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 2019  novembre 26 Martedì calendario

La nostra vecchiaia potrà toccare i 115 anni

Come è stato possibile che l’antica Roma abbia saputo conquistare buona parte del mondo allora conosciuto? E che l’abbia fatto 2.000 anni fa? A maggior ragione se considerate che allora – ce lo ricordano Edoardo e Vieri Boncinelli con L’età conquistata (Solferino) – la speranza di vita alla nascita era intorno ai 27 anni. Oggi arriviamo (sempre qui in Italia) a 80,8 anni gli uomini e a 85 le donne. Parliamo di vita media e il libro dei Boncinelli è un po’ la storia dei nostri anni guadagnati con un interrogativo sullo sfondo, intrigante e con una punta di perfidia «dove vogliamo arrivare?» o meglio «dove potremo arrivare?» A 120? O forse a 130? 
Vediamo. Se vi chiedessero le tre cose che nell’ordine hanno contribuito di più ad allungare la nostra vita sapreste rispondere? Niente paura, lo fanno i Boncinelli per voi, ecco qua: 1) il sapone, con cui abbiamo imparato a lavarci le mani; 2) il fatto che, quantomeno da noi, c’è abbastanza cibo per tutti (e il frigorifero per conservarlo); 3) i vaccini, niente nella storia della medicina che abbia salvato tante vite. A questo punto vi chiederete: «Dato che abbiamo anche tantissime armi oltre a queste tre, lavoro meno logorante per esempio (certo meno di chi costruiva templi o combatteva nelle legioni romane) e poi farmaci e chirurgia e tanto d’altro, non sarebbe possibile ritardare il processo di invecchiamento?».
I Boncinelli rispondono a questa domanda servendosi di un’immagine molto efficace «la natura non ci fa invecchiare, ci lascia invecchiare». Perché succeda però ci dobbiamo mettere anche un po’ del nostro. «Sarebbe a dire?». Beh, non vorrei dirvi proprio tutto, lo dovrete scoprire voi, ma ci vorrà un po’ di pazienza perché tutto quello che si può fare per invecchiare bene non lo trovate subito, ma solo verso la fine.
Ma non è tutto oro quello che luccica, invecchiamo e ci sono pochi bambini, e allora? Ci viene in soccorso Luciano De Crescenzo: «Prima c’erano quattro giovani che lavoravano per mantenere un vecchio, ora ci sono quattro vecchi che si fanno mantenere da un giovane». Meglio non invecchiare allora? Non proprio, anche perché sin dalla preistoria sono gli anziani i depositari della saggezza, quelli che danno stabilità alle prime società, e l’evoluzione offre alla longevità un vantaggio competitivo perché le conoscenze possano essere tramandate. E chi protegge i piccoli, coloro che sono destinati a raccogliere la saggezza di chi è vissuto prima di loro? L’attrazione fra maschio e femmina, quello che chiamiamo «amore» che è una sorta di prolungamento della vita intrauterina a difesa della prole. E vi siete chiesti mai perché le donne vivono più a lungo degli uomini? È una questione di evoluzione legata al fatto che «per aiutare i genitori a crescere i figli, le nonne sono più importanti dei nonni». 
Questa è una parte molto bella e originale del libro che scoprirete leggendolo, vi basti sapere che l’uomo per procreare e prendersi cura dei piccoli ha bisogno soprattutto di ossitocina; un ormone prodotto dall’ipotalamo che fra l’altro favorisce l’allattamento, ma anche i momenti che precedono tutto questo (come l’erezione e l’orgasmo). L’ossitocina condiziona anche tanto d’altro dei nostri comportamenti, la capacità di prendersi cura del neonato soprattutto, ma anche di tenere sotto controllo l’ansia, tutto questo nei momenti che precedono il parto e subito dopo è davvero prezioso. 
