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 2019  novembre 26 Martedì calendario

Biografia di Stephen Bannon detto «Steve»


Stephen Bannon detto «Steve», nato a Norfolk, in Virginia, il 27 novembre 1953 (66 anni). Ex uomo di fiducia di Donald Trump. Direttore esecutivo della sua campagna elettorale nel 2016 • «Il Rasputin di Trump» • «Il profeta del sovranismo» • «Il Trotskij della rivoluzione populista» • «Un personaggio dall’ego extralarge e dalle ambizioni globali» • «Piccolo, formidabile Richelieu della corte di Trump» (Vittorio Zucconi, la Repubblica, 31/1/2017) • Già membro del Consiglio per la sicurezza, l’organo che assiste il presidente americano (dal 20 gennaio al 5 aprile 2017), già consigliere anziano del presidente e capo stratega della Casa Bianca, è stato licenziato dallo stesso Trump nell’agosto 2017, sette mesi dopo il suo insediamento • «Sloppy Steve, Steve lo sciatto» (Donald Trump) • «Occhi color bourbon con ghiaccio, fisico massiccio, capello fluente, eloquio ad alta gradazione populista, Steve Bannon ha conquistato l’America con Donald Trump, che lo chiamava “il mio sciattone” per via delle camicie scure senza cravatta e della pancia. Poi quella ruvida America sbarcata alla Casa Bianca l’ha persa malamente […] i sovranisti di nuovo conio longobardo lo prendono sul serio. Anzi lo trattano da guru della comunicazione. Nonché bandiera del patriottismo contro le ondate dei migranti straccioni che mirano al cuore bianco e puro del vecchio mondo per dissolverlo nel baratro multiculturale di quello nuovo» (Pino Corrias, Il Fatto Quotidiano, 9/6/2019) • È stato capo del giornale online Breitbart News e vicepresidente di Cambridge Analytica • Ha un passato nella marina militare, nel mondo della finanza, nell’industria del cinema • Dopo essere stato cacciato dalla Casa Bianca, ha fatto parlare di sé anche in Europa, dove si recava per rilasciare interviste e tenere conferenze, dicendo di voler federare tutti i movimenti populisti dei vecchio continente • «Quando dici che hai appuntamento con Bannon, i conoscenti della scena romana, quelli ai quali non la si fa, perché hanno sempre informazioni di prima mano che arrivano da chissà dove (in genere Dagospia), scuotono la testa perplessi e ti propinano una delle due vulgate disponibili. La prima, scettica, parla di un personaggio sopravvalutato, uno che oltreoceano non conta più nulla e che ci filiamo solo noi perché siamo provinciali, il solito yankee che pensa di aver trovato la sua America qui da noi, sulla scia di Dan Peterson e di Alan Friedman. La seconda versione, all’opposto, prevede che Bannon sia un emissario della Cia, potentissimo e oscuro personaggio dotato di mezzi illimitati che porta avanti con determinazione spietata il disegno di distruggere l’Unione europea» (Giuliano Da Empoli, Il Foglio, 1/10/2018)
Vita Viene da una normale famiglia americana: cattolica, democratica, di origini irlandesi. Suo padre Marty lavora per la AT&T: parte come posatore di cavi, finirà come quadro di medio livello. Sua madre Doris è una ragazza modello • «Quando si sposano nel 1942, hanno poco più di 20 anni. E dal loro matrimonio nascono cinque figli: Sharon Anita, Martin Joseph Jr, Michael, Stephen Kevin, Mary Elisabeth. È il penultimo della nidiata quello che oggi tutti conoscono come Steve. Steve Bannon. Il diavolo, appunto» (Marco Lombardo, il Giornale, 26/7/2019) • «Da giovane assomigliavo a David Bowie» • Va a messa, è bravo a scuola, fa il rappresentate degli studenti e si laurea in urbanistica con ottimi voti • Si arruola nella marina militare, passa due anni nel Pacifico a dare la caccia ai sottomarini russi ed è nel Golfo Persico quando fallisce il blitz per liberare gli ostaggi in Iran • «Non mi sono interessato alla politica finché non ho servito nelle forze armate e ho visto i pasticci combinati da Jimmy Carter» • «Diventa assistente speciale del capo delle operazioni navali al Pentagono e, mentre è a Washington, si specializza in Studi strategici alla Georgetown University» (Britannica) • Rimane folgorato da Ronald Reagan e diventa repubblicano • «Dopo otto