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 2019  novembre 29 Venerdì calendario

Periscopio

Eugene Ionesco in cattedra: «Non facendo niente si fa sempre qualcosa». Dino Basili. Uffa news.Non è possibile fare politica senza soldi, lo sanno tutti, perfino Renzi. Jena, la Stampa.
Il tentativo di dar luogo ora ad una riflessione generale sul futuro del M5s è tardiva. Ha poco senso parlare di futuro sul letto di morte. Paolo Becchi. Libero.
Per me il potere è il telefono che squilla. Ma è anche un’illusione ottica. Tutto finisce in cenere, lo dico da cattolico pieno di peccati. Pier Ferdinando Casini, ex presidente della Camera (Concetto Vecchio). il venerdì.
Grillo si vestiva da profugo e solo quando andava al Quirinale si metteva la cravatta: ma l’indossava all’ultimo momento, appena prima di varcare la venerabile soglia. Roberto Gervaso, Le cose come stanno – L’Italia spiegata alle persone di buon senso. Mondadori, 2017.
Carlo Calenda si dimette dal Partito democratico per protesta contro il governo M5s-Pd. Coerente. Peccato che l’abbia fatto con una lettera che finiva così: «Le elezioni arriveranno. Le avete solo spinte più in là di qualche metro. Quando sarete pronti a lottare ci troveremo di nuovo dalla stessa parte». La parodia di Winston Churchill: «Ho dato le mie dimissioni, ma le ho rifiutate». Stefano Lorenzetto. Arbiter.
Un aforisma dei messicani scoperti a passare la frontiera con gli Stati Uniti recita: «Non siamo noi ad avere attraversato il confine, è il confine che ha attraversato noi». Come dire: ne avremmo fatto a meno, volentieri. Maurizio Pilotti. Libertà.
In coppia con la Germania, fummo primi nella chimica. Nel 1988, balzammo in testa con la creazione di Enimont che riuniva le nostre migliori imprese. Neanche il tempo di iniziare, che scattò la mattanza giudiziaria di Mani pulite. Enimont fu travolta e sparì, tra arresti, vite distrutte, suicidi. Oggi, siamo un peso welter della chimica. Chi la studia, cerca lavoro all’estero; chi la produce ha, con la perdita di prestigio, un mercato asfittico. Giancarlo Perna. LaVerità.
Non si capirebbe il quadro di quel sommovimento che ha portato all’abbattimento del Muro senza la perestrojka che ribaltò i punti cardinali dell’Est. Mosca diventa la capitale della trasgressione ai principi dell’ortodossia comunista e Berlino Est si trasforma nel tabernacolo della conservazione. Poi ci sono i fattori esterni. Reagan va a tuonare contro l’Impero del male davanti al Muro e da lì sfida Gorbaciov: «Se le sta a cuore il suo popolo, apra questa porta». Non dimentichiamo Woytjla, il papa polacco. Sono stato a Danzica, a parlare con Walesa. Qualcuno sostiene che la prima scintilla furono gli scioperi operai del 1980 nei cantieri navali. È vero che il comunismo sarebbe caduto ugualmente, ma con Woytjla, un suddito dell’impero che diventa sovrano spirituale universale, il processo di disgregazione del comunismo ha avuto un’accelerazione. E una sorta di tutela ha consentito che il tutto avvenisse senza sparginenti di sangue. Ezio Mauro (Pietro Visconti). Libertà.
C’era stato, nel Pci, il trauma del 1956, lo scontro Urss-Usa per i missili di Cuba, l’assassinio di Kennedy. La sinistra classica, i suoi intellettuali, che facevano? Il punto di rottura fu l’Ungheria del 1956. Ci fu una discussione drammatica, mi ricordo, nella redazione dell’Unità. Ingrao aveva le lacrime agli occhi, Alicata cercava di arginare quel tumulto emotivo. Mario, che era il responsabile culturale del partito, mi tolse il saluto convinto che anch’io sarei uscito dal Pci. E invece restai pensando che le battaglie si fanno dall’interno. Citto Maselli, regista (Antonio Gnoli). la Repubblica.
I cinque edifici della nuova università Bocconi comprendono una residenza per studenti da 300 posti letto, due sale conferenze (fra cui l’auditorium intitolato a Michele Ferrero) e la nuova sede della Sda School of management. Essi presentano requisiti d’avanguardia in termini di efficienza e sostenibilità ambientale; il complesso è stato progettato aperto alla città con il parco di 17 mila metri quadrati e il centro sportivo polifunzionale: due piscine, di cui una olimpionica, area fitness, un campo di basket e pallavolo, tribune, servizi vari di ristorazione. Sergio Bocconi. Corsera.
Le idee buone in tv, purtroppo, ci sono arrivate dall’estero, tipo X Factor o Italia’s Got Talent che mi piace perché io sono sempre stato un talent scout. Però, c’è un però: anche qui si vedono acrobati, cantanti, funamboli, prestigiatori che si esibiscono e va bene, ma non fanno ridere, se non raramente. Renzo Arbore (Emilia Costantini). Corsera.
Il professionista della parola scritta che poi è quella meditata, ragionata, raffinata e sapiente si smarrisce nella chiacchiera isterica, nel vociare narcisistico, sopraffatto del teatro delle opinioni che sottrae terreno alla verifica e all’argomentazione, fa cadere l’aspetto concettuale di ogni discorso, censura ogni sporgenza creativa. Antonio Scurati. Corsera.
Ogni relazione amorosa inizia con impeto, passione, ma col tempo non si può mantenere la stessa energia. A un certo punto bisogna diventare amici e allo stesso tempo riuscire ad amare l’altro. Nick Hornby, scrittore (Antonello Guerrera). la Repubblica.
La guerra d’Etiopia aveva complicato il tutto, perché da ufficiale venticinquenne Flaiano l’aveva combattuta e l’impero, la retorica che lo avvolgeva, era troppo per uno che alla retorica era refrattario quanto ostile. Ne ricaverà, un decennio dopo, un bellissimo romanzo, Tempo di uccidere, dove l’Africa era un fondale shakespeariano e il sogno coloniale un incubo. L’impatto con una «bassa funzione di prestigio colonialista, ormai in ritardo» lo porterà «a ripudiare il fascismo e a desiderare che la cosa finisse, brutalmente, nella sconfitta», aggravato dal fatto che, rispetto ai suoi maestri riconosciuti, i Cardarelli, i Maccari, i Longanesi, alla costruzione retorica di quel fascismo lui non aveva contribuito: gli mancava l’epopea, l’aver avuto una fede in qualcosa, la delusione che nasce dall’averci creduto. Stenio Solinas. Il Giornale.
Eravamo nella terra di nessuno fra il deserto dell’Arabia Saudita e il Kuwait, dove abbiamo passato la notte con l’aiuto del mio Bourbon e delle sue Pall Mall. C’eravamo smarriti in quella distesa di sabbia, ma ad orientarci provvidero i proiettili della Missouri che incominciarono a piovere davanti a noi e gli Scudetti di Saddam Husssein che passavano sulle nostre teste nella direzione opposta. Guglielmo Zucconi, Il cherubino. Camunia, 1991.
«Così per cambiare», in Italia non cambia mai niente. Roberto Gervaso. Il Giornale.