La Stampa, 29 novembre 2019
Sull’Etna tutti i crateri attivi
Gli ultimi, il Soccorso alpino li ha recuperati qualche giorno fa: un padre con il suo bambino di 8 anni su un versante; un turista francese prima e una coppia di tedeschi dopo, sull’altro. L’Etna è un’attrazione irresistibile e la sua scalata attira esploratori e turisti. E l’essere, dal 2013, patrimonio dell’Umanità Unesco è solo un dettaglio: sul vulcano più alto d’Europa, e tra i più attivi al mondo, vogliono salire tutti, se possibile fin sull’orlo dei crateri sommitali. Ogni tanto qualcuno, sorpreso da una nebbia improvvisa o tradito da punti di riferimento che quassù non sono mai troppo certi, si perde e chiede aiuto.
Dallo scorso luglio c’è un motivo in più per tentare la scalata: l’eruzione. Che offre una novità, inedita per i vulcanologi rispetto ai secoli passati dei quali c’è documentazione: quasi tutte le bocche sommitali di quota 3300 sono in attività, tre (e mezzo) su quattro. Per escursionisti e appassionati sono uno spettacolo da non perdere, anche ora che a queste altitudini le temperature sono già molto rigide; ma per gli studiosi rappresentano una condizione da tenere sotto stretto controllo, da alta quota e, grazie agli strumenti installati sul vulcano, nella sede dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv) a Catania.
Per Marco Neri, primo ricercatore Ingv, «l’Etna in questo momento gode di una splendida salute». Dietro questa affermazione, però, c’è la consapevolezza che il vulcano sta facendo il suo lavoro: eruttare lava. «E lo sta facendo - spiega - attraverso Voragine centrale, cratere di Nordest e Bocca Nuova. E ogni tanto ci si mette pure il Nuovo Sudest con sporadica emissione di cenere. Per ora le attività sono altalenanti ma continue; producono attività stromboliana di bassa energia, qualche volta accompagnata da emissione di cenere vulcanica che il vento trascina a chilometri di distanza».
Cosa che ogni tanto costringe l’aeroporto di Catania a ridurre l’attività. Insomma, tutta la sommità è in fermento: «Qualche campanellino di allarme c’è - dice Neri - e ci fa capire che il sistema è ben carico; il condotto centrale è pieno di magma. Un segnale che aumenta la nostra soglia di attenzione su un vulcano, potenzialmente, pericoloso perché densamente urbanizzato sui fianchi, "il" problema dell’Etna quando ci sono eruzioni laterali». Che, peraltro, prima di cominciare lanciano tanti di quei "rumorosi" indizi che consentirebbero per tempo quanto meno di evacuare le zone a rischio.
Ora, nell’immediato non c’è alcun segnale di un’eruzione "laterale", pericolosa perché le bocche si aprono a quote più basse e le colate potrebbero raggiungere stazioni turistiche o, peggio, i paesi della fascia sotto mille metri, come accaduto in passato. Ma dall’estate il livello di attenzione si è alzato e raggiungere la sommità ora non è possibile, se non per i vulcanologi e le preziose guide dell’Etna: «Ci fermiamo a quota 2900 – dice una di loro, Giuseppe Quaceci, di Aitna –. Agli escursionisti che vogliono salire più su lo sconsigliamo fermamente».
«Il vulcano ci sta lanciando un messaggio – dice Neri -. Ci sta dicendo, "guardate che sono abbastanza pieno di magma" che comincia a risalire da porzioni profonde della crosta e che prima o poi, forse nell’arco di mesi, al massimo di pochissimi anni, arriverà in superficie».
Per gli studiosi, insomma, questa inedita fase del vulcano è un avvertimento: «Ci dice "cominciate ad attrezzarvi, a fare simulazioni per cercare di capire dove voglio eruttare"».
Si studiano così le deformazioni del suolo, le emissioni di gas, l’attività sismica, il tremore. La sala operativa è attiva notte e giorno. Sì, l’Etna «gode di ottima salute». Che tradotto significa prevedere un’emergenza ma, anche, evitare escursioni senza l’aiuto di guide. Il passato recente dell’Etna, con morti e feriti ad alta quota, è ancora lì a ricordarlo.