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 2019  novembre 28 Giovedì calendario

Come salvare il design

Il design non è più argomento per specialisti, ma un elemento che attraversa la vita di tutti: quasi un rumore di fondo nelle aziende, una sensazione sottopelle per le strade, un colore di base nelle nostre vite; addirittura, quasi un’idea della società. Il design è ovunque: può essere usato, abitato, fruito, maneggiato, goduto, sfruttato, sprecato, distrutto, riciclato; ma soprattutto può essere visto. 
Si apre con questa visione - e con i contributi di Giorgio Stirano e Walter De Silva, il saggio Design crisalide (edizioni Mincione, 260 pp, €14) di Alberto Improda. Una digressione sulla storia del design, dalle radici alla contemporaneità, sino al tema - centrale - della sua ancora troppo fragile e scivolosa tutela legale.
A cento anni dalla nascita di Bauhaus, l’autore, che di professione fa l’avvocato, si ispira a I Miserabili di Victor Hugo per definire il mutamento che sta vivendo l’arte applicata agli oggetti d’uso comune: «Questa formidabile crisalide che si chiama universo rabbrividisce eternamente nel sentire, allo stesso tempo il bruco agonizzante e la farfalla ridestarsi». 
Il design è tutto e al tempo stesso un nulla dal punto di vista legislativo, sempre più sfuggente: «Lo avvertiamo dovunque, quando camminiamo per strada, osserviamo un edificio, svitiamo una lampadina, andiamo in bicicletta o ci sediamo»: una terra affascinante di cui è difficile tracciare i confini. Parte da questa premessa il saggio dedicato alla Grande Madre degli oggetti iconici che ci circondano. Ne cita pochi, ma molto evocativi, come la Moka Bialetti nata nel 1933, la lampada Tolomeo disegnata da Michele De Lucchi nel 1987, la macchina da scrivere Valentine di Olivetti pensata da Ettore Sottsass nel 1968, o, per arrivare a tempi più recenti, la cuffia ricetrasmittente concepita dalla Motorola per gli allenatori di football. 
Il problema è che su ogni oggetto e ogni funzione inedita serpeggia lo stesso interrogativo: che cosa sarà poi il design, quest’entità ibrida, mezzo topo e mezzo uccello, per dirla alla Koenig, tra i maggiori studiosi della moderna cultura progettuale. L’autore cita Francesco Trabucco: «Il design è come il sale: preso nella giusta dose dà sapore e significato alle cose: un pizzico di design sta bene quasi dappertutto, e questo spiega perché sia così diffuso e trasversale...». 
Ma è proprio questa pervasività che, secondo Improba, ne minaccia la natura, perché nell’uso comune la parola design rischia di diventare banale sinonimo di estetica degli oggetti nell’accezione filosofica più deteriore. «Se nell’Ottocento - scrive - si parlava di una generica arte "applicata all’industria", la Grande Esposizione di Londra della metà del secolo, dove per la prima volta vennero esposti prodotti industriali in luogo di opere d’arte, ratificò l’atto di nascita di quello che sarebbe divenuto il moderno design, espressione di un nuovo settore della cultura, a cavallo tra la libertà creativa e le esigenze economiche di produzione». 
Oggi, invece, c’è un design per tutto, «Fashion design, Web design, Food Design, Brand design, Social Design, High Tech design, Engineering design» rischiando di trasformarlo in una parola-valigia. Improda sottolinea l’urgenza di fare uscire questa forma di creatività dal suo cul-de-sac: «Da un lato, nella realtà risulta lanciato verso ruoli sempre più fondamentali, dall’altro, il diritto lo disciplina ancora come uno strumento specialistico e dalla portata ridotta: per questo parlo di Design Crisalide».
Il libro indica la via per uscire da questa contraddizione: «Al volgere del suo primo secolo di vita il design è chiamato a liberarsi del suo vecchio e ormai inutile bozzolo e alzarsi finalmente in volo» dice l’autore. Ma perché dovrebbe valerne la pena? Certo che sì, lo sostiene anche Deyan Sudjic ne Il linguaggio delle cose: «Il design è la chiave che ci permette di comprendere il mondo fatto dall’uomo». Conclude Improda: «Nel tempo del Design Thinking, non parliamo di una volatile forma d’arte, ma un progetto che si nutre di originalità e assolve a tre precise funzioni: Forma, Funzionamento e Significato».