Il Sole 24 Ore, 28 novembre 2019
Biografia di Carmelo Barbagallo
Il suo nome era sul tavolo di Bergoglio da due settimane. Il tempo durante il quale il Papa ha vagliato alcune soluzioni per l’Aif, l’autorità di controllo finita nell’inchiesta tuttora in corso da parte del Promotore di Giustizia. Bergoglio ha deciso il 18 novembre di dimissionare René Brülhart («io l’ho chiamato alcuni giorni prima e lui non se n’è accorto, mi ha detto in seguito» ha rivelato testualmente il Papa sul volo di ritorno dal Giappone). E aveva già deciso per Carmelo Barbagallo, definito due sere fa da Francesco – quando ancora il nome era coperto – «magistrato di altissimo livello giuridico ed economico nazionale e internazionale».
Barbagallo, 63 anni, siciliano, non è magistrato, nel senso giuridico del termine, ma agli occhi del Papa è quello dovrà anche fare. Già perchè il profilo del nuovo esponente della Santa Sede è tutto sulla vigilanza bancaria e finanziaria. Entrato nel 1980 in Banca d’Italia, è stato prima nelle filiali, e poi a Roma, dove ha svolto tutta la carriera nella vigilanza, arrivando a dirigere prima l’ispettorato e poi per decisione del Governatore Ignazio Visco l’intero servizio, per sei anni. Anni duri, in cui ha dovuto affrontare le crisi bancarie più complicate, dal Monte Paschi alle quattro banche finite in risoluzione, con tutto quello che ha comportato (basti pensare all’Etruria), fino alle due venete. Crisi generatesi nelle gestioni spesso scellerate in anni precedenti, e deflagrate dopo il 2013. Barbagallo ha testimoniato quattro volte davanti alla Commissione parlamentare d’inchiesta sui dissesti, preparando il terreno all’audizione-fiume di dodici ore di Visco. Chi seguì quelle sedute ricorda la strenua difesa dell’operato di Bankitalia nelle vicende al centro dell’inchiesta.
Un’altra partita che ha gestito, assieme a tutto il servizio vigilanza – ora diretto Paolo Angelini – è stato il complesso processo di avvio della vigilanza Bce, il Single Supervisory Mechanism (Ssm), sulle banche maggiori del paese, con la costituzione dei Joint Supervisory Team, un passaggio chiave dell’Unione bancaria che si è sviluppata dal novembre 2014 in avanti. Ora ha davanti a sè un compito che apparentemente è minore – lo Ior gestisce poco più di cinque miliardi depositi e 600 milioni di patrimonio netto – ma forse è all’intero sistema che dovrà mettere mano, specie se si arriverà ad una centralizzazione di tutti i flussi dei dicasteri della Santa Sede, oggi inesistente. Lo staff Aif è esiguo, sei persone, e in attesa di una decisione sul direttore ancora sospeso. Intanto la Banca d’Italia ringrazia Barbagallo, la cui nomina «consolida il proficuo rapporto di collaborazione da tempo in essere con l’Autorità Vaticana».