assicurare a Gedi condizioni di stabilità che «consentano alla società di evolvere velocemente, compiendo scelte che non possono più essere rimandate». In sostanza si ritiene necessario procedere a un risanamento, all’integrazione organizzativa all’interno di Gedi, nata nel 2017 con la fusione fra Espresso e Itedi, e a un rilancio in una prospettiva prioritariamente digitale. Garantendo, si sottolinea inoltre, «l’autonomia redazionale, perché il giornalismo di qualità troverà sempre un mercato, a condizione sia autorevole e indipendente».

Il gruppo Exor affiancherebbe così Gedi all’altro significativo investimento nell’editoria, «The Economist», il settimanale economico britannico di cui è primo azionista con il 43,4%. Una prospettiva internazionale che non va sottovalutata nel considerare quanto questa operazione possa cambiare gli assetti della nostra editoria

IL GIORNALE (Marcello Zacchè)

La famiglia Agnelli si prepara a lanciare un’offerta pubblica totalitaria sulle azioni del gruppo Gedi, finalizzata a togliere la società dalla Borsa. Finisce così un’epoca, quella del controllo del gruppo Repubblica da parte di un’altra famiglia, i De Benedetti. E forse anche l’esperienza culturale ed editoriale che da 40 anni rappresenta la sinistra laica e riformista italiana. Ma questa è un’altra storia, tutta ancora da vedere.
Per ora si sa che alla vigilia del cda di Cir (controllata dai De Benedetti), che domani è chiamato a esaminare l’offerta di Exor per il 43,8% di Gedi, l’operazione che si è saputa venerdì assume contorni più nitidi. La holding del gruppo Agnelli, guidata da John Elkann, già azionista di Gedi con il 6%, ha deciso di fare quel passo che, in fin dei conti, era stato previsto fin dal 2016, quando Gedi è nata per l’aggregazione del gruppo Espresso-la Repubblica, controllato da Cir, con Itedi, la società a cui facevano capo la Stampa e il Secolo XIX. Negli ambienti finanziari è sempre stato detto che Exor, prima o poi, avrebbe preso il controllo. Ma la mossa è anche sempre stata smentita.
Ora l’operazione va in porto forse anche perché, nel frattempo, i valori sono drasticamente scesi: il gruppo che a metà 2016 capitalizzava oltre 450 milioni, oggi vale un terzo (145 al prezzo di 28,4 cent di venerdì scorso). Per cui per il 54% di Gedi che Exor non possiede bastano circa 80 milioni. Calcolando che l’Opa dovrà essere lanciata almeno al prezzo medio dell’ultimo anno (circa 32-33 cent), o a una media tra questo e il prezzo pagato a Exor (qualora il premio di maggioranza sia consistente), si può ipotizzare che per Exor l’operazione valga intorno ai 100 milioni. Per una holding con 1,4 miliardi di liquidità si tratta di un esborso non molto significativo. Ma perché Exor vuole rafforzare la presenza e l’equity nell’editoria italiana, considerata da tanti, compresi molti manager ed editori, un prodotto a perdere?
La risposta è filtrata ieri dal quartier generale di Elkann in maniera ufficiosa. E c’è un punto fermo: le ipotesi di spezzatino che vedono Carlo De Benedetti interessato al brand Repubblica sono prive di fondamento. Il padre di Rodolfo (presidente Cir) e Marco (presidente Gedi) a metà ottobre si era offerto di rilevare il 30% di Gedi per rilanciare Repubblica. Offerta respinta. Non senza screzi in famiglia. Così qualcuno ha pensato che ora, una volta delistato il gruppo Gedi, Exor potrebbe lasciare il quotidiano fondato da Eugenio Scalfari all’Ingegnere, essendo Elkann più interessato agli altri asset. Ma non è così. L’operazione d Exor, dicono fonti vicine a Elkann, «non prevede alcuna ipotesi di spezzatino». E, si aggiunge, nemmeno «suggestioni nostalgiche»: quello sta per partire «è un progetto imprenditoriale coraggioso, tutto proiettato al futuro». Per assicurare a Gedi condizioni di stabilità che consentano alla società di evolvere velocemente, compiendo scelte che non possono più essere rimandate. E che, al contrario, l’attuale assetto azionario non riusciva a implementare. Al centro c’è senz’altro il digitale, ma anche il completamento dell’integrazione organizzativa all’interno di Gedi. E in questa direzione la scelta del management sarà indicativa (arriverà un «tagliatore»?). Il tutto, si sottolinea, nel rispetto dell’autonomia redazionale. Ciò non ha comunque impedito il correre di voci insistenti di un prossimo cambio nella direzione di Repubblica: Carlo Verdelli, nominato dagli attuali azionisti, sarebbe pronto a un passo indietro.

