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 2019  novembre 30 Sabato calendario

Intervista al leader di Vox Santiago Abascal

Santiago Abascal non è solito dare interviste a un giornale straniero. Quest’anno è passato da 47 mila a 3 milioni e 600 mila voti, portando per la prima volta dalla morte di Franco l’estrema destra in Parlamento e nei governi locali dell’Andalusia e di Madrid. Gli sta venendo la barba bianca però. 

Abascal, che cos’è Vox? Un partito neofranchista? Un movimento populista? Un partito di destra moderna? 
«Non credo alle etichette: riducono la realtà o la distorcono. Vox è una forza che difende idee che erano fuori dalla mappa politica della Spagna». 
Quali idee? 
«Taglio delle imposte. Difesa delle frontiere. Sicurezza nei quartieri. Ritorno allo Stato dei poteri delle comunità autonome. Vogliamo fermare il colpo di Stato in Catalogna. Vogliamo difendere i bambini dall’indottrinamento di genere, e la libertà dei genitori di educarli secondo le proprie convinzioni». 
Lei parla spesso di «dittatura progressista». 
«Sì, Vox è un’alternativa patriottica e sociale al consenso progre, che ha tentato di imporre agli spagnoli una maniera unica di pensare». 
Che cosa intende per «dictadura progre»? Il matrimonio gay, la legge contro la violenza di genere? Perché sono cose così negative?
«Il concetto di violenza di genere, come quello di violenza machista, serve a criminalizzare il maschio rendendolo un sospetto aggressore, un sospetto violento». 
Dovrebbe servire a proteggere le donne, non crede? 
«In realtà ci sono più donne assassinate di prima. L’attuale legge contro la violenza di genere è stata un disastro totale: vìola la presunzione di innocenza, trasformando l’uomo in colpevole per il solo fatto di essere uomo, creando tribunali speciali per metà della popolazione spagnola. Qualsiasi donna preoccupata per la propria sicurezza sa che Vox è l’unico partito che si batte per la sicurezza di tutti. Perseguiremo i crimini contro le donne come contro gli uomini, contro i bambini come contro i nonni». 
Le due sinistre, il Psoe e Podemos, tentano di fare un governo insieme. Riusciranno? 
«Il Psoe è il principale problema della Spagna. Pur di rimanere presidente, Sanchez non esiterà ad appoggiarsi a terroristi, comunisti, separatisti: tutti uniti dal disprezzo per la nazione. Ma non mi stupirei neppure se il Psoe formasse un governo di coalizione con il partito popolare e Ciudadanos». 
Perché? 
«Perché li uniscono molte cose: aumento delle tasse, legge sulla memoria storica, legge sulla violenza di genere, difesa del modello fallimentare delle autonomie, concessioni ai separatisti». 
Un governo di sinistra avrebbe bisogno dell’astensione degli indipendentisti catalani. Cosa accadrà a Barcellona? 
«A Barcellona siamo al colpo di Stato permanente. I separatisti sanno che Sanchez concederà tutto quello che chiedono, pur di restare al potere. È urgente prendere tutte le misure necessarie a ristabilire l’ordine costituzionale». 
Vale a dire? 
«I partiti separatisti devono essere messi fuorilegge, come accade in altri Paesi. La loro presenza nelle istituzioni spagnole, la loro stessa esistenza è un’anomalia. Tra pochi giorni presenteremo una proposta di legge in tutti i parlamenti regionali, per chiedere al governo che avvii il procedimento per dichiarare fuorilegge le formazioni che attentano all’unità nazionale». 
Crede che l’unità nazionale spagnola sia davvero in pericolo? 
«Sì. In Europa non siete consapevoli della situazione catalana: violenza nelle strade, aggressioni ad avversari politici, persecuzione di cittadini innocenti, propaganda nelle scuole, storno di denaro pubblico per finanziare la farsa indipendentista. I separatisti hanno conculcato la libertà di tutti i catalani. Ripeto: dobbiamo usare tutti i mezzi per ripristinare l’ordine costituzione, e iniziare a porre rimedio a decenni di violenza e manipolazione». 
Lei rivendica tutta la storia spagnola, compresa l’epopea controversa di Cortés e Pizarro, conquistatori che fecero moltissime vittime. Perché? 
