Avvenire, 27 novembre 2019
Il problema della mascolinità in Inghilterra
In Gran Bretagna, c’è un problema con l’identità maschile, stretta tra la ’toxic masculinity’ (il maschilismo tossico) del premier Boris Johnson, da una parte, il movimento femminista #MeToo, dal-l’altra, benvenuto e positivo per le donne, ma un vero colpo da ko per gli uomini, guardati, da allora, con diffidenza e sospetto. Il Regno Unito sente questa crisi, il vuoto lasciato da positivi modelli di ruolo maschili e la necessità di riempirlo. Durante un programma radiofonico della Bbc, dal titolo #OurBoysAsWell (Anche I Nostri Ragazzi) la giornalista Emma Kingsley, madre di due ragazzi, ha sollevato la questione se sia giusto, dopo #Me-Too, guardare sempre agli uomini come potenzialmente sessisti e violenti e se questo stereotipo negativo non finisca con il minacciare l’autostima dei ragazzi di oggi. H a provato a rispondere a questa domanda anche la Loughborough Grammar School, collegio maschile tradizionale, con una storia di cinquecento anni, frequentato da quasi mille ragazzi fra i dieci e i diciotto anni. Qui, fino agli anni Settanta, il modello proposto agli alunni era quello dell’’uomo forte’, magari campione nello sport, soprattutto nel rugby. Più intelligente delle donne. Con un’ottima laurea e un lavoro esaltante. Di conseguenza, ’irresistible’ per l’altro sesso. Oggi non più. Il preside Duncan Byrne si dichiara inorridito dai commenti sessisti e aggressivi di Boris Johnson, che ha definito il leader dell’opposizione Jeremy Corbyn,’big girl’s blouse’, ’femminuccia’, e ha chiamato le donne musulmane che indossano il burqa ’cassette postali’. Per non parlare degli insulti e degli attacchi, soprattutto via social media, dei quali sono state oggetto molte deputate, colpevoli soltanto di essere donne, nel clima violento di Westminster durante il dibattito infinito sulla Brexit. «Gli stereotipi maschilisti sono stati un peso intollerabile per intere generazioni di uomini – spiega Byrne –. Con un tasso di suicidi tre volte più alto tra i maschi, rispetto alle ragazze, è importante che i giovani imparino a parlare delle loro emozioni, delle loro paure e della loro difficile ricerca di un’identità». Helen Foster, vicepreside della Loughborough Grammar, dice che, da insegnante e madre di due ragazzi, sente che «le cose sono cambiate tanto rapidamente che non esiste più un preciso modello di ruolo per i giovani maschi, mentre le aspettative nei loro confronti sono sempre più alte, anche per l’impatto dei social media».
er questo motivo la scuola ha lanciato la campagna ’Great men’ (Grandi uomini), al fine di promuovere un dialogo sull’identità maschile e insegnare ai ragazzi a chiedersi che tipo di maschi vogliono diventare. «Esiste un aspetto in cui è dimostrato che i ragazzi fanno più fatica rispetto alle donne dal punto di vista accademico», continua la vicepreside. «Ed è la capacità di comunicare. Mentre alle ragazze viene naturale esprimersi con le parole, i maschi devono impararlo. A tal fine, abbiamo organizzato sessioni per i genitori, per incoraggiarli a comunicare con i figli, spiegando loro che i ragazzi preferiscono periodi brevi e limitati di conversazione, come capita durante un viaggio in auto non troppo lungo, o una passeggiata con il cane. Anche le discussioni, al momento del pranzo o della cena, sono importantissime. Abbiamo, i- P noltre, programmato ore di formazione per i docenti, perché sappiano liberare questo potenziale maschile del quale i nostri alunni non sono consapevoli». Tra le iniziative della scuola, la proiezione di un filmato in cui Mick Hall, ex alunno, oggi insegnante, spiega come abbia dovuto reprimere le sue emozioni durante un periodo trascorso nei Marines, corpo d’élite dell’esercito britannico. È lo spunto per l’avvio di discussioni, durante le quali i ragazzi si confrontano, sollecitati anche da una serie di domande poste dai professori, sull’opportunità di tenersi dentro preoccupazioni, paure e frustrazioni piuttosto che di comunicarle a un amico o a uno psicologo. Gli alunni hanno lavorato a un filmato, lungo tre minuti, nel quale vengono intervistati professori e allievi che spiegano che, «come uomini, aspiriamo a essere forti, ma anche intelligenti, dal punto di vista emotivo, e capaci di chiedere aiuto quando è necessario».