IL GIORNALE

Pierluigi Bonora
L’operazione in itinere Exor-Gedi è da inquadrare nel nuovo piano strategico di Exor delineato dal presidente della «cassaforte» di casa Agnelli, John Elkann, al recente «Investor Day»: continuare a dar vita a grandi aziende. Le dotazioni finanziarie della holding saranno utilizzate soprattutto per acquisire gruppi internazionali: si parla di 3,6 miliardi entro il 2022, tra cassa generata (2 miliardi) e la quota di 1,6 miliardi derivante dal matrimonio Fca-Groupe Psa legata al maxi-dividendo straordinario da 5,5 miliardi del Lingotto. Ma anche nel caso di Gedi, di cui Exor detiene ora il 5,9%, Elkann vede un potenziale, legato al suo ricco portafoglio di testate, tanto da decidere di acquisirne il controllo da Cir, il gruppo finanziario della famiglia De Benedetti.
Da una parte l’Economist, che Exor ha messo nel carniere nel 2015 e di cui possiede il 43,4% delle azioni, e dall’altra il polo che fa capo a Gedi, il più importante a livello europeo: due grandi realtà dell’editoria che resteranno comunque separate. L’obiettivo di Exor, come ribadito all’incontro con gli investitori, rimane quello di creare valore e garantire sempre soddisfazione agli azionisti.
L’editoria, dunque, in virtù di questo nuovo progetto imprenditoriale («il giornalismo di qualità - si afferma negli ambienti vicini a Exor - troverà sempre un mercato, a condizione che sia genuino, autorevole e indipendente»), si rafforza nella galassia Exor, in attesa che Elkann faccia partire il piano di investimenti, annunciato sempre all’«Investor day» di Torino, che ha tra i suoi obiettivi quello di rafforzare la presenza in Asia.
Se nei dieci anni precedenti la «cassaforte» ha guardato soprattutto all’Occidente, con la nascita di Fiat Chrysler Automobiles, la stessa acquisizione dell’Economist, quella del colosso delle riassicurazioni PartnerRe e l’accordo in dirittura d’arrivo nell’auto con Groupe Psa, in futuro Elkann avrà sempre più nel mirino l’Asia, anche se per ora non è possibile conoscere i settori su cui intende puntare. «In Europa- ha precisato il presidente - Exor ha una presenza storica, mentre dal 2009 c’è stata una forte attività nel mercato nordamericano». «Vogliamo vedere il nostro Nav per azione crescere rispetto all’indice globale di Borsa - ha proseguito il nipote di Gianni Agnelli -; in un decennio, Exor ha distribuito 1,2 miliardi di euro in cedole e buyback rispetto a 1,7 miliardi di dividendi ricevuti dalle società controllate, con ottimi ritorni: in pratica, chi ha investito 1 euro ne ha ricevuti ben 10».
La quota (5,9%) in Gedi e l’Economist (43,4%) nell’editoria; Fca (28,98%) e Ferrari (22,91%) nell’auto e nel lusso; Cnh Industrial (26,89%) per macchine agricole/movimento terra e veicoli industriali, la Juventus (62,77%) nel calcio, PartnerRe (100%) per le riassicurazioni: ecco lo stato dell’arte delle partecipazioni di Exor. Uno scenario soggetto a cambiamenti repentini, a partire dall’editoria con l’operazione Gedi e, allo stesso tempo, nell’auto, con il matrimonio tra Fca e Groupe Psa, la cui lettera d’intenti è prevista entro Natale. Ma novità riguarderanno anche Cnh Industrial, alla luce del piano industriale per i prossimi 5 anni illustrato in settembre a Wall Street.
L’1 gennaio 2021 sarà infatti definito lo scorporo di Iveco (veicoli industriali) con la conseguente quotazione in Borsa della nuova realtà. Nasceranno così due gruppi: uno per veicoli industriali e motori; l’altro per i segmenti agricoltura, costruzioni e veicoli speciali.


