Il Sole 24 Ore, 29 novembre 2019
Le ipotesi per una nuova Iri
«Un soggetto pubblico, chiamiamola nuova Iri o come volete voi, capace di evitare shock al sistema produttivo e shock occupazionali». Con un post su Facebook anche ieri il ministro dello Sviluppo economico Stefano Patuanelli ha rilanciato l’idea di un salvagente per l’industria. L’istruttoria è ancora tutta da definire, anche se più di un elemento converge sul nome di Invitalia come possibile soggetto per svolgere il ruolo, con un’opportuna ridefinizione della missione istituzionale.
Dal 2002 ciò che resta dell’Iri è stato inglobato nella Fintecna, la controllata al 100% di Cassa depositi e prestiti che coordina le liquidazioni. Nelle settimane scorse in ambienti della maggioranza si era anche parlato di un coinvolgimento del Fondo italiano di investimento (anch’esso partecipato da Cdp, con il 43%) in operazioni di salvataggio industriale. Ma non ci sono stati successivi riscontri, né sembrano esserci margini per un coinvolgimento di Cdp in questa partita. Difficile anche la creazione di un veicolo societario pubblico completamente nuovo. Primo candidato sarebbe invece Invitalia – Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa – che è al 100% di proprietà del ministero dell’Economia ed è vigilata dal ministero dello Sviluppo economico. Fin dalle prime settimane dopo il giuramento da ministro, Patuanelli aveva parlato con i suoi collaboratori di un possibile riassetto dei compiti di Invitalia. E a quanto risulta al Sole 24 Ore, nella delicata partita delle deleghe del ministero, non ancora assegnate, Patuanelli terrà per sé oltre all’energia anche quella relativa all’Agenzia nazionale di sviluppo.
Ad ogni modo, nonostante la suggestione rievocativa, oggi sarebbe difficile riproporre senza sostanziali cambiamenti il modello Iri. Il perimetro stretto delle regole europee in materia di aiuti di Stato, il contesto di mercato e quello politico non potrebbero consentire interventi stile Gepi, la partecipata dell’Iri che nacque per entrare nel capiate di aziende in crisi, praticamente decotte. Lo strumento, che sia Invitalia o un altro, dovrebbe presumibilmente accompagnare investitori privati, in alcuni settori ritenuti strategici per la manifattura, con un periodo massimo di mantenimento dell’investimento pubblico dopo il quale si esce dall’azienda target.
Se sarà confermata la scelta finale di Invitalia, l’Agenzia potrebbe orientarsi sempre di più verso operazioni di turnaround con ingresso attraverso equity in aziende strategiche per il tessuto industriale. Integrando a questa missione, che non necessariamente dovrebbe passare per la modifica dello statuto (già oggi Invitalia è nel capitale di Industria Italiana Autobus e Sider Alloys), gli strumenti di politica industriale che gestisce (contratti di sviluppo e altri incentivi) e il credito attraverso Mcc-Banca del Mezzogiorno che sarà il polo per creare la Banca pubblica degli investimenti. Invitalia, per i cui vertici dopo una lunga impasse si attende la svolta al consiglio dei ministri di lunedì (con la conferma dell’a.d. Domenico Arcuri e la nomina a presidente di Andrea Viero), è stata definita da Patuanelli un’«opzione» per l’ingresso nell’equity di Am Investco Italy accanto ad ArcelorMittal, attuale gestore dell’Ilva. Nelle settimane scorse si era già fatto il nome dell’Agenzia per il salvataggio della Whirlpool. In una seconda fase, dopo la ristrutturazione affidata a un supercommissario, potrebbe essere valutato un suo intervento per Alitalia. Per operazioni di questo tipo, se si concretizzassero,occorrerebbe una norma che autorizzi il ministero dell’Economia a sottoscrivere un aumento del capitale sociale di Invitalia.