Corriere della Sera, 27 novembre 2019
Cesare Cremonini racconta i 20 anni di carriera
Tre chili e 725 grammi. Sulla bilancia tanto segna l’edizione più lussuosa di «Cremonini 2C2C», best of in 9 vinili, 6 cd e un libro fotografico. Il peso è giustificato dai 20 anni di carriera di Cesare Cremonini. Un percorso fra inediti, hit del passato, demo e rarità che svela la solidità della penna di Cesare, ragazzino prodigio con i Lùnapop, precipitato nel girone dell’oblio e poi risalito fino agli stadi dove tornerà la prossima estate. «Ho girato tutte le divisioni. Verso l’alto e verso il basso. Con questa raccolta mostro la coerenza del percorso di uno che ha raccontato la sua vita con le canzoni, che al dito ha la fede della musica», racconta. Alti e bassi. «Sono un grande incassatore, resto in piedi anche quando mi prendono a calci e pugni. Non è stato facile passare dal milione e 700 mila copie dell’esordio alle 80 mila del terzo disco, ma ho sempre pensato che le canzoni mi avrebbero tirato su». E lo hanno fatto.
I 20 anni di carriera sono arrivati quest’estate. Nessuna nostalgia dei Lùnapop. «Non ci sarà una reunion. Se guardo la foto della quinta elementare non mi viene voglia di tornarci. Preferisco andare avanti». I 40 di anagrafe arriveranno invece a marzo. «Mio padre se ne è andato da poco: in quel momento ho perso il contatto con il mio viaggio. Quando sono ripartito mi sono reso conto di aver perso di vista la riva di partenza. Mi sono perso nella vita, ma non ho più le catene che mi tenevano attaccato al passato. Un punto bellissimo per ripartire».
Sei brani nuovi, quasi un album... «Non sono mai stato capace di scrivere su commissione, né per il “mio” Bologna che mi ha chiesto l’inno, né per altri colleghi, né quei brani asettici e di passaggio che si mettono in genere nei best. Le sei inedite raccontano questi due anni di vita: una separazione, una nuova ragazza molto più giovane di me, gli amici che mettono su famiglia...». Non ci sono featuring, i duetti. «Ho resistito alla tentazione della faciloneria. Se non c’è un progetto artistico sono operazioni di mercato inflazionate. Tutto il Natale discografico mi sembra incentrato sui featuring...». Anche nel tour niente ospiti. «All’offerta ho risposto con una frase letta su un muro a Cuba: “Il nostro vino è aspro, ma è nostro”».
«Al telefono», canzone che ha anticipato il progetto, ha una struttura insolita, quasi si sdoppia e ha una lunga coda strumentale. «Con “Logico” e “Greygoose” seguii la tentazione del successo. Volevo tornare centrale nella musica dopo anni complessi. Raggiunto l’obiettivo ho deciso di esplorare, pur restando nel pop. Mi sono accorto che la fischiettabilità è un limite. Per capire “Al telefono” non bastano 20 secondi. Per molte canzoni di oggi invece funziona così». Una critica alle nuove generazioni trap e indie? «Ben vengano le rivoluzioni che vogliono spazzare via il melodico trito e ritrito, ma attenzione: Dalla, De Gregori e Battisti non sono in quel calderone... Lo streaming non mi spaventa, ma so che non posso competere con uno, che ritengo accattivante, come tha Supreme. Per decretare il vincitore però non basta guardare quei numeri. Contiamo a fine anno chi è quello che ha creato più business: oggi il live è il momento centrale di incontro con un artista. Nella trap vedo divertimento e una volontaria regressione a un modo di esprimersi tribale. Credo però che riuscire a sublimare le emozioni e intrappolarle in una melodia sia la ricetta per durare nel tempo». La politica e l’osservazione del sociale restano fuori dalla sua scrittura. «Per capire chi sta morendo nel Mediterraneo non ci vuole una laurea ma l’immaginazione, pratica che ti fa identificare nell’altro. Il mio lavoro ti esercita a farlo, ma spesso sento canzoni di quel tipo cui manca l’approccio artistico».
Lo vedremo poco in tv. «Non farò la classica promozione. Quella per vendere 25 mila copie in più è una guerra che non ha senso combattere. La battaglia si fa con le canzoni». Sanremo non lo tenta. «Non mi pongo limiti, ma mi domando se le trasmissioni tv siano il contesto adatto alle mie canzoni. Mi hanno invitato più volte a fare il superospite al Festival, ma una volta che sono saltate le regole su chi è superospite e chi non lo è preferisco non andarci».