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 2019  novembre 28 Giovedì calendario

Intervista alla scrittrice Anna Todd

Ne ha fatta di strada, Anna Todd, in un solo lustro. Nel 2014, subito prima di pubblicare la sua avventura romantico- erotica After , era una ragazza di provincia nata in Ohio che viveva ad Austin, Texas, col marito soldato, ossessionata da Orgoglio e pregiudizio di Jane Austen e dalle canzoni degli One Direction . Poi, con il romanzo, il boom: un miliardo e mezzo di visualizzazioni sulla piattaforma digitale Wattpad, dove esce inizialmente, e lo sbarco trionfale nelle librerie di mezzo mondo. Ora, a fine 2019 — dopo un prequel, vari sequel e 11 milioni di copie vendute — la trentenne Anna, che si è trasferita a Los Angeles per lavorare ai film ispirati alla saga (il secondo uscirà in primavera), cambia strada. Misurandosi con un classico dei classici, Piccole donne , che ha riscritto in chiave contemporanea e sessualmente libera. Esaltandone — come spiega con entusiasmo — «tutta la carica rivoluzionaria, femminista e militante».
Una rivisitazione in cui le sorelle March dell’originale diventato le Spring Girls (è il titolo del libro, edito da Sperling & Kupfer). In cui due dei personaggi preferiti creati da Louisa May Alcott, come ha già rivelato il tam tam su Internet, finiscono a letto insieme. E in cui, nella chiave molto pop tipica di Todd, si parla anche di bullismo e di social network, di gender e di minoranze. Ecco come lei, dalla California, racconta la sfida.
Anna, perché riproporre "Piccole donne" al presente?
«Credo che una versione moderna della vicenda sia perfetta per i nostri tempi: le questioni che tocca — la sorellanza, il femminismo, la narrazione al femminile, lo status sociale e finanziario con cui siamo costrette a misurarci — sono senza tempo, e ancora oggi risuonano in noi».
Infatti a gennaio 2020 uscirà un ennesimo film tratto dal libro: un successo ininterrotto.
«All’epoca fu un romanzo dirompente. E alcuni dei problemi che pone — le disuguaglianze o le pressioni della società per farti aderire a modelli conformisti — a tutt’oggi sono irrisolti. Ma il suo pregio maggiore è il punto di vista avanzato sulle donne: Jo e sua madre sono delle vere icone femministe, così come, ciascuna a suo modo, lo sono le altre tre sorelle».
In molti lo pensiamo da sempre. Ma la sua riproposizione è stata influenzata anche dal #MeToo?
«Credo che noi come appartenenti al genere femminile siamo molto fortunate ad aver assistito a questa vera e propria rivoluzione durante le nostre vite, e sono grata alle donne che, raccontando le loro storie, l’hanno resa possibile.
L’abuso di potere, anche nella sua componente sessuale, è una piaga che viene da lontano: abbiamo ancora tanta strada da fare, ma almeno abbiamo finalmente avuto un buon inizio».
Eppure in "After", che l’ha resa una star, la relazione tra i due protagonisti, Tessa e Hardin, non è sempre paritaria. E c’è chi ha criticato l’eccessiva insistenza sulle scene di sesso. Come replica a queste obiezioni?
«Lo dico da sempre: il sesso è una cosa normale. Quanto più se ne discute, quanto più assecondiamo la curiosità delle ragazze, tanto più quando cominceranno una relazione si sentiranno a loro agio.
Spesso le giovanissime sono tenute lontane da una sana educazione sessuale, e ho potuto constatare in prima persona i danni che questo provoca. Il sesso non è qualcosa di cui doversi vergognare, è qualcosa che dobbiamo imparare».
Invece su Hardin maschio troppo dominante, cosa ci dice?
«Considero la sua relazione con Tessa assolutamente realistica, soprattutto se pensiamo alla loro età e alle loro vite. È vero, lui ha fatto scelte sbagliate, è incapace di gestire le emozioni: ma perché non dare una chance a un ragazzo ventunenne con un passato traumatico alle spalle, che ha fatto terapia e frequentato l’anonima alcolisti?».
Il successo della saga sembra darle ragione: appartiene alla categoria dei cosiddetti longseller, vende tanto da anni...
«Mi piacerebbe sapere come mai.
Forse perché è una storia a cui è facile relazionarsi. Me l’hanno scritto migliaia di lettori, da ogni parte del mondo: le complicazioni dell’amore le abbiamo sperimentate tutti. Amare non vuol dire essere felici».
Lei però racconta le sofferenze sentimentali in chiave di narrativa popolare, di intrattenimento: ha mai pensato di virare verso uno stile più riflessivo, più impegnato?
«Diciamo che mi piacerebbe raggiungere una via di mezzo tra la letteratura d’evasione e quella più militante. Ad esempio il libro che sto scrivendo adesso, il sequel di Noi stelle cadenti , affronta direttamente questioni sociali come il razzismo, la brutalità della polizia, la sindrome da stress post-traumatico. Ma nello stesso tempo amo tenere aperta una via di fuga dalla realtà: i miei lettori hanno bisogno di un break mentale dall’oscurità della politica attuale».
A proposito di oscurità: quella stessa Internet che l’ha resa celebre — lei scrisse "After" sullo smartphone e lo pubblicò su una piattaforma digitale — adesso è terreno fertile per l’odio e le fake news.
«Francamente sono molto preoccupata. Internet può essere una cosa bella, col suo potere di farci connettere con gli altri, di creare comunità. Ma adesso, soprattutto a causa di Twitter e Facebook, sta diventando tossica, basta guardare cosa è successo qui in America alle ultime elezioni.
Come madre, finché mio figlio sarà piccolo, impedirò la sua esposizione a questi mezzi, non voglio che la sua autostima venga intaccata. Gli spiegherò poi cosa sono le fake news e come esercitare uno spirito critico.
Quanto a me, continuerò ad amare il lato buono dei social media».
E continuerà a usare la tastiera di un telefono per produrre libri?
«Dallo smartphone sono già passata al computer . Il mio modo di lavorare, però, non è cambiato.
L’unica vera novità, rispetto a quando ho cominciato a scrivere, è che ora la mia agenda è molto più affollata!».