Formica, ripartiamo dall’omaggio a Craxi. Con buon senso il figlio Bobo propone, anziché la via, una targa: “Qui visse il primo milanese presidente del Consiglio”. Senza fronzoli. Si può fare?
«Vogliamo proprio avere una targa? Allora facciamola e scriviamoci sopra quel brano del discorso fatto al congresso di Bari, nel 1991. È il vero testamento politico di Bettino, non il famoso intervento alla Camera sui finanziamenti ai partiti».
Cosa disse Craxi a Bari?
«Citò Giovanni Spadolini che a sua volta aveva ripreso parole di Ugo La Malfa. “Io potrei fare il populista, mettermi alla testa di una rivolta, prendere altri 3-4 milioni di voti grazie alla crisi del sistema. Ma non posso farlo. Perché sono figlio di questo sistema”. Craxi chiosò: “La penso esattamente allo stesso modo”».
Però non si fece da parte. Dovettero scattare le inchieste.
«La crisi arrivò non per colpa del pool di Milano. I giudici cercarono un capro espiatorio. Craxi e il Psi erano l’anello debole del sistema politico. Furono sacrificati. Ma sa una cosa? Quel sacrificio poteva anche essere utile perché ha risparmiato le istituzioni. Era un prezzo che qualcuno doveva pagare da risarcire poi, tra un secolo, con un bel libro di storia.
Senonché il sacrificio è stato inutile».
Ai socialisti la Seconda repubblica non è mai andata giù. Perché siete spariti?
«Nel 92-94 si rompe il rapporto tra le istituzioni, i partiti e l’elettorato. Cosa ha di differente quella crisi dalla situazione attuale? Che allora, da parte di gruppi ostili, si abbatte un simbolo non avendo la forza di abbattere il sistema. I nuovisti infatti non intaccano le istituzioni. Il che significa che tutti i partiti della Prima repubblica, di governo e di opposizione, avevano costruito un’Italia solida. Se abbiamo retto per 25 anni lo dobbiamo ai vecchi non ai nuovi che diventano parassiti delle istituzioni. Avrebbero dovuto cambiarle loro ma senza il sangue popolare dei corpi intermedi le istituzioni deperiscono, rinsecchiscono. Fanno la fine degli ulivi attaccati dalla xylella».
I nuovi sono scadenti, i partiti non esistono più, i corpi intermedi nemmeno. Chi ci pensa a salvare il sistema?
«Partire dalla fine è sempre sbagliato. Come diceva Sciascia, la memoria serve perché è necessario “cavare”. Dentro quel “cavo” ci siamo noi oggi, quello che stiamo vivendo ora. Non si guarda mai al fondo della vicenda storica, all’esaurirsi del miracolo di un equilibrio dei poteri come lo abbiamo conosciuto. Bisognerebbe ritrovarlo o costruirne uno diverso. Ma lo sfasciume di questi 25 anni ha fatto solo danni. Le élite non hanno saputo fare di meglio che buttarsi sulla tenuta del vincolo estero, cioè l’Europa. Così è nato il sovranismo. Ah, dimenticavo: all’estero le élite ci hanno portato anche i soldi».
C’è una speranza?
«Partire dal piccolo per andare al grande. Ricominciare dai territori.
I consigli comunali tornino ad essere quelli che noi vedemmo nascere nel ‘45 e nel ‘48: fucine politiche. I corpi dello Stato adesso sono frantumati. Purtroppo nella frantumazione prevale la tutela della struttura autonoma. Penso a voi dell’informazione. Difendete la libertà di stampa, lottate per salari decenti: giusto. Ma dovete anche comportarvi come organo della ricostruzione delle istituzioni. Penso alla magistratura. Renzi adesso dice che è perseguitato ma è stato premier per tre anni, aveva tutto il tempo per stabilire un nuovo equilibrio. È successa una cosa enorme: si sono dovuti dimettere il procuratore generale della Cassazione e 5 consiglieri del Csm che è guidato dal capo dello Stato. Dove si è aperta una riflessione? Silenzio. Per molto meno pesci piccoli della Prima Repubblica sono stati inguaiati perché non potevano non sapere.
Ci avviamo a un’ulteriore degenerazione che alla fine si chiamerà guerra civile, altro che riduzione del numero dei parlamentari».
Il capo dello Stato doveva agire diversamente?
«Ce l’ho col sistema, non con lui.
Semmai Mattarella corre il rischio di diventare nei prossimi mesi il bersaglio del rigurgito nazionalista che c’è. Ha visto l’insistenza di Salvini per incontrarlo? Cosa ha in mente, l’applicazione dell’articolo 90, la messa in stato di accusa per alto tradimento? L’attacco adesso sarà direttamente alle istituzioni. E vuole che se la prendano con la Casellati o Fico? Non mi sembrano bocconcini appetibili. Punteranno dritto al Quirinale».