anni, lascia l’esercito. Vuole trasferirsi a Wall Street. Nonostante l’età, nel 1983 viene ammesso alla Harvard Business School» (Alessandro Gnocchi, il Giornale, 24/2/2019) • È il migliore del corso • «Impara a maneggiare numeri, informazioni e soldi. Lavora “100 ore la settimana” per la Goldman Sachs, la banca d’affari» (Corrias) • All’inizio è assunto nel ramo delle acquisizioni ostili, poi lo mandano a Los Angeles, per seguire il mercato del cinema • «Impara a destreggiarsi tra “gli stupidi irresponsabili” che si scambiano Studios, star, giacimenti di film. Lui compra, vende, incassa come fosse a Las Vegas» (Corrias) • Dopo tre anni è abbastanza bravo da potersi permettere di lasciare la banca e iniziare a mettersi in proprio: fonda la Bannon&Co, una boutique finanziaria tutta sua, specializzata nel cinema. Tra i suoi clienti ci sono Samsung, MGM, Polygram Records e Silvio Berlusconi. Nel 1993 cura la vendita della Castle Rock Entertainment dalla Westinghouse a Ted Turner, ottiene una partecipazione in vari spettacoli televisivi e riesce a diventare ricco: quando, nel 1998, vende la società a Société Générale potrebbe fare a meno di lavorare • Invece, si reinventa produttore: finanzia una cinquantina di film, rappresenta star come Leonardo DiCaprio, Cameron Diaz, Ice Cube; vuole far trasparire le sue idee politiche e si specializza in documentari, per il cinema o per la tivù, tutti di orientamento conservatore • «Documentari kitschissimi, infarciti di citazioni filosofiche e di melodie wagneriane, sullo spirito americano, sullo scontro di civiltà, sulle generazioni che alternandosi modellano la storia e determinano il corso degli eventi» (Da Empoli) • «C’è tempo per un’ultima, strana ma decisiva esperienza. Nel 2005 si trasferisce a Hong Kong per studiare i modelli di guadagno dei giochi su internet come World of Warcraft. Rimane sedotto dalle comunità on line, dalla loro coesione e capacità di far circolare informazioni» • Nel 2004 conosce Andrew Breitbart, californiano, figlio adottivo di ebrei ricchissimi, deciso a fondare un nuovo sito di informazione: l’idea è «creare un aggregatore di notizie, specie di quelle che a volte non trovano spazio nei media tradizionali. Breitbart appare ambizioso e con il potenziale economico per affrontare il progetto, Steve Bannon ne condivide sia le basi giornalistiche che ideologiche. È così che nasce nel 2005 Breitbart News, Bannon entra subito nel consiglio di amministrazione della società ed appare come uno dei più importanti sostenitori del progetto» • È il 2008 quando scoppia la crisi finanziaria e il vecchio Monty Bannon, padre di Steve, perde 100 mila dollari in un colpo solo: «Non una di quelle cifre che non ti fanno dormire la notte per i ricconi di Wall Street. Ma troppo per uno che si è fatto da solo, come tanti uguali a lui. God bless America: in quel momento Dio però presentò il conto agli avidi, che lo fecero pagare a chi stava sotto di loro. […] le Élite entrano nel mirino. Quelli che di solito non pagano mai appunto, ma che fanno ricadere le colpe “su tutti i Marty Bannon del mondo”. Già. “L’unica ricchezza che aveva mio padre […] la sua piccola casa e quelle azioni. Possibile che nessuno sia stato mai ritenuto responsabile di una cosa del genere? Tutto quello che è successo dopo è cominciato quel giorno. Tutto» (Lombardo) • Bannon si impegna sempre più nella lotta politica: produce un documentario in sostegno a Sarah Palin e uno su Occupy Wall Street. La famiglia Mercer, una delle più ricche d’America, finanziatrice dei repubblicani, lo nota, entra nel capitale di Breitbart e lo impone come direttore • Lui trasforma il sito in un vero e proprio giornale, con articoli e editoriali, diffusi via internet: «Ha trasformato Breitbart News nel punto di raccolta della destra alternativa americana, una variegata combriccola di nazionalisti, complottisti, millenaristi e semplici incazzati, tutti ferocemente determinati a imporre un punto di vista diverso sulle principali questioni al centro del dibattito: l’immigrazione, il libero scambio, il ruolo delle minoranze e i diritti civili» (Da