il Fatto Quotidiano, 27 novembre 2019
Intervista al regista russo Andrei Konchalovsky
Michelangelo, chi era? Il regista russo Andrei Konchalovsky traccia un identikit inedito, fuori dagli schemi e dentro l’arte: Il peccato, da domani nelle nostre sale, rintraccia come da sottotitolo Il furore di Michelangelo e libera lui e il Rinascimento tutto dai cascami del devozionismo e della museificazione. Interpretato da Aberto Testone, Buonarroti snobba Sansovino (Federico Vanni), compete con Raffaello (Glenn Blackhall), si barcamena tra Medici e Della Rovere (Francesco Maria è Antonio Gargiulo), cincischia tra Papa Giulio II (Massimo De Francovich) e Papa Leone X (Simone Toffanin). All’opera non lo vediamo mai, al più ci sono i suoi bozzetti, i progetti in sedicesimi, ma Konchalovsky quasi pare disinteressarsene: la sua camera afferra il sudore, inquadra lo sforzo, annusa il lercio e sonda l’immorale. Dal marmo di Carrara Konchalovsky trae il sangue della creazione e la frustrazione della professione: che significa esprimersi, e a che condizioni è lecito farlo? Già nel Cinquecento si lavorava per poter lavorare, e Il peccato non ha alcuna remora a mostrarlo, quasi a stigmatizzarlo: non è un film sul cinema, ma un film sulla (im)possibilità di fare cinema.
Perché Michelangelo?
In realtà, non riesco a dare una risposta coerente a questa domanda. Mi sento come un compositore che scrive una sinfonia, e se chiede a un compositore perché ha scritto la terza o quarta sinfonia… cosa potrebbe rispondere? Mi è arrivata quella musica e l’ho buttata giù. Non voglio razionalizzare certi impulsi che mi vengono in mente. Non voglio spiegare o dare una spiegazione intellettuale del perché l’ho fatto. È semplicemente accaduto, a livello interiore. Ogni volta mi trovo a rispondere: perché è successo, tutto qui.
“Tutta questa bellezza – viene detto nel film – per tiranni, assassini, e puttane”. Eppure sono loro ad averne facoltà, disponibilità, indirizzo. Oggi come allora?
Certamente qualcosa cambia sempre, ma l’essere umano è favorito dalla natura e da un immediato senso della bellezza. Uomini di oggi come di 200 mila anni fa percepiscono che un fiore o un tramonto sono belli senza alcuna ragione, e che il profumo di un fiore, l’aroma di un fiore è bello è basta, senza alcun motivo. Ed è una percezione immediata anche per me: questo intimo senso della bellezza è ciò che salva le generazioni da una mera comprensione estetica della bruttezza.
Chi ha frainteso, vilipeso, pervertito l’immagine del Rinascimento per come lo conosciamo oggi?
Certo i mass media hanno creato dei miti, a cominciare dai pittori di accademia nell’antica Grecia e poi il cinema con la sua mitologia, e poi le miniserie, i kolossal e quant’altro hanno creato un falso mondo materialistico.
Con qualche colpa?
Non si possono accusare i registi di oggi e del passato di aver fatto serie su ogni cosa: devi avere una curiosità noiosa e ostinata per scavare e capire. Neanch’io ho fatto abbastanza per riflettere l’uomo del Rinascimento, sarebbe un’illusione quella di aver fatto un film che possa restituire l’intera verità: è solamente una piccola parte, la mia.
Non si può andare oltre?
Non credo che ne sarei capace o che chiunque altro possa esserlo, a meno di non passare l’intera esistenza a capire. E penso che il meraviglioso Antonio Forcellino, storico dell’arte, sia stato molto gentile a sostenere che il mio film abbia restituito il Rinascimento nella sua vera essenza.
Nel film “un mostro”, un blocco gigantesco di marmo di Carrara, rimane inutilizzato e sospeso a guardare il mare: il suo mostro, ovvero il progetto non trasformato, qual è?
In realtà non ne ho, credo che il “mostro” sia qualcosa da cui l’Artista è ossessionato. Michelangelo era un uomo ossessionato, dalla sua arte e dal suo temperamento, e ne pativa. Io non sono ossessionato: ho dei film che non sono arrivati a compimento, ma non ne sono turbato. Perché ho accettato la fede e non sto cercando di combattere con la realtà. Al contrario, sto seguendo altri modi per esprimere la mia comprensione del mondo. Senza entrare in conflitto con il destino.
David, Mosè, il Giudizio Universale, la Pietà: qual è la sua opera preferita di Michelangelo?
Non posso dire ce ne sia una. Ogni opera di Michelangelo è parte del suo spirito e lo spirito è unico.
Konchalovsky, ha lavorato in Russia, America e in Italia: analogie e differenze?
L’Italia è il Paese della grande cultura e della civiltà. L’America è solo civiltà. E la Russia ha entrambe, cultura e civiltà.
“Il peccato” non è ancora arrivato sui nostri schermi che è già al montaggio del nuovo film: “Cari compagni” racconterà il massacro di Novocerkassk del 1962, quando le forze armate sovietiche spararono sugli operai in sciopero facendo ventisei morti e ottantasette feriti.
Posso dire che in ogni film che faccio cerco di capire il destino dell’ essere umano, ma non voglio aggiungere altro. Primo, perché sono molto superstizioso; secondo, perché ogni film è un salto nel vuoto.