IL FATTO

Marco Palombi

Domani sarà probabilmente il giorno in cui i fratelli Rodolfo e Marco De Benedetti annunceranno il passaggio della quota di controllo del gruppo editoriale Gedi (Repubblica, La Stampa, giornali locali e radio) dalla Cir - di cui è convocato il consiglio d’amministrazione - alla Exor NV, la finanziaria olandese che fa da cassaforte alla famiglia Agnelli: l’obiettivo, una volta acquisito il controllo del gruppo, è effettuare il deli sting dell’azienda, cioè l’uscita dalla Borsa. Una piccola rivoluzione nel piccolo mondo dei giornali che è una grande rivoluzione in quello del potere. E anche una piccola sorpresa: finora le operazioni degli Agnelli sotto il regno di John Elkann sono sempre andate dall’Italia verso l’estero, stavolta avviene il contrario. LA FAMIGLIA piemontese ieri ha fatto sapere, attraverso l’agenzia Ansa, che vuole gestire il gruppo (e rilanciarlo grazie “ai vantaggi della rivoluzione digitale”), che non ha intenzione di fare spezzatini o vendite separate (Repubblica ), che assicura la “garanzia dell’autonomia redazionale” che tutti ricordano nelle precedenti avventure editoriali degli ex industriali dell’auto. Si vedrà se i prati sono davvero in fiore, ma resta la domanda sul senso economico dell’operazione. L’ultima trimestrale di Gedi, quella al 30 settembre, parla di una situazione non piacevole: -18,3 milioni di risultato netto e fatturato in discesa in tutte le voci (vendite, pubblicità, etc.), ma il bilancio senza la vendita del gestore delle reti Persidera sarebbe in sostanziale equilibrio. Il valore della società, secondo l’ultimo report Mediobanca, è di circa 240 milioni (al lordo di un passivo ingente) per il 75% grazie alle radio: il problema più grosso, nel medio periodo, sono Repubblica e i suoi 400 dipendenti. I soldi per comprare, in ogni caso, ad Exor non mancano certo. Non bastassero quelli che ci sono già, infatti, nella cassaforte olandese pioverà circa un miliardo e mezzo di euro del premio che gli azionisti Fca riceveranno dalla fusione con Psa (in cambio del sostanziale controllo francese sull’azienda). Attualmente gli Agnelli sono al 6% di Gedi, la Cir al 43,7: i fratelli De Benedetti probabilmente conserveranno una piccola quota, ma Exor dovrà fare un’offerta più generosa ai soci di quella da 0,25 euro circa ad azione avanzata in ottobre da Carlo De Benedetti per il 29,9% del gruppo, questo anche per evitare sgradite perdite alla Cir (che ha Gedi a bilancio per il doppio). Domani si capiranno le cifre, che dovrebbero però essere già definite, mentre resta il mistero sul piano industriale: le tre radio sono un piccolo gioiello, discorso diverso per i giornali, che però - dal punto di vista del “peso” politico - sono il pezzo pregiato dell’operazione: Repubblica, La Stampa, Il Secolo XIX e i 13 giornali locali ex Finegil (Il Tirreno, Il Piccolo, eccetera). Secondo indiscrezioni, nel 2018 la prima era in perdita, gli altri due in leggero rosso, gli ultimi in utile. Se l’acquisto di Gedi non è “sentimentale” ma economico, come fa sapere Exor, allora si intravvede una linea d’azione, che ha le sue radici in quel che già è accaduto nel gruppo dalla fusione tra l’ex gruppo Espresso e Itedi (Stampa e Secolo). Certo gli Agnelli vorranno un loro amministratore delegato al posto di Laura Cioli, forse proprio Mario Scanavino, buon rapporto con Elkann, allontanato dal centro delle operazioni proprio da Cioli. Nel frattempo, però, il gruppo editoriale ha già portato a Torino - e sotto la direzione di Maurizio Molinari della Stampa - tutta Gedi News Network, cioè i quotidiani esclusa Repubblica: non solo il management da Marco Moroni in giù, ma anche tutta la produzione delle pagine nazionali e internazionali (compresi spettacoli e sport) che La Stampa produce per tutti i locali. Lo stesso Molinari, che guida “il giornale di famiglia”, avrebbe ricevuto nelle ultime settimane da John Elkann in persona il “consiglio” di fare un quotidiano più attento al Piemonte: indicazione che sembra essere stata seguita. INSOMMA, la direzione industriale sembra essere quella di costruire una rete di quotidiani locali e la prima cosa che balza all’occhio è la duplicazione delle redazioni in almeno due città (Torino e Genova), senza contare - parlando di Repubblica- il costo non compensato dai ricavi di alcuni dorsi locali (ad esempio Palermo e Bari). Insomma, se Elkann vuole gestire probabilmente dovrà tagliare, ma la realtà è che il giornale fondato da Eugenio Scalfari, a forte vocazione nazionale e politica, pare il meno sensato in un progetto del genere: venderlo potrebbe essere quasi naturale. A meno che non siano vere le voci malevole che già circolano: la fusione con Peugeot & C. alla fine sarà un bagno di sangue per le fabbriche italiane in termini di occupazione. Quando si licenzia, avere qualche giornale a disposizione certo non fa male.