Empoli) • «“I travestiti sono i più affetti dall’HIV”. “Le donne nere sono disoccupate perché falliscono nei colloqui di lavoro”. “La pillola rende le donne brutte e ripugnanti”. “Huma Abedin (la amica più stretta di Hillary) è legata al terrorismo islamico”. “Lesbiche devastano un negozio di abiti da sposa”. “Planned Parenthood (la rete di cliniche ginecologiche e abortiste) ha origini naziste”. […] “Il tour dei froci torna nei Campus Universitari”. E questo crescendo di pseudogiornalismo culminò in una domanda che Steve Bannon fece nella versione radiofonica del suo sito: “Preferireste che vostra figlia diventasse femminista o avesse un cancro?”» (Zucconi) • Apre una redazione in Texas, per seguire la questione immigrati; finanzia un centro studi per scoprire le malefatte dei politici (e si concentra sui Clinton); entra nel cda di Cambridge Analytica, per diffondere la propaganda di destra su Facebook • «Bannon si è trasformato in una specie di uomo-orchestra del populismo a stelle e strisce. Per questo, quando il ciclone Trump si è abbattuto sulle primarie repubblicane del 2016, Steve era lì, pronto a diventare l’ispiratore occulto, e poi lo stratega ufficiale della campagna più trasgressiva della storia politica americana» (Da Empoli) • «“Bannon è una persona altamente qualificata che ama vincere e sa come farlo”, disse di lui Trump quando gli affidò le chiavi della sua campagna elettorale. Era l’estate del 2016. La Clinton era in testa ai sondaggi. Talmente in alto che tutti i rancori della nazione erano pronti a coalizzarsi contro di lei, bastava mettere in moto gli ingranaggi giusti. […] E siccome anche gli asini volano se lo ripetono migliaia di siti nella piena luce del web e lo leggono milioni di cittadini nel buio delle loro solitudini, Bannon compì il miracolo. Confermandosi, secondo l’agenzia Bloomberg, “l’attivista politico più pericoloso d’America”» • Ben Shapiro, uno dei giornalisti di Breitbart, si licenzia dicendo che il sito è diventato «la Pravda di Trump» • E così, «a sessantaquattro anni, senza nessun precedente di governo o di amministrazione pubblica, senza esperienza internazionale, senza cravatta sulle camicione scozzesi che predilige per mostrarsi astutamente “uomo del popolo”, Bannon non è entrato soltanto alla Casa Bianca come assistente personale di Trump. […] è parte integrante del “Consiglio per la Sicurezza Nazionale”, quel circolo di consiglieri, divenuto potentissimo grazie a Henry Kissinger che ne fece un governo ombra sotto Nixon, che decide la strategia politica e militare dell’Amministrazione Usa. Per fargli posto, Trump ha escluso il Direttore dei servizi di intelligence e il Capo degli Stati Maggiori riuniti, dunque i due uomini che dovrebbero informare il Capo dello Stato e aiutarlo nelle scelte di vita o di morte. E custodire l’arsenale nucleare» (Zucconi) • Sembra ci sia Bannon dietro alla decisione di Trump di ritirarsi dal patto di Parigi sul clima, ai distinguo sugli scontri razziali di Charlottesville e al divieto di ingresso negli Stati Uniti per i musulmani • «Ma, contrariamente ai pronostici post campagna elettorale, l’avventura di Bannon a Washington dura molto poco. Fatale, secondo gli analisti americani, sia un carattere considerato eccessivamente egocentrico mal digerito da Trump, sia soprattutto gli asti e gli attriti con una parte della famiglia dello stesso presidente» (Indelicato) • «Installatosi nello studio del consigliere politico del presidente, anziché limitarsi a fare il suo lavoro, non ha resistito alla tentazione di mettersi in scena» (Da Empoli) • • Vuole dire la sua sulle forze armate e zittisce i generali del Pentagono: «Steve, it’s their job. È il loro lavoro…» (Trump, citato in Paura, Bob Woodward) • Ma sembra che a farlo fuori sia Ivanka Trump, che lui aveva definito «stupida come un mattone» • «E infatti, nel giro di un anno, Bannon si è ritrovato fuori dalla Casa Bianca, con il capo del mondo libero che twittava cose del tipo “Steve il bavoso ha pianto e mi ha supplicato quando l’ho licenziato. Ora è stato mollato come un cane praticamente da tutti. Che