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 2019  novembre 26 Martedì calendario

SE NON LO SAI, AIDS - OGNI GIORNO 8 PERSONE SCOPRONO DI ESSERE SIEROPOSITIVE, 15MILA INFETTI NON SANNO DI ESSERLO, E SPESSO LO SCOPRONO TROPPO TARDI - ALLA VIGILIA DELLA GIORNATA MONDIALE CONTRO IL VIRUS, CI SONO ANCHE BUONE NOTIZIE: ORMAI SI RIESCE A VIVERE CON UN'INIEZIONE OGNI DUE MESI, INVECE DI 15 PILLOLE AL GIORNO. SE TRATTATOIN TEMPO, L'ASPETTATIVA DI VITA MEDIA È PARAGONABILE A QUELLA DI CHI NON È MAI VENUTO IN CONTATTO CON IL VIRUS -

Daniele Banfi per “la Stampa” Da 15 compresse al giorno a un' iniezione ogni due mesi. In questa frase è riassunto il progresso delle terapie anti-Hiv. Uno scenario inimmaginabile all' inizio degli Anni 80, quando per i sieropositivi la speranza di rendere innocuo il virus era un improbabile traguardo. Ora, però, vietato abbassare la guardia. In occasione della giornata mondiale dedicata all' Aids, il 1° dicembre, il messaggio è chiaro: anche se diminuiscono le nuove diagnosi e i trattamenti sono più efficaci, aumenta la quota di giovani sieropositivi così come la quota delle diagnosi tardive.

«L' Aids - spiega Giuliano Rizzardini, direttore del Dipartimento Malattie Infettive dell' Ospedale Sacco di Milano - è causato dalla presenza del virus dell' Hiv nel sangue. Questo, infettando le cellule del sistema immunitario, rende le persone affette più vulnerabili a molte malattie che generalmente, nei sani, non creano particolari problemi. Proprio perché in grado di colpire il sistema immunitario gli individui sieropositivi nel tempo vanno incontro a una progressiva perdita di funzione delle cellule di difesa».

Infezioni e tumori «opportunisti» trovano terreno fertile per svilupparsi e portare alla morte. E' il caso delle persone con la sindrome da immunodeficienza acquisita. «Quando il virus si moltiplica, fino al punto da compromettere il sistema immunitario, si passa dall' essere sieropositivi a sviluppare l' Aids. Ecco perché la ricerca si è concentrata nell' individuazione di molecole in grado di fermare la replicazione del virus, riducendo il danno a livello del sistema immunitario».

L' avvento degli antiretrovirali, sperimentati dagli Anni 90, ha rappresentato una rivoluzione. I dati sulla sopravvivenza non lasciano spazio a interpretazioni: se trattata in tempo, l' aspettativa di vita media è paragonabile a quella di chi non è mai venuto in contatto con il virus. Se in passato si dovevano assumere tra 10 e 15 compresse giornaliere, con importanti effetti collaterali, oggi tutte le componenti sono condensate in un' unica compressa a bassa tossicità.

Uno scenario, quello della singola pillola, destinato a cambiare ulteriormente. Sono in fase di sperimentazione le «long-acting drugs», molecole a lunga durata d' azione. «Si tratta - spiega Rizzardini - di formulazioni differenti di farmaci già esistenti. Questi non vengono più somministrati per bocca, ma attraverso iniezioni intramuscolari.

Abbiamo condotto diverse sperimentazioni e ciò che emerge è la possibilità di controllare il virus attraverso iniezioni ogni due mesi». Un tempo, quello tra una iniezione e l' altra, che in futuro potrebbe ancora aumentare, arrivando a una somministrazione ogni quattro mesi. Un vantaggio sia in termini di qualità di vita sia pensando ai luoghi dove la distribuzione dei farmaci è difficoltosa. Non ultimo per quelle persone con problemi psichiatrici che difficilmente riescono ad aderire alle terapie.

Se la ricerca ha fatto passi da gigante, tuttavia, lo stesso non si può dire sul fronte della prevenzione: secondo la Società di Malattie Infettive e Tropicali, più del 50% delle nuove diagnosi in Italia avviene in condizioni avanzate di malattia. E anche se le nuove infezioni sono diminuite del 20% nel 2018 rispetto al 2017, l' incidenza più alta di quelle nuove si registra tra i 25 e i 29 anni, inevitabile conseguenza del calo di attenzione da parte dei giovani.