S ulla crisi dell’identità maschile nella Gran Bretagna di oggi concorda anche
Brenda Todd, docente di Psicologia dello sviluppo alla City University di Londra, specializzata sull’argomento. «La nostra società, oggi, fa spesso fatica ad accomodare i bisogni fisici e mentali degli uomini – spiega –. In questo 2019, i ragazzi, quando si avvicinano alla pubertà, vedono e sentono critiche continue all’identità maschile: sui media, nelle serie televisive e in politica. L’effetto sulla loro autostima è profondamente negativo. Dovrebbero essere orgogliosi della loro virilità. E non pensare che vi c’è qualcosa che non va». «Molti bambini, ormai, crescono in famiglie dove manca una figura paterna e sentono la madre e le amiche criticare, non soltanto il papà, ma gli uomini in generale, un fatto disturbante per uno sviluppo psicologico sano», sottolinea l’esperta. «Certo, in altre famiglie esistono padri, zii e nonni che sono ottimi modelli di ruolo, ma il messaggio dei media è importante perché comunica alla maggioranza il tipo di uomo che la società auspica diventi un ragazzo di oggi». La professoressa Todd è convinta che «bisogna lasciarsi alle spalle uomini violenti che tendono a controllare le donne, senza rispettarle. Nello stesso tempo occorre riconoscere le buone qualità dei maschi. Il loro desiderio di occuparsi della famiglia, la loro capacità di collaborare con le compagne ». «Ho cominciato a esplorare l’identità maschile dopo aver lavorato con una squadra di uomini impegnati nel recupero di relitti navali – racconta –. Mi aveva colpito come collaborassero e si sostenessero psicologicamente, usando strategie completamente diverse da quelle adottate dalle donne. Mi resi conto che non ce l’avrebbero fatta senza questo cameratismo. Diversi studi dimostrano che i maschi, fin da prima della nascita, sono attivissimi nel grembo materno perché già esposti a livelli elevati di testosterone. È una caratteristica maschile, che una società deve sapere gestire. Purtroppo, in Gran Bretagna, dove a quattro anni si va a scuola, molti maschi, costretti sui banchi, vivono un’esperienza negativa, che li allontana dagli studi. Il confronto con le femmine, naturalmente più studiose, non fa che rafforzare un sentimento di inferiorità».
«I media, in questo momento, nel Regno Unito si stanno concentrando sulle caratteristiche più negative della figura maschile, con pessime conseguenze per i giovani. Mi preoccupa l’uso diffuso del termine ’toxic mascu-linity’, e il fatto che non vengano fatte ricerche sull’impatto che può avere sui ragazzi», spiega lo psicologo John Barry, uno dei fondatori della sezione maschile della ’British Psychological Society’, l’associazione professionale britannica. «Ho timori per la salute mentale dei giovani maschi, in quanto esiste un vero rischio che crescano con l’idea che esista qualcosa che non va in loro, e con un senso di colpa per eventi negativi di cui non sono responsabili. Credo che esista un vero pericolo che alcuni ragazzi si sentano giustificati a comportarsi male, visto che, in ogni caso, la società ha già un’opinione molto negativa su di loro. In Gran Bretagna i responsabili di episodi di violenza domestica sono per metà uomini e per metà donne. Un fatto che dimostra come sia importante giudicare i comportamenti in modo neutrale senza alcun pregiudizio».