Corriere della Sera, 27 novembre 2019
Sui libri in tv
Presentare libri in televisione non vuol dire leggerli e non vuol nemmeno dire fare cultura. Parlare di libri significa semplicemente alzare il tono della discussione, rendere più squisito, meno tetro, meno volgare il quotidiano della chiacchiera, sollecitare la propria e l’altrui curiosità. Parlare di libri è anche sperimentare nuove modalità espressive, cancellando vecchie mestizie editoriali e rappresentando la ricchezza dei mondi evocati dalle pagine scritte.
Bisogna fare un salto in Svizzera, per ribadire questi concetti basilari (anche la tv della Svizzera italiana ha una buona piattaforma per rivedere i programmi in streaming). Il programma si chiama Turné Soirée va in onda ogni sabato, dura 25 minuti ed è in prima serata! La linea scelta è quella di trasformare i libri in narrazione. Come suggeriva anni fa Beniamino Placido: la formula – sosteneva – è quella inventata da Thomas Stearns Eliot, il «correlativo oggettivo». Per esprimere un travaglio interiore bisogna trovare un personaggio, un’immagine, un oggetto che sia l’equivalente di quel travaglio. Non abbandonarsi alla sola chiacchiera. Così Damiano Realini cerca di intervistare personaggi, creare situazioni, offrire immagini che ci facciano appassionare al libro.
Ma tutto ciò è reso possibile dalla presenza di Mariarosa Mancuso: il suo sapere, la sua competenza, la sua confidenza con i mondi della letteratura, del cinema, della serialità televisiva permettono a Turné Soirée di provare molte strade senza però mai perdere la bussola. La trasmissione può così affrontare temi non facili come l’umanizzazione dei robot, l’Lsd, la sostanza allucinogena sintetizzata dallo scienziato svizzero Albert Hofmann, la famiglia intesa come una miniera di storie tristi, allegre, grottesche, amorose, il libro di Enrico Vanzina dedicato al fratello Carlo… La tv ci conferma che leggere è la capacità di una maggioranza ma è l’arte di una minoranza.