REPUBBLICA NON FIRMATO

ROMA – Stabilità e rispetto dell’indipendenza redazionale: saranno questi – secondo fonti vicine al presidente di Exor, John Elkann, e citate dall’ Ansa- i punti chiave del progetto imprenditoriale che punta alla trasformazione di Gedi (la società che edita Repubblica, l’Espresso, la Stampa e un network di 13 testate locali) e che non prevede alcuna ipotesi di spezzatino ma neanche «suggestioni nostalgiche». La precisazione arriva il giorno dopo il comunicato di Cir, azionista di maggioranza di Gedi con il 43,78%, con cui la holding informava che «sono in corso discussioni concernenti una possibile operazione di riassetto dell’azionariato Gedi che condurrebbe all’acquisizione del controllo di Gedi da parte di Exor». Circostanza confermata ieri dalle stesse fonti vicine da Elkann le quali ribadiscono che gli avvocati sono al lavoro per rifinire i dettagli della trattativa, in vista del cda di Cir di lunedì. E con il passare delle ore cominciano a delinearsi i punti chiave di un’operazione destinata a portare un grande cambiamento nel panorama italiano dei giornali. Fonti vicine a John Elkann chiariscono che non si tratta di un’operazione nostalgica: quello che prenderà avvio la prossima settimana è un progetto imprenditoriale coraggioso, tutto proiettato al futuro. Obiettivo: assicurare a Gedi condizioni di stabilità che consentano alla società di evolvere velocemente, compiendo scelte che non possono più essere rimandate. Non ci sarà dunque alcun approccio sentimentale, nessuna suggestione filantropica: in casa Exor si guarda avanti, con la fiducia che Gedi possa esprimere un grande potenziale, a patto di fare alcuni passi necessari: 1) cogliere in modo risoluto i vantaggi della rivoluzione digitale; 2) completare l’integrazione organizzativa all’interno di Gedi (nessuna intenzione di vendere Repubblica separatamente né di scorporare le radio del gruppo: Radio Deejay, Radio Capital e M2O); 3) e soprattutto garanzia dell’autonomia redazionale, perché il giornalismo di qualità – si afferma con forza sempre negli ambienti vicini ad Elkann – troverà sempre un mercato, a condizione che sia genuina, autorevole e indipendente. Exor al momento è azionista di Gedi con il 5,99% per effetto della fusione per incorporazione del marzo 2016 tra il Gruppo Espresso e la società editrice dei quotidiani La Stampa e Il Secolo XIX. Gli altri azionisti del gruppo sono Carlo Perrone con il 5,02% del capitale e Giacaranda Falck 5,08%. Anche su richiesta della Consob, Cir ha annunciato che comunicherà al mercato eventuali evoluzioni che emergeranno dal cda di domani.

