la Repubblica, 28 novembre 2019
Inondazioni, cosa fanno negli altri paesi
Innalzamento del livello dei mari ed eventi meteorologici sempre più estremi stanno mettendo a dura prova le città costiere e quelle attraversate dai grandi fiumi, in tutto il mondo. Trecento milioni di persone saranno inondate da mari e oceani almeno una volta l’anno entro il 2050, anche potenziando le barriere fisiche (dighe, sbarramenti, marine). A finire sommerse sarebbero, tra le altre città, Giacarta, Mumbai, Dacca, Calcutta, Ho Chi Minh City, un terzo di New York e molte città europee. In Italia sono 40 le aree a maggior rischio, sulle coste dell’Alto Adriatico, in Abruzzo, Puglia, Liguria, Toscana, Lazio, Sardegna, Sicilia, Calabria. Questi e altri dati preoccupanti sono contenuti nel corposo rapporto” Il clima è già cambiato” dell’osservatorio CittàClima di Legambiente.
Quali soluzioni adottare, allora, per proteggere le città dall’acqua? Si tratta di sfide estremamente difficili che presuppongono una pianificazione di lungo periodo e opere molto costose: per proteggere le coste Usa dall’innalzamento del livello del mare, secondo una stima recente, sono necessari oltre 400 miliardi di dollari. Tuttavia, soprattutto in Europa, molte opere idrauliche sono operative e funzionano bene.
L’Olanda, si sa, convive da sempre con l’acqua. Il Piano Delta è il più grande sistema di difesa dal mare che esista al mondo e protegge l’area della foce del Reno, della Mosa e della Schelda. Comprende 13 opere idrauliche: tre chiuse, quattro barriere anti- mareggiata e sei dighe. Il principale elemento è costituito dalla diga di sbarramento Oosterscheldekering, una barriera lunga 8 chilometri, che protegge Amsterdam: un sistema ingegnoso, composto da 62 enormi paratie scorrevoli che possono chiudersi in 75 minuti. In condizioni atmosferiche normali, tali paratie rimangono aperte per consentire la sopravvivenza della flora e della fauna marine. Fa parte del Piano Delta anche la diga di sbarramento antitempesta Maeslantkering, all’imboccatura del Nieuwe Waterweg nel Mare del Nord: salvaguarda Rotterdam e il suo porto dalle inondazioni costiere. È costituita da due bracci mobili lunghi 210 metri che pesano, ciascuno, 6.800 tonnellate.La barriera del Tamigi è una struttura idraulica che regola il flusso del fiume omonimo a Woolwich Reach, a sud di Londra, ed è stata costruita fra il 1974 e il 1984. Protegge la capitale britannica dalle maree eccezionali. La struttura, disposta lungo i 520 metri della larghezza del fiume, divide la sezione fluviale in quattro canali larghi 60 metri, due più piccoli larghi 30 metri, tutti navigabili, e altri quattro larghi 30 metri non navigabili. Le paratie in acciaio possono ruotare su loro stesse per chiudere i varchi in caso di necessità: quando sono rialzate, le paratie principali sono alte quanto un edificio di 5 piani; ogni elemento pesa 3.300 tonnellate, ma impiega solo 15 minuti a chiudersi.
Nel 2011 a San Pietroburgo è stata inaugurata una diga colossale per proteggere la città dalle piene del fiume Neva, separandolo dal resto del Golfo di Finlandia. Si tratta della più imponente opera pubblica costruita in Russia negli ultimi anni e può resistere a piene di oltre 5 metri. Realizzata con l’aiuto di esperti olandesi, la diga è lunga 25,4 km e alta 8 metri. È sormontata da un’autostrada a sei corsie e comprende opere idrauliche, due canali navigabili da grandi imbarcazioni e sei passaggi larghi 300 metri che lasciano transitare l’acqua liberamente. In caso di allerta, sportelli e valvole vengono chiusi per formare una barriera totalmente ermetica.
Le grandi opere di ingegneria idraulica, necessarie ad arginare il mare, devono essere affiancate da interventi capillari e puntuali nel territorio urbano ed extraurbano, negli alvei fluviali, nelle aree a maggior rischio idrogeologico.
Per Gianfranco Becciu, docente di costruzioni idrauliche e marittime al Politecnico di Milano, c’è la necessità di «creare aree naturali esondabili, rendere permeabili superfici di strade e parcheggi, incentivare la trasformazione degli edifici con tetti e pareti verdi», Per quanto riguarda le città sul mare «serve un piano per arretrare, rispetto alla linea di costa, attività, edifici pubblici strategici e infrastrutture vitali come ferrovie e strade, anche se il rischio (per ora) è moderato».
Non ha mezze misure Pietro Laureano, architetto e urbanista, consulente Unesco per gli ecosistemi in pericolo: «La città va ripensata nella sua dimensione verticale. Come una grande foresta, anche per l’ambiente urbano va considerato l’interscambio con atmosfera, suolo e sottosuolo. Occorre frammentare, favorire la captazione dell’acqua sui tetti, trasformare e riciclare l’acqua». La parola d’ordine è rinaturalizzare, attraverso interventi diffusi, lasciando spazio al deflusso naturale delle acque.