il Fatto Quotidiano, 30 novembre 2019
I proventi personali di Matteo Renzi
Il 16 e 17 dicembre di un anno fa, riferisce per iscritto al Fatto un diplomatico italiano in Cina, il senatore Matteo Renzi si è recato nella città di Yibin nel sudovest cinese, nella provincia del Sichuan, per tenere un discorso all’apertura di una fiera che promuove le eccellenze gastronomiche. E in autunno, tra il 25 e 26 ottobre, era a un convegno a Chongqing dal titolo International brand innovation. La società Bojin International Exchange Culture ha organizzato le manifestazioni di Yibin e Chongqing. Ancora più indietro nel tempo, il 3 giugno 2018, il politico che viaggia assai per svolgere conferenze ben retribuite era a Pechino per discettare di tecnologia digitale. E poi Qatar, Israele, Francia, Stati Uniti, Kazakistan, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti. Negli ultimi diciotto mesi, per un resoconto parziale, il senatore semplice di Firenze, che ha un tasso di presenza del 45 per cento a Palazzo Madama, 2.507 votazioni su 5.571, ha preso decine di aerei, a volte per incontri a titolo gratuito, a volte per eventi retribuiti.
Questi sono una tipologia dei “proventi personali”, come li definisce, che hanno permesso all’ex primo ministro di restituire il prestito di 700.000 euro della famiglia Maestrelli per acquistare una villa a Firenze da oltre un milione di euro; “proventi personali” che, sommati all’indennità di senatore e al documentario televisivo, hanno prodotto un reddito di 830.000 euro nel 2018 e più di un milione nel 2019. Nel 2017 era di 28.345 euro. “Per rispondere a chi dice che vivo di politica”, ha chiosato il senatore, che nel 2004, a trent’anni, era presidente della provincia di Firenze, poi sindaco a Palazzo Vecchio, premier per mille giorni, due volte segretario del partito democratico, fondatore di Italia Viva. Per quale altro motivo, se non la carriera politica sempre attiva, i paesi più ricchi del Golfo sgomitano per inserirlo nei palinsesti dei seminari in cui si valuta finanche la migrazione degli uccelli e mai l’evoluzione democratica?
In ogni rassegna, con maggiore orgoglio nel Golfo, Renzi viene presentato come ex primo ministro e senatore di Firenze. E l’ex primo ministro e senatore di Firenze replica che non c’è da pensare male perché le stesse opportunità, ancora più copiose, capitano ai colleghi ex primi ministri, i britannici David Cameron e Tony Blair, il francese Francois Fillon, l’australiano Kevin Rudd e tanti, tanti illustri dal passato glorioso. Con una differenza: Cameron e compagni non siedono in Parlamento né sono azionisti di governo. Allora per Renzi si creano circostanze non gradevoli. Il 19 giugno 2019, per esempio, l’ex primo ministro era all’Air Show di Parigi, il rinomato salone dell’aeronautica militare e civile, ospite d’onore del gruppo Altran, una multinazionale francese che si muove in un settore industriale che porta a una feroce rivalità con gli italiani. Leonardo, ex Finmeccanica, non collabora più con il Gruppo Altran per attività sensibili che richiedono il nulla osta sicurezza.
I francesi, per l’intervista di giugno con la giornalista Annalisa Chirico, hanno versato il gettone per Renzi a un’associazione culturale. Perché Renzi, come spiegato al Fatto, non riceve il denaro dalle aziende, ma tramite agenzie specializzate oppure, per l’appunto, associazioni culturali. È accaduto in una cinquantina di occasioni in giro per il mondo, ha precisato Renzi. Il mondo che gira Renzi, spesso, è il mondo del Golfo Persico. Il 23 marzo 2019 era tra gli emiri a Dubai per la Varkey Foundation dell’omonimo filantropo che fa beneficenza per l’educazione scolastica dei bambini indigenti. Il 26 marzo 2019 doppietta emiratina per Ideas Abu Dhabi.
Il 25 aprile 2019 ha festeggiato la Liberazione con i sauditi al Financial sector conference di Ryad. In estate ha fatto una capatina negli Stati Uniti, in Montana e in Colorado, un po’ di vacanze e pure una sorta di ritiro di studio (senza ricevere compensi), e poi il 22 settembre ha ripreso le prestazioni oratorie a Pechino.
L’autunno caldo, però, stavolta l’ha trascorso nel Golfo. Il 31 ottobre ha partecipato al Future Investment Initiative a Ryad, la cosiddetta “Davos del deserto”, l’anno scorso boicottata dagli occidentali per l’omicidio di Jamal Khashoggi, giornalista, scrittore, oppositore dei regnanti sauditi e minaccia per l’erede al trono, il principe Mohammed bin Salman. Il 22 novembre, in maglia a collo alto, il senatore di Firenze ciondolava un po’ imbarazzato, ripreso dalle telecamere di Mediaset, per la pista di Ryad su cui s’è disputato un gran premio di Formula E, che sta per macchine elettroniche e dunque Renzi ha elogiato l’introduzione elettronica nelle corse, che non fa rumore, però fa passione e futuro, di certo futuro.
Il 9 e 11 dicembre è in calendario al forum di Anthony Scaramucci, portavoce per due settimane di Donald Trump e già manager di Goldman Sachs. Gli emiratini apprezzano l’inventiva di Scaramucci e l’aiutano con l’Abu Dhabi Global Market. Sin dai mille giorni di Palazzo Chigi, i sovrani del Golfo che si detestano, vedi i sauditi e qatarioti, trattano con uguale riguardo l’ex premier.
Per non citare gli emiratini, che dell’epoca del premier Renzi ricordano la disastrosa avventura in Alitalia con Etihad. Renzi frequenta la capitale saudita Ryad, ma conserva un rapporto eccellente con la famiglia Al-Thani, che nell’aprile 2018 l’ha accolto per inaugurare la biblioteca nazionale. Il Qatar ha investito in Air Italy (ex Meridiana), nell’ospedale Mater Olbia, nei terreni della costa Smeralda. E secondo una conversazione del magistrato Luca Palamara, che riportava una confidenza di Luca Lotti, a maggio Renzi era a Doha per vendere la Roma. Soltanto una suggestione, bella grande. Come il giro del mondo di Matteo.