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 2019  novembre 28 Giovedì calendario

James Dean in carne e pixel

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Vivo, morto, X. Lo sappiamo, un cinema, e non solo questo, sempre più a corto d’immaginario arranca, e in mancanza di idee nuove si mette a riutilizzare le vecchie: remake, spin-off, versioni live-action di classici d’animazione, saghe, adattamenti, trasposizioni. Ma certe volte non basta, certe volte tocca stravolgere l’ordine naturale e resuscitare i morti. Macché horror, questa rivoluzione, anzi, involuzione non riguarda i generi, bensì gli attori: l’orrore, piuttosto. Complice una tecnologia che sposta questioni morali e rovelli etici un gigabyte più in là, la mozione d’ordine 4.0 farebbe saltare i punti di sutura al mostro di Frankenstein: se si può fare, che si faccia, nulla osta.
Sicché la gioventù bruciata viene riscaldata al microonde, e il mitico, maledetto James Dean ritrova il grande schermo a sessantaquattro anni dal fatale incidente automobilistico del 30 settembre del 1955: no, a essere restaurato non è il film, bensì lui, che la cura CGI (Computer-Generated Imagery) restituirà in carne e ossa in un lungometraggio girato ex novo. A officiare la resurrezione digitale la società di produzione Magic Company, che ottenuti i diritti dell’immagine di Dean dagli eredi ne farà il coprotagonista di un film sulla guerra in Vietnam, Finding Jack, diretto da Anton Ernst e Tati Golykh e previsto in sala per il Veterans Day del 2020 (11 novembre).
Se questa zombificazione non vi aggrada, siete in buona compagnia: i social sono tracimati d’indignazione, utenti più o meno illustri si sono stracciati le pic, rigettando l’impiego postumo del corpo e del viso dell’attore morto a soli ventiquattro anni e tre film. Il Captain America della Marvel Chris Evans ha sparato, pardon, twittato ad alzo zero: “È orribile. Forse potremmo chiedere a un computer di dipingerci un nuovo Picasso”. Un altro collega avvezzo al CGI, quell’Elijah Wood che fu Frodo nel Signore degli Anelli, condensa il disgusto in quattro lettere: “NOPE”, ma il primo premio va a un cinguettatore meno altolocato, che prende il titolo più celebre di Dean, Gioventù bruciata ovvero Rebel Without a Cause, mischia con la “resa grafica” ed esplode un terminale “Rendered Without a Cause”.
L’ironia non si risparmia, perché non è solo vilipendio di cadavere, ma concorrenza sleale: “Provate a immaginare di fare un provino e vedervi rubare il ruolo da un morto degli anni Cinquanta”. Già, le reazioni al film con Dean saranno sicuramente meglio del film stesso.
Ma il buon James, sebbene i familiari – “ignari” di Brandon Lee nel Corvo (1994) e Peter Cushing in Rogue One (2016) – gli rivendichino l’essere arrivato primo, o uno, al traguardo, non rimarrà solo: si replicherà a soggetto e, se è vero che la defunta Carrie Fisher dovrebbe comparire nel prossimo Star Wars: L’ascesa di Skywalker (uscita 18 dicembre) di J.J. Abrams non in CGI ma in riprese dal vero inutilizzate, l’orda dei morti viventi preme per (ri)entrare in sala.
Qualcuno ha guardato orizzontale ma lungo, e s’è attrezzato per la resurrezione dei corpi celebri. La Worldwide XR detiene i diritti di più di quattrocento star di ambiti diversi, dal cinema all’atletica, e al grido “gli influencer vanno e vengono, le leggende non moriranno mai” è pronta a far scritturare redivive icone del calibro di Bette Davis, Bettie Page, Christopher Reeve, Ingrid Bergman, Jimmy Stewart, Lana Turner, Rock Hudson. Nel novero, a suonare il mancato De profundis potrebbe prestarsi Dizzy Gillespie.
In confronto i vecchietti ringiovaniti di The Irishman, i Bob De Niro, Al Pacino e Joe Pesci a cui Martin Scorsese ha fatto un make-up all’ultimo pixel, sono il passato, se non fosse che proprio dal – letterale – trapassato remoto viene questo presente-futuro frammisto di hybris e avidità.
Nulla è immune all’effetto, e se il paradiso davvero può attendere, il palco meno: il soprano Maria Callas ha virtualmente riconquistato le platee globali, perché all’ologramma non si comanda, e da Amy Winehouse a Nat King Cole, da Elvis Presley a Michael Jackson la nostalgia è sempre più canaglia.