il Fatto Quotidiano, 26 novembre 2019
Ritratto della famiglia Gavio
Amavano presentarsi i Gavio come gli “altri” concessionari autostradali. I buoni e diversi dai Benetton marchiati dal crollo del ponte di Genova, gli industriali dei maglioncini diventati campioni delle concessioni con 3 mila chilometri di autostrade. Loro, i Gavio, ci tenevano a ricordare di essere cresciuti con il mattone e le costruzioni a Tortona, nel Nord-ovest, e di essere diventati concessionari senza rinnegare quell’ambiente. Anzi, facendo leva su di esso con Itinera, la grande azienda di costruzioni con cantieri in tutto il mondo. Si facevano vanto, i Gavio, di essere concessionari di 1.500 chilometri di autostrade concreti e affidabili. Al punto da farsi avanti, per bocca di Beniamino Gavio, sul dossier revoca che riguardava i rivali: “Noi in Autostrade? Se il governo ce lo chiede…”, ha spiegato al Sole 24 Ore a ottobre.
Il crollo del ponte sulla autostrada A6 Torino-Savona, gestita da loro, costringe tutti a riconsiderare la contrapposizione. Le differenze con la strage di Genova sono evidenti. Qui non ci sono stati morti solo perché la fortuna ha voluto che, mentre il viadotto si sbriciolava sotto una frana, in quel momento non transitassero macchine. Un’altra grande differenza sta nel fatto che, così come emerge dalle inchieste in corso, i dirigenti di Autostrade dei Benetton che da decenni gestiscono migliaia di chilometri di asfalto avevano più di un sentore dei rischi che gravavano sulla sicurezza del ponte di Genova e si sono voltati dall’altra parte.
La Savona-Torino, invece, autostrada vecchissima, una delle prime costruite in Italia, i Gavio ce l’hanno in gestione da relativamente poco. L’acquistarono sei anni fa proprio dai Benetton pagandola in parte cash e in parte cedendo ai Benetton una concessione autostradale in Cile. Forse sapendo di aver acquistato un tracciato vecchio con molti aspetti critici, i manager dei Gavio avevano deciso di tenerlo sotto osservazione. Appena sei giorni fa l’ad del gruppo, Umberto Tosoni, aveva spiegato al Sole 24 Ore che sulla A6 i ponti erano monitorati con un sistema di sensori sviluppato dalla società Sacertis. Evidentemente, però, non è servito.
Come i Benetton, i Gavio hanno abbondantemente abusato della giostra italiana delle concessioni. Sono 7 le autostrade gestite con il 60 per cento dai Gavio insieme ai francesi del fondo Ardian: Torino-Milano, Torino-Piacenza, Piacenza-Brescia (Autovia Padana), la valdostana Sitaf, la Cisa (Parma-La Spezia), Livorno-Sestri e Asti-Cuneo. E non sempre la manutenzione è stata all’altezza. Proprio sulla Savona-Torino l’Anac in una sua indagine ha evidenziato ritardi gravi. Come i Benetton anche i Gavio con le autostrade fanno soldi a palate. L’ultimo bilancio attesta ricavi autostradali del gruppo per 1,2 miliardi mentre gli utili sono 264 milioni: più del 20 per cento, un rapporto stellare. E anche i Gavio non sono immuni dal vizietto di farsi allungare dallo Stato le concessioni gonfiando i valori delle eventuali buonuscite (tecnicamente “valori di subentro”). Per costruire poco più di 10 chilometri che mancano al completamento della Asti-Cuneo, per esempio, vorrebbero un allungamento di 4 anni (fino al 2030) della ricchissima Torino-Milano, più un valore di subentro di 500 milioni. O, senza prolungamento, un subentro doppio: 1 miliardo. Della valdostana Sitaf di cui hanno il 49 per cento, i Gavio vorrebbero la maggioranza comprando per pochi spiccioli il 18 per cento dal comune di Torino e il resto dall’Anas. Amministratore Sitaf è Stefano Granati, alto dirigente Anas che forse per rendere più spedito l’affare ha prelevato due dipendenti dall’azienda statale delle strade per promuoverli dirigenti dell’autostrada con retribuzioni in barba ai vincoli imposti alle aziende pubbliche dalla legge Madia.