«Fondamentale, in aggiunta alla corretta informazione, è la diagnosi precoce. Ancora troppe persone arrivano in ambulatorio con il sistema immunitario danneggiato. Le terapie ci sono e funzionano: prima si arriva alla diagnosi e maggiori sono le possibilità di successo delle terapie. Ecco perché, se si appartiene a categorie a rischio o si sospetta di essere sieropositivi, è importante - conclude Rizzardini - sottoporsi al test».



2. PERCHÉ AI GIOVANI L'HIV NON FA PAURA Irma D' Aria per ''la Repubblica - Salute''

Pensavamo fosse una malattia del passato. E sbagliavamo, visto che soltanto l' anno scorso in Italia sono state effettuate 2.847 nuove diagnosi di infezione da Hiv, circa otto al giorno. E anche se dall' ultimo rapporto dell' Iss, l' istituto superiore di sanità, emerge per la prima volta una diminuzione di circa il 20% di nuove diagnosi, resta il problema del sommerso. Secondo le stime della Società di malattie infettive e tropicali ( Simit), circa 15 mila persone non sanno di essere infette e quindi ritardano inconsapevolmente la diagnosi. Con due conseguenze pericolose e prevedibili: aumenta il rischio che possano contagiare altre persone e diminuiscono le probabilità di guarire.

«Nel tempo quelli che hanno scoperto di essere positivi al virus Hiv solo nel semestre precedente rispetto alla diagnosi di Aids sono aumentati, passando dal 48,2 nel 2000 al 74,6% nel 2018 » , ragiona Barbara Suligoi, responsabile del Centro operativo Aids dell' Iss. E non basta: l' anno scorso il 57% ha scoperto di essere sieropositivo molti anni dopo essersi infettato, quando il livello di linfociti CD4 era sceso al di sotto delle 350 cellule o addirittura erano comparsi sintomi clinici della malattia: «È l' effetto di una scarsa consapevolezza sulla diffusione ancora ampia di Hiv nel nostro Paese e del rischio che si corre di contrarre l' infezione attraverso rapporti sessuali non protetti » , prosegue Suligoi.

Oggi si infettano giovani uomini che fanno sesso con altri uomini ( 39%), che confidano nel fatto che c' è una cura, ma anche eterosessuali ( 41%) che ancora pensano che il contagio sia una cosa che non li riguarda. I giovani tra 25 e 29 anni sono il gruppo più colpito in termini di incidenza ed è perciò urgente fare prevenzione tra gli adolescenti.

Dai dati dell' Iss emerge che l' offerta del test Hiv in contesti informali (test in piazza, auto test, test in strada o comunque al di fuori degli ospedali, come si fa negli Stati Uniti) costituisce uno strumento prezioso per raggiungere i giovani e identificare nuove diagnosi. Anche perché si muore ancora di Aids: nel mondo l' anno scorso 770.000 persone hanno perso la vita a causa dell' Hiv. Per questo la giornata mondiale contro l' Aids, il primo dicembre, è di grande attualità.

Ma come mai abbiamo abbassato la guardia? «Le nuove generazioni sottolinea Massimo Galli, presidente Simit - non hanno visto morire le persone di Aids e si sentono invincibili anche perché pensano di poter contare sulle terapie che oggi nel 90- 95% dei casi curano questa malattia. Ma c' è anche molta ignoranza su cosa sia l' Hiv perché non se ne parla in famiglia o a scuola che invece dovrebbe offrire anche un' educazione sessuale e sanitaria senza discriminazioni nei confronti dei vari orientamenti sessuali ma con un atteggiamento di accoglienza».

Per aumentare l' attenzione su Hiv il ministero della Salute ha annunciato l' avvio di campagne di sensibilizzazione anche attraverso l' account Instagram inaugurato di recente proprio per instaurare con i giovani un dialogo diretto attraverso uno dei social network più utilizzato. Inoltre, l' ufficio legislativo sta lavorando ad uno schema di normativa per somministrare il test Hiv anche ai minori a partire dai 13 anni senza il consenso dei genitori superando così il loro possibile imbarazzo a parlare in famiglia di questi temi.