Voler guadagnare vita, ma anche volerla vivere al meglio, implica averne coscienza e avere coscienza del fatto che un giorno o l’altro finirà ma intanto saperne apprezzare tutte le sfumature. Chi meglio degli artisti per arrivarci che manco a dirlo sono anche molto spesso dei grandi vecchi – Donatello, Giovanni Bellini, Claude Monet, Henri Matisse, Emil Nolde – loro devono aver avuto una vita intrauterina speciale fra l’altro, se è vero che i primi nove mesi della tua esistenza ne condizionano il resto. Resta il fatto però che «invecchiare è inevitabile, cerchiamo di farci l’abitudine e godiamo di quello che possiamo avere a qualunque età» come sosteneva Andrei Weil, un professore di Medicina dell’Arizona.
Ma non ci stanno dicendo ad ogni pie’ sospinto che oggi gli organi si possono riparare con le cellule staminali? Perché non farlo allora? Non è così semplice. La natura sa riparare i tessuti e gli organi dei neonati e dei bambini, molto meno quelli degli adulti, e i Boncinelli ci spiegano anche perché e che cosa ci possiamo aspettare quando ne sapremo di più.
Come se non bastasse, con l’età aumentano le probabilità di sviluppare un tumore in quanto si accumulano piccoli ma continui insulti tossici che rendono le cellule sempre più vulnerabili, è probabile che in un futuro non vicinissimo troveremo la soluzione al problema dei tumori ma quasi certamente non verrà dai farmaci. «I nostri geni non si curano di noi, a loro interessa passare ai nostri figli e per farlo non esitano ad eliminarci», scriveva Jarle Breivik che è professore all’Università di Oslo. A noi più che il corpo dovrebbero interessare invece i nostri pensieri e la nostra coscienza, è questo forse che sarebbe bello tramandare, più che qualunque altra cosa. 
Ma ammettiamo che fra prevenzione e nuove cure un giorno il problema dei tumori si risolva, l’organismo dovrà trovare comunque il modo di uscire di scena. E così aumenteranno i casi di Alzheimer o più in generale di decadimento cognitivo legato all’età, certe parti del nostro cervello muoiono senza che sappiamo fino in fondo il perché e senza che ci siano cure. Almeno fino a quando – ci dicono i Boncinelli – un piccolo computer, così piccolo da non dar fastidio, potrà essere associato al nostro cervello (dentro o fuori) e consultato periodicamente in caso di necessità. Ma varrà davvero la pena di conquistare tutta questa vita? Dipende. Un po’ anche dal fatto che – di tutti gli animali che popolano la terra – siamo noi gli unici dotati di coscienza che vuol dire però preoccupazione ed eventualmente depressione per la vita che si allunga, ma anche capacità di pregare (e vale per tutte le religioni, da sempre nella storia dell’umanità). Così il libro ti aiuta a riflettere sul valore della vita, la nostra, ma anche quella dei miliardi di microrganismi che vivono con noi e per certi versi danno senso alla nostra vita, al punto che non vivremmo senza di loro.
La parte finale del libro la lascio a voi, gli autori ammantano di scienza la saggezza popolare («una mela al giorno leva il medico di torno» e ancora «ci si dovrebbe sempre alzare da tavola con un po’ di fame») e raccontano come evitare i pericoli e le insidie dell’invecchiare con tanti consigli pratici per proteggere il corpo e per proteggere la mente, anche se forse non li si dovrebbe trattare come due entità distinte (della biochimica della mente oggi si sa molto di più di quanto non se ne sospettasse anche solo un tempo), la mente è frutto di reazioni chimiche come lo sono i sentimenti e le emozioni. E ora ammettiamo che uno di noi faccia tutto ma proprio tutto quello che suggerisce questo libro e che non abbia familiarità per malattie associate a morte prematura. Quanto potrà vivere? 115 anni, non di più probabilmente, per i danni al Dna che si accumulano col passare del tempo e che qualche volta riusciamo a riparare altre volte no, a patto di non fumare, bere poco e mangiare in un certo modo, insomma oltre un certo limite non si va, ha scritto Xiao Dong su «Nature» di qualche anno fa: «Un atleta formidabile può erodere qualche millisecondo al record dei cento metri piani, ma a correre i cento metri piani in cinque secondi non ci arriverà mai nessuno».