Corriere della Sera, 26 novembre 2019
Biografia di tha Supreme
Un diavoletto in felpa viola e scarpe da ginnastica scala le classifiche italiane a suon di rap. Si fa chiamare tha Supreme (vero nome Davide Mattei), ha diciotto anni e viene da Fiumicino, alle porte di Roma. Parla poco e le rare foto che circolano su di lui sono vecchiotte: al posto del suo volto fa girare un cartoon-avatar che lo ritrae con il cappuccio calato sulla testa, un paio di corna ma anche un’aureola («Ehi, angelo-diavolo, sono due in uno, cara», rappa in M8nstar).
Ha messo l’immagine in secondo piano per non offuscare la sua musica. «Ok, t-h-a Supreme, sono il più misterioso della scena anche se non porterò una maschera da scemo», sottolinea in Oh 9od. Una scelta che si è rivelata vincente. Il suo album d’esordio, pubblicato il 15 novembre, si intitola 23 6451 e con sette brani nella top ten ha raggiunto la vetta dei dischi più venduti facendo scivolare al secondo posto Persona di Marracash, solo terze le canzoni di Guccini riarrangiate da Pagani. Su YouTube, il giovanissimo rapper è saltato dal settimo al primo posto (con un incremento negli ascolti del 96,9%). Su Spotify la musica non cambia: 23 6451 è l’album più ascoltato di sempre in Italia nella prima settimana, con 59 milioni 533 mila 687 stream. E oggi, da Milano, partirà la «Virtual experience» con i fan che potranno farsi una foto in realtà aumentata con tha Supreme (che non sarà fisicamente presente).
Davide produce, rappa e canta. Usa un linguaggio ai limiti del comprensibile, mischia italiano e inglese, non scandisce le parole e le frasi criptiche hanno bisogno di essere interpretate. Come il verso «Swisho un blunt a swishland, bling blaow, come i Beatles» (nell’hit blun7 a swishland) che avrebbe a che fare con un sigaro di cannabis, il bagliore dei gioielli e i Fab Four di Liverpool. O il titolo 23 6451che nel linguaggio leet – con caratteri non alfabetici al posto delle normali lettere – vuol dire «le basi».
Il giovane leone del rap si è appassionato alla musica da bambino. «Avevo il ritmo nel Dna», ha raccontato in una rarissima intervista a «Vice Italia». Da adolescente condivideva i suoi brani strumentali sulla rete fino a quando Salmo lo ha chiamato per produrgli Perdonami. All’epoca Davide aveva 16 anni ma non si è più fermato. Sui «beat» ha cominciato a metterci anche la voce. «Diciamo che è successo per necessità – ha spiegato — 6itch è stato il mio primo vero e proprio pezzo. L’ho scritto per sfogo e l’ho caricato su YouTube il giorno dopo, senza aver nemmeno curato benissimo il mix: inaspettatamente è stato apprezzato tantissimo, allora ho deciso di caricarlo su Spotify finendo nel giro di una settimana nella top 50 Viral Italia con un lavoro fatto in nemmeno un giorno». Da lì è partita la sua scalata al successo, merito di brani come 5olo e Scuol4 e degli amici rapper che lo hanno sostenuto. È lunga la lista degli artisti con i quali ha lavorato: Machete, Mara Sattei (sua sorella), Dani Faiv, Nitro, Izi, Fabri Fibra, Marracash, Gemitaiz & MadMan, Tedua. Quando ha visto che tutto intorno a lui si stava ingigantendo e che le case discografiche iniziavano a contenderselo ha capito che non si deve perdere tempo. «Se si ha qualcosa di grande dentro bisogna farla esplodere».