«Lei è italiano. Penserà mica che voi italiani dobbiate chiedere perdono per l’impero romano? Noi rivendichiamo l’eredità romana in Spagna, perché fa parte della nostra civiltà. Crediamo nella continuità storica della Spagna. Siamo orgogliosi della nostra storia e dell’hispanidad, che è stata uno dei più grandi fattori di civilizzazione nella storia dell’umanità». 
Addirittura? 
«Appena 46 anni dopo lo sbarco di Cristoforo Colombo, l’impero spagnolo fondò l’università San Tommaso d’Aquino a Santo Domingo: il primo dei quasi trenta atenei che noi spagnoli abbiamo creato in America. Lei dovrebbe sommare tutte le università fondate da belgi, inglesi, tedeschi, francesi e italiani nell’espansione coloniale tra 800 e 900 per avvicinarsi al numero delle università dell’Impero spagnolo. Laggiù, nel Nuovo Mondo, nacque qualcosa che porta il nostro sangue e visse di vita propria molto prima della nascita degli attuali Stati latinoamericani. Per questo siamo fratelli. Per questo Vox rivendica l’ispanosfera, o l’iberosfera con i nostri vicini portoghesi, come spazio naturale della Spagna, insieme con l’Europa». 
Lei in effetti è favorevole all’accoglienza per i latinoamericani, alcuni dirigenti di Vox sono di origine cubana. Come mai? 
«Perché difendiamo un’immigrazione legale, controllata, sostenibile economicamente e assimilabile culturalmente. Vogliamo privilegiare gli immigrati dall’America latina perché condividiamo una storia, una cultura: integrarli è molto più facile». 
Che cos’è per lei l’Europa? 
«L’Europa è prigioniera delle imposizioni di oligarchi che hanno abbandonato i cittadini per mantenere i loro privilegi. I capi di Bruxelles hanno tradito lo spirito dei padri fondatori». 
Ma lei all’Europa crede? 
«Noi crediamo nell’Unione europea, però anche nel diritto al dissenso. Per questo difendiamo un’unione di Stati sovrani che cooperano liberamente. La difesa della sovranità delle nazioni di fronte agli oligarchi dell’Ue è vitale per il futuro dell’Europa. Dobbiamo affrontare tre minacce: l’islamizzazione; il totalitarismo progre; la questione demografica. L’Islam è incompatibile con i valori europei; il totalitarismo progre sta distruggendo le libertà degli individui e delle famiglie; l’inverno demografico può liquidare il welfare». 
Ma lei quale Europa vorrebbe?
«Un club di cui le nazioni vogliono far parte. Non una specie di patto di Varsavia». 
Chi è Salvini per lei? Un modello, un alleato?
«Al Parlamento europeo siamo nel gruppo di Fratelli d’Italia. Ho incontrato Matteo Salvini. Condividiamo alcune diagnosi sui problemi dell’Unione europea, in particolare l’immigrazione. Tuttavia, per noi è una linea rossa qualsiasi appoggio straniero al separatismo catalano. Alcuni commettono lo stesso errore dei burocrati di Bruxelles: non rispettare l’integrità delle nazioni sovrane. Dimenticano che sono stati i leader separatisti a fare della Catalogna una delle regioni più islamizzate d’Europa, favorendo l’immigrazione araba rispetto a quella latinoamericana, che parla spagnolo». 
Cosa pensa di Francesco? È un Papa di sinistra? 
«Credo che Papa Francesco sia un punto di riferimento spirituale per i cattolici, quando agisce come capo della Chiesa cattolica. E credo che Jorge Bergoglio sia un cittadino argentino con opinioni molto rispettabili quando entra a capofitto, come fa spesso, in questioni politiche opinabili che non riguardano il deposito della fede ma la sovranità delle nazioni: ad esempio il diritto di decidere quanti immigranti si possono accogliere». 
Cos’ha provato quando ha visto le immagini dell’esumazione di Franco? 
