Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2019  novembre 28 Giovedì calendario

E POI DICI CHE NON HANNO RAGIONE I SOVRANISTI - LO STRAPOTERE TEDESCO NELLA COMMISSIONE UE AVANZA SENZA IMBARAZZI: DALLA GERMANIA ARRIVANO CINQUE CAPI DI GABINETTO - UN NUMERO MAGGIORE DI ALTI FUNZIONARI VUOL DIRE PIÙ POSSIBILITÀ DI “CONTROLLARE” I DOSSIER - PER L'ITALIA, CHE RESTA A SECCO SULLE QUESTIONI LEGATE ALL’IMMIGRAZIONE, IL “BOTTINO” È PIÙ MAGRO RISPETTO ALLA COMMISSIONE JUNCKER - NON È CERTA LA PRESENZA ITALIANA NEL GRUPPO DI LAVORO DI URSULA VON DER LEYEN… -

Lo strapotere tedesco che avanza senza alcun imbarazzo. Quello francese più discreto, ma mirato. E l' Italia che cerca, a fatica, di difendere le posizioni guadagnate in questi anni. Per capire gli equilibri nella nuova Commissione europea non basta guardare ai portafogli assegnati ai commissari. Bisogna andare più a fondo, negli ingranaggi della macchina. Dove i governi stanno cercando di piazzare i loro migliori funzionari per meglio «controllare» i dossier. La partita si gioca anche lì.

È un negoziato diplomatico intenso che, a soli tre giorni dall' entrata in carica della Commissione, non si è ancora concluso. Sulle ultime tessere del mosaico è in corso una vera e propria lotta di potere tra le Capitali. A volte anche all' interno delle stesse: è il caso del governo italiano, con i Cinque Stelle che lamentano di «non esser stati minimamente presi in considerazione» nella spartizione.

«Anche gente fuori dalla storia come Tajani ha avuto più voce in capitolo di noi» si sfoga il grillino Ignazio Corrao, che ieri ha votato contro von der Leyen in dissenso con il gruppo. La versione dell' altra campana dice che il problema è legato al capitale umano. «Se devi proporre un tuo candidato per un gabinetto - racconta una fonte - questo deve essere altamente qualificato. E le risorse del M5S in Europa scarseggiano».

I capi di gabinetto dei singoli commissari hanno un ruolo centrale nella gestione del potere e la loro nazionalità è un indice degli equilibri. Sono tedeschi ben cinque capi di gabinetto (su 27), tra cui quello della presidente (tedesca pure lei), quello di Valdis Dombrovskis e quello di Thierry Breton. A sorpresa, non c' è alcun francese ai vertici dei gabinetti. Ma Parigi punta più in alto: dopo aver ottenuto il capo-portavoce (Eric Mamer), ora vuole il segretario generale (in pole c'è Jean-Eric Paquet). Ossia la figura che guida l'intera macchina.

E l'Italia? Il «bottino» è leggermente più magro rispetto alla Commissione uscente, anche perché il recente cambio di governo non ha aiutato le trattative. Saranno italiani due capi di gabinetto e tre vice. Il team di Paolo Gentiloni sarà guidato da Marco Buti, attuale direttore generale agli Affari Economici. Mentre Stefano Grassi (che guidava il gabinetto di Federica Mogherini) sarà a capo dell'ufficio della commissaria estone Kadri Simson (Energia).

Elisabetta Siracusa è stata confermata vice dell' irlandese Phil Hogan (Commercio), mentre altre due vice arrivano dal Parlamento europeo: Santina Bertulessi (dal gruppo dei socialisti) lavorerà con Nicolas Schmit (Lavoro), Chiara Salvelli (storica collaboratrice di Antonio Tajani) con la bulgara Maryia Gabriel (Cultura e Innovazione). Nel gabinetto di Gentiloni, oltre a Buti, ci saranno altri tre italiani, tra cui l'ex consigliere per gli Affari Ue dell' ex premier, Marco Piantini. La nomina di Buti fa però perdere all'Italia la direzione generale degli Affari economici. Il direttore generale è un altro ruolo di grande potere e l'Italia ora ne ha solo due: Roberto Viola alla dg Connect e Mauro Petriccione alla dg Clima.

Ci sarà almeno un italiano in ognuno dei gabinetti dei tre vice-presidenti esecutivi Dombrovskis (Euro), Timmermans (Green Deal) e Vestager (Digitale e Concorrenza), ma anche in quelli dello spagnolo Josep Borrell (Alto Rappresentante), del belga Reynders (Giustizia), della croata Dubravka Suica (Demografia), e dell'ungherese Oliver Varhelyi (Allargamento).

Non è ancora certa la presenza italiana nei gabinetti di Thierry Breton e soprattutto di Ursula von der Leyen. Il che non sarebbe affatto positivo. Il governo ha deciso di puntare su candidati con un background economico, rimanendo però all' asciutto sui dossier legati all' immigrazione.