peccato!”» (Da Empoli) • «Steve centrava poco con la nostra storica vittoria» (Trump) • «Bannon si getta nuovamente a tempo pieno nella direzione di Breitbart. Ma anche in questo caso l’esperienza dura poco: nel gennaio 2018, infatti, esce sul sito un articolo dal titolo Fire and Fury, nel quale si criticano aspramente Ivanka Trump e Jared Kushner. La famiglia Mercer non vuole rompere definitivamente i legami ed i rapporti con la famiglia Trump, dunque Bannon appare come vittima sacrificale di questo intreccio. L’ex stratega del presidente dà le dimissioni da direttore di Breitbart il 9 gennaio 2018» (Indelicato) • «In tutto ciò, a livello politico le cose vanno malissimo: diversi candidati repubblicani sostenuti da Bannon perdono sonoramente le primarie, e uno (Roy Moore) deve farsi da parte a causa di una serie di accuse di molestie sessuali contro delle adolescenti. Dopo essere stato ricacciato nei più negletti margini politici statunitensi, l’ex consigliere di Trump decide quindi di ripartire da zero, e di farlo in un posto in cui è poco conosciuto: l’Europa».
The Movement Tra il 2018 e il 2019, è a Parigi, Roma, Praga, Budapest: dice di voler fondare una specie di alleanza tra tutti i partiti populisti europei • «Lo chiameremo Il Movimento, la nostra sarà una democrazia cristiana tradizionalista» • «Quello che sto cercando di fare è creare un’infrastruttura globale per un movimento populista globale» • «Che tipo di sostegno offre ai sovranisti europei? “La possibilità di fare eventi insieme, dove la gente condivide idee. Poi faremo sondaggi in profondità, che non sono mai stati fatti nelle elezioni europee, su base nazionale, provinciale, sui segmenti sociali”» (Federico Fubini, Corriere della Sera, 22/10/2018) • Dice di avere grandi finanziatori alle spalle, si fa pagare per tenere conferenze, rilascia interviste e dichiarazioni sulla politica europea • «Una battaglia culturale in stile gramsciano» • Eppure, secondo Politico, fino al 2018 non sapeva nemmeno dell’esistenza del Parlamento Europeo • «Dopo quaranta minuti di monologo in cui Bannon ripete tutte le parole d’ordine dell’internazionale nazionalista – la difesa dei confini, la riscossa dell’uomo comune, la sinistra al servizio della finanza – è il momento delle domande: giornalisti della carta stampata e della tv […] si danno il cambio in un’avvincente gara di adulazione dell’ospite. Il più agguerrito è senza dubbio Gennaro Sangiuliano, il direttore del Tg2, che vuole dimostrare di poter essere più “bannoniano” di Bannon. “Gli otto uomini più ricchi del mondo sono quasi tutti liberal e di sinistra, questo significa qualcosa?”, chiede Sangiuliano. L’ospite, che probabilmente non si aspettava di essere superato a destra dal suo intervistatore, esita un attimo, poi è costretto a spiegare che al mondo esistono anche tanti ricchi di destra. Sangiuliano chiude citando Giuseppe Prezzolini: “Diceva che il progressista è la persona di domani, il conservatore è la persona di dopodomani”. Bannon sorride, è una frase bellissima, dice, e il direttore del Tg2 può tornare al suo posto tra gli applausi, come un alunno premiato con una pacca sulla spalla dal maestro dopo l’interrogazione» (Internazionale) • Ma gli rispondono picche un po’ tutti e a un anno e mezzo di distanza l’iniziativa non è mai decollata • «Quando arriva un signore come Steve Bannon a dirci cosa dobbiamo fare per distruggere l’Europa, allora dico: “Caro signor Bannon tornatene a casa, se vuoi fare il turista, fai il turista, oppure è meglio che stai zitto”» (Antonio Tajani) • «C’è chi dice che le varie apparizioni in Europa sono solo una questione di ego, un modo per sentirsi importante all’estero dopo avere perso punti in patria, o forse una strategia per rientrare nelle grazie dei Trump» • «Ha tentato varie carriere, ma ora ha trovato quella che gli dà più soddisfazione. Ha sempre voluto essere importante, contare, avere soldi. Non ha soluzioni economiche né visioni molto articolate […] ma si considera un grande uomo della storia e vuole consolidare quest’idea» (Alison Klayman, che ha girato un documentario su di lui).
