Il Sole 24 Ore, 27 novembre 2019
Plusvalenze sui Bund, così la Germania gonfia il bilancio
Siamo nell’era dei tassi negativi. Ad oggi sono in circolazione nel mondo obbligazioni con rendimenti sottozero per un controvalore superiore ai 12mila miliardi di dollari. Negli ultimi mesi – complice un deflusso di capitali dai bond verso le azioni che nel frattempo a Wall Street hanno toccato i massimi storici – la quota di obbligazioni a rendimenti negativi è diminuita (ad agosto valevano 17mila miliardi di dollari) ma il quadro di fondo non è cambiato: le politiche ultra-accomodanti perseguite negli ultimi anni dalle banche centrali (e tutt’ora in corso) hanno creato un mondo artificiale in cui paradossalmente per circa un quinto delle obbligazioni emesse e quotate sui mercati il creditore paga una sorta di commissione di possesso al debitore. Quest’ultimo, sia esso uno Stato o un’azienda, anziché pagare interessi sul proprio debito li riceve da chi gli ha prestato i soldi comprando il bond.
Oltre a questo paradosso se ne sta verificando un altro. Molti governi stanno approfittando di questa condizione irripetibile per contabilizzare sul bilancio corrente gli incassi derivanti da emissioni a tassi negativi. Tra questi il Paese che si sta avvantaggiando più di tutti è in questo momento la Germania che dal 2013 ha già raccolto e messo a bilancio utili derivanti dall’emissione di Bund per 25 miliardi di euro, l’equivalente di una importante manovra di Bilancio in Italia, secondo i calcoli di Bert Flossbach, fondatore e senior portfolio manager di Flossbach von Storch. Questo accade quando un Paese è in grado di emettere bond a un prezzo superiore al valore nominale (100) a cui sarà rimborsato a scadenza. E questo è possibile perché i tassi sono negativi o, per le emissioni a lunga scadenza, comunque molto bassi.
Se un’obbligazione zero coupon (senza cedole) viene emessa a tassi negativi, è matematico che il prezzo di emissione del bond debba essere superiore al valore di rimborso (o nominale). Ad esempio se Berlino emette un Bund a 105 da rimborsare dopo due anni a 100, lo può fare solo perché il tasso di interesse pattuito con il creditore è negativo. Gli effetti sono trascurabili per le obbligazioni a breve termine. «Il vero problema riguarda le obbligazioni a lunga scadenza. In particolare quando vengono emesse a prezzi molto superiori al valore nominale, come sta accadendo in questa fase, e allo stesso tempo gli ingenti profitti generati dalle emissioni confluiscono nel bilancio pubblico corrente – spiega Flossbach – anziché essere diluiti nel tempo. Un esempio particolarmente evidente è dato dall’emissione il 19 giugno scorso di un’obbligazione tedesca al prezzo di 158,80. Il governo ha quindi ricevuto 1,588 miliardi di euro per l’emissione di un’obbligazione del valore nominale di 1 miliardo di euro. Il ministro delle Finanze tedesco ha destinato immediatamente l’utile di emissione risultante di 588 milioni di euro al bilancio corrente. I contribuenti, tuttavia, devono pagare la cedola relativamente alta del 2,5% per i 27 anni che mancano alla scadenza (2046). Anche se questo non è illegale, non è molto equo per le generazioni future. Sarebbe più opportuno collocare gli utili di emissione in una riserva e liberarli in 27 rate annuali di 21,8 milioni di euro fino al 2046 a beneficio dei bilanci futuri e dei contribuenti».
Solo nel 2019, per effetto di queste plusvalenze da emissioni che vengono incamerate nel bilancio corrente anziché essere spalmate su più esercizi, la Germania si appresta a “gonfiare” il bilancio statale di 7,5 miliardi. Ma questo giochetto contabile viene utilizzato, seppur con proporzioni minori, anche da altri Paesi. Italia compresa. Come si può vedere nella tabella a fianco anche via XX Settembre ha incamerato 603 milioni di euro quando il 12 settembre ha emesso un BTp a 30 anni con cedola 3,85% collocato al prezzo di 140,2 (il 40,2% in più rispetto al prezzo a cui sarà rimborsato a scadenza). Dinamiche simili -ricorda l’esperto – si vedono anche in Spagna. Fa invece eccezione l’Austria che, nell’interesse delle generazioni future che difatti si troveranno a rimborsare le cedole di obbligazioni a lungo termine, preferisce cadenzare in più esercizi la contabilizzazione degli utili da emissione.