LUCA FORNOVO SULLA STAMPA
Luca Fornovo
Torino
Giornalismo di qualità e indipendente, stabilità, rivoluzione digitale, integrazione organizzativa e nessuno spezzatino. Secondo fonti vicine a John Elkann, sono questi i punti cardine del piano che il presidente della società d’investimenti Exor ha in mente per Gedi, il gruppo a cui fanno capo La Stampa, Il Secolo XIX, altri tredici quotidiani locali, oltre che La Repubblica, L’Espresso e alcune radio. Domani si riunirà il Consiglio d’amministrazione di Cir, la holding della famiglia De Benedetti, per esaminare la possibile acquisizione da parte di Exor della quota di controllo di Gedi.
Al momento Cir possiede il 43,78% del capitale ordinario di Gedi (pari al 45,7% della quota sul capitale votante) mentre Exor ha il 5,92% (ovvero il 6,2% dei diritti di voto). Le stesse fonti ribadiscono poi che gli avvocati sono al lavoro nel week end per rifinire i dettagli della trattativa per il riassetto azionario con Exor. Negoziato che venerdì è stato confermato da Cir con un comunicato diffuso in serata, su richiesta di Consob, l’organo che vigila sui mercati finanziari. Con l’avvicinarsi della riunione di domani cominciano a delinearsi i punti chiave di un’operazione destinata a portare un grande cambiamento nel panorama italiano dei giornali. Fonti vicine a John Elkann chiariscono che non si tratta di un’operazione nostalgica: quello che prenderà avvio la prossima settimana è un progetto imprenditoriale coraggioso, tutto proiettato al futuro. L’obiettivo è assicurare a Gedi condizioni di stabilità che consentano alla società di evolvere velocemente, compiendo scelte che non possono più essere rimandate.
Non ci saranno dunque alcun approccio sentimentale, nessuna suggestione filantropica: in casa Exor si guarda avanti, con la fiducia che Gedi possa esprimere un grande potenziale, a patto di fare alcuni passi necessari.
Tra questi punti fondamentali viene individuata l’opportunità stringente di cogliere in modo risoluto i vantaggi della rivoluzione digitale; in secondo luogo occorrerà completare l’integrazione organizzativa all’interno del gruppo Gedi, con nessuna intenzione di vendere il quotidiano La Repubblica separatamente né di scorporare le radio. E soprattutto, tra gli obiettivi del piano di Elkann, c’è la garanzia dell’autonomia redazionale, perché il giornalismo di qualità - si afferma con forza sempre negli ambienti vicini ad Elkann - troverà sempre un mercato, a condizione che sia genuino, autorevole e indipendente.
Lo scorso ottobre l’ingegnere Carlo De Benedetti aveva avanzato una proposta per l’acquisto tramite la finanziaria Romed del 29,9% di Gedi. Un’offerta, però, non concordata che venne considerata «irricevibile» da Cir e dai suoi soci, tra cui i figli di De Benedetti, Rodolfo e Marco. —