«È stato il culmine di una campagna di odio iniziata da Pedro Sanchez, coperta da una legge totalitaria sulla memoria storica che il partito popolare ha rifiutato di cambiare, il cui unico obiettivo è riaprire le ferite che gli spagnoli avevano ricucito quarant’anni fa. Le tombe devono essere rispettate. Sia la tomba di Franco, sia la tomba di Dolores Ibarruri, la Pasionaria. È una questione di civiltà. Il Psoe, con la complicità del Pp e di Ciudadanos, ha creato un terribile precedente: d’ora in poi qualsiasi governo potrà profanare le tombe dei morti in funzione della propria ideologia». 
Cosa c’entrano il Pp e Ciudadanos? 
«Sono stati collaboratori necessari, con il loro sostegno alla legge sulla memoria storica. La Transizione spagnola è stata esemplare: gli uni e gli altri decisero di guardare al futuro senza i rancori del passato. La sinistra ora vuole che i nostri figli si combattano là dove i loro nonni si erano riappacificati». 
Perché ce l’ha tanto con la legge per la memoria storica? 
«Perché attenta alla libertà di tutti. È una legge contraria alla convivenza degli spagnoli. Punta a dividerli in fazioni, a metterli di nuovo gli uni contro gli altri. E il Psoe ha dimostrato che questa legge è la base per liquidare progressivamente il sistema costituzionale». 
Cosa intende dire? 
«La sua approvazione è stata il primo passo per mettere in dubbio il procedimento con cui la Spagna ha adottato la monarchia costituzionale come forma dello Stato. Il passo successivo è l’attacco frontale alla libertà di pensiero degli spagnoli, e alla figura del re». 
Lei ha detto che “è sbagliato giudicare oggi i nostri nonni, perché ognuno scelse in buona fede ciò che gli pareva meglio per la Spagna”. Quindi nella guerra civile non c’era una parte giusta e una parte sbagliata? 
«In Vox non diamo giudizi storici. Non chiediamo a nessuno cosa pensa della storia. La storia spetta agli storici. Tutti abbiamo nonni di una fazione o di un’altra. Il partito socialista manca di rispetto alla loro memoria, ridicolizzando la pace e la riconciliazione, che i nostri nonni avevano raggiunto, e convertendole in una discordia rinnovata. Il tutto a puro scopo elettorale». 
Come sono oggi i suoi rapporti con il Pp? 
«Con Pablo Casado, il loro leader, ho un buon rapporto personale. Però Vox e il Pp sono due partiti molto diversi, che sostengono modi diversi per affrontare i problemi della Spagna». 
Sarà mai possibile un’alleanza a destra non dopo il voto, come in Andalusia e a Madrid, ma prima?
«Il punto è che il Pp, il Psoe e Ciudadanos concordano nel difendere il modello di società multiculturale, l’ideologia di genere, la legge sulla memoria storica, l’immigrazione illegale incontrollata, e la tutela a oltranza delle autonomie; quando non la trasformazione della Spagna in uno Stato federale. Il centrodestra ha fatto suo il consenso progre. Noi siamo per il contrario: difesa della famiglia, della libertà e dell’uguaglianza di tutti gli spagnoli. E siamo per porre fine a quella che definisco memoria isterica». 
Perché secondo lei Albert Rivera ha lasciato la politica, e il suo movimento, Ciudadanos, è quasi scomparso? 
«Rivera ha fatto un gran lavoro in difesa dell’unità della Spagna e delle libertà in Catalogna. Ma da quando il suo è diventato un partito nazionale, non ha mai assunto una posizione chiara; e ne ha assunte troppe». 
Come giudica politicamente e umanamente Pedro Sanchez?
«Un pericolo pubblico». 
Dice sul serio? 
«Pedro Sanchez è un politico che non ha scrupoli nel fare accordi con terroristi, comunisti, separatisti e indipendentisti, pur di restare al potere». 
Sono frasi durissime. 
«E me ne lasci aggiungere un’altra. Non esistono due Psoe, quello patriota e quello di Sanchez, come insistono a dire alcuni giornali spagnoli. C’è un solo Psoe, che è il principale problema della Spagna, e ha alle sue spalle una storia criminale». 
Ma lei Abascal come immagina il suo Paese tra dieci anni?
«Sogno una Spagna unita nelle sue diversità, che superi le ideologie settarie e si riconcili con la propria grandiosa storia. Una Spagna che affronti il nuovo millennio accanto alle grandi nazioni; perché la Spagna ha ancora molto da dare alla storia universale».