La Stampa, 26 novembre 2019
Tra profumi e puzze, l’olfatto ci condiziona così
Se dopo aver dato la mano a uno sconosciuto l’istinto è annusarla, non preoccuparsi. Tutto ok, il meccanismo più o meno è quello visto tante volte nei cani, che usano il naso per conoscersi.
Sul perché succeda - forse un retaggio evolutivo - ancora però non si hanno vere e proprie risposte. L’olfatto umano resta un senso in gran parte misterioso, di sicuro sottovalutato, e che ha molto a che fare con la nostra natura più selvaggia. Addirittura, forse, l’olfatto non esiste.
Misteri e miti da sfatare che Anna D’Errico affronta nel libro «Il Senso Perfetto» (Codice Edizioni), neuroscienziata e ricercatrice alla Goethe University di Francoforte e autrice di un blog omonimo, sottotitolo: «Di odori improbabili e puzze (im)possibili». «Sono sempre stata affascinata dagli odori - ci racconta -. Molto di quello che definiamo gusto è in realtà olfatto. Basta ricordarsi che con il raffreddore e naso intasato non sentiamo più i sapori. E così ho avuto l’idea di utilizzare un approccio scientifico per sbugiardare alcune credenze. Per esempio, i ferormoni. Molecole prodotte da ghiandole esocrine che nel mondo animale vengono utilizzate per comunicare e che regolano diversi meccanismi della vita sociale. Per gli umani è ancora da dimostrare, se esistono davvero. Anche se l’odore è importante nella relazione fisica tra umani, funziona a un livello diverso, più complesso».
Le motivazioni del perché il nostro naso sia stato a lungo snobbato sono da cercarsi nella cultura occidentale. Anche perché, contemporaneamente a questa svalutazione olfattiva, spendiamo un sacco in deodoranti e profumi: negli Usa solo nel dicembre 2018 più di 958 milioni di dollari se ne sono andati in fragranze. «L’olfatto è stato sempre considerato un senso animalesco, perché dà sensazioni viscerali. Mentre vista e udito sono più nobili, connessi all’intelletto - spiega la ricercatrice -. Poi è diffide da descrivere, siamo molto poco abituati a farlo. Inoltre si è creduto a lungo che, da un punto di vista genetico, avessimo un olfatto poco sofisticato. Invece esperimenti recenti ci hanno fatto comprendere che sappiamo riconoscere molto bene gli odori. Il problema è che non abbiamo mai allenato il nostro naso a farlo più efficacemente».
Altra curiosità che racconta D’Errico è che un odore, anche terribilmente forte, non può svegliarci nel sonno. «Annusiamo mentre dormiamo, ma gli odori non ci svegliano come un suono o una luce, perché l’olfatto funziona diversamente dagli altri sensi che mandano informazioni al cervello, passando dal talamo che fa da centralino. Invece dal naso l’informazione va diretta all’area limbica».
Quella che studia l’olfatto è una scienza giovane, anche perché, in un certo senso, l’olfatto non esiste: è un senso chimico. Sono le molecole emesse da corpi e sostanze a generare la sensazione che definiamo odore. Ed è un’esperienza soggettiva, che si forma nella nostra testa: l’informazione viene rielaborata dal cervello e diventa puzza o profumo anche a seconda di esperienze, ricordi ed emozioni personali. Ecco perché un’Intelligenza Artificiale non lo potrà mai replicare: se l’odore viene generato da molecole fisiche, non può essere digitalizzato.
Eppoi la componente psicologica è fondamentale. Da qui una buona notizia: la puzza perfetta non c’è. Sono anni che ci lavora il dipartimento della Difesa Usa: trovare un odore orrendo in grado di mandare le persone nel panico, suggerendo qualcosa di nocivo, e di disperdere le folle ed essere usata come arma. Ma il compito si è rivelato più complicato del previsto. Le ricerche di Pamela Dalton del Monell Chemical Senses Center di Philadelphia sono, a questo proposito, esilaranti: il puzzo di vomito piace al 3% dei caucasici, che lo avrebbe dirittura indossato come profumo. Mentre l’odore di fogna era ok per il 14% degli ispanici e addirittura edibile per una percentuale di asiatici. Morale: quella che è una puzza per me può essere quasi un profumo per te. E siamo salvi.