Vita privata «Ha avuto tre mogli, tre figlie, tante vite» (Corrias) • Nel 1996 è stato accusato dalla sua seconda ex moglie di violenze, ma l’accusa è caduta perché lei non si presentò mai in tribunale.
Giudizi «Un milionario circondato da miliardari, quelle élite che dice di detestare ma che non hanno nulla da temere da lui, anzi, lo finanziano» (Klayman) • «Non è né un novello Rasputin né tantomeno chissà quale “prodigio politico”; è semplicemente uno molto bravo a vendersi - e reinventarsi - sia agli investitori che ai giornalisti. È del tutto evidente che la spasmodica (e gratuita) attenzione mediatica riservatagli vada tutto a suo beneficio» (il politologo olandese Cas Mudde) • «Quando l’ho licenziato, Steve non ha solo perso il lavoro, ha perso la testa» (Trump).
Scuole Avrebbe dovuto aprire una scuola di formazione politica in un’ala della Certosa di Trisulti, monastero benedettino vicino a Collepardo (provincia di Frosinone). Era stata data in concessione al suo Dignitatis Humanae Institute – 100mila euro all’anno per 19 anni - ma il ministero della Cultura gliel’ha revocata perché l’istituto non aveva i requisiti previsti dal bando di assegnazione.
Curiosità Sul caminetto della sua casa in Texas tiene una foto della figlia Maureen, in mimetica, seduta sul trono di Saddam in Iraq • Quando faceva il produttore, finanziò Lupo solitario, primo film di Sean Penn come regista • È a dieta, deve perdere 16 chili • «“Aveva un problema di alcol, ha smesso di bere e sta cercando di fare una vita più salutare. Ma è impossibile perché ha sostituito quella dipendenza con l’essere workaholic, quindi vive di caffeina, non ha orari” Ha sempre la faccia sul cellulare, pensavo stesse sui social, ma ho notato che su Instagram e Facebook ha pochi follower, su Twitter supera i 50 mila ma gli ultimi post sono del 2014. “Non li usa. Chatta di continuo con il suo staff o i giornalisti, con cui è in costante contatto perché per lui non esistono ‘cattivi media’, basta che diffondano le sue idee» (intervista alla Klayman) • Sloppy, il soprannome datogli da Trump, si può tradurre come sciatto, disordinato, negligente o superficiale • «Il giornalista Michael Wolff dice che lei usa The Movement per arrivare alla Casa Bianca  “È ridicolo, non ho aspirazioni politiche, sono uno che opera dietro le quinte. Wolff parla così per vendere libri. È una fake news. Io non mi candiderò mai. Come mi posso candidare se mi vesto così?” (Viviana Mazza, Corriere della Sera, 30/12/2018).
Titoli di coda «Il solo fatto che stai facendo un articolo su di lui è parte della sua strategia» (Eric Maurice, della Fondazione Schuman, ufficio di Bruxelles).