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 2019  novembre 26 Martedì calendario

Le bande dell’Est dietro i furti più grossi

Le telecamere rimandano le immagini di due sospetti, due potenziali componenti della banda di ladri che ha lasciato nell’incredulità l’intera Germania per aver rubato – con una certa facilità – circa un miliardo di gioielli preziosissimi che faranno chissà quale fine. Perché la vita delle opere d’arte trafugate, non sempre finisce bene. Gli investigatori che contrastano questo tipo di crimini sono segugi che non mollano facilmente la presa, ma i ladri di patrimoni culturali e artistici molto spesso non hanno la consapevolezza del valore dell’oggetto che sottraggono. Quando il colpo non è su commissione, tentano di smembrare i preziosi, e questo finisce per svalutarli.
Qualche anno fa, a Roma, vennero rubati gli ori di Villa Giulia, un clamoroso furto di gioielli che hanno preso il volo dal museo etrusco. I ladri entrarono in azione con asce e fumogeni, ma il clamore suscitato, alla fine li ha fregati. Sono stati arrestati, e nell’inchiesta è finita una ricca committente russa insieme con un antiquario mediatore romano.
A mettere le mani sulla banda sono stati i carabinieri del Nucleo tutela patrimonio culturale, gli stessi che hanno il compito di gestire la più grossa banca dati esistente nel mondo (seconde, la francese e quella dell’Interpol). Oltre un milione e 300 mila opere catalogate e conservate per moduli, le cui ricerche non vengono mai interrotte. Del resto, l’Italia, proprio perché possiede una quantità di opere infinite, è anche – tristemente – il primo paese al mondo per furti darte. Un traffico che vale globalmente 9 miliardi di euro e che registra solo nel nostro Paese una media di 20 mila furti all’anno, 55 al giorno.

IL MISTERO
Sono passati 50 anni dal giorno in cui è scomparsa dall’oratorio di San Lorenzo a Palermo, la Natività di Caravaggio. Era la notte tra il 17 e il 18 ottobre del 1969. Il quadro è considerato il Matteo Messina Denaro dell’arte, cercato ovunque e mai trovato. «È stato un furto commesso dalla mafia – hanno raccontato alcuni pentiti di Cosa Nostra – Ed è stato distrutto».
Eppure, poco meno di un mese fa, durante una serie di incontri culturali, Vittorio Sgarbi ha rivelato: «Ho incontrato una persona che mi ha dato dei segnali che mi confortano a pensare non solo che l’opera non sia stata distrutta, come qualche pentito ha detto, ma che non è stata rubata dalla mafia, e che riapparirà». 

DE CHIRICO
Qualcosa di simile è successo con due De Chirico. Rubati a Cortina 50 anni fa, sono stati recentemente recuperati a Londra. Hanno girato da un proprietario a un altro, da un mediatore a un altro, e alla fine sono stati ritrovati, proprio perché i detective dell’arte non mollano la presa.
In Italia ogni opera è catalogata, fotografata e conservata nel date base, che è stato creato nel 1980, insieme con i capolavori sottratti in tutto il mondo. Non solo in Europa, ma anche in Messico, in Argentina, in America. Tra i più scaltri sono considerati i ladri dell’Est. Hanno dimostrato in diverse occasioni di saperci fare, anche se nei furti d’arte è difficile dare una connotazione precisa a chi ruba. Le dinamiche, dietro un colpo di questa natura, sono spesso le più strane. Basti pensare a quando sparì La Gioconda dalla parete del Louvre. Era il 1911, e una bella mattina il quadro non c’era più.
Di quel furto furono sospettati persino Apollinaire e Picasso (il primo anche arrestato), per aver sempre manifestato la voglia di svuotare i musei e di riempirli con le loro opere. Le autorità francesi sono arrivate a pensare a un colpo di Stato dei tedeschi, che non solo – consideravano – stavano tentando di rubare le colonie in Africa, ma volevano depredarli anche dei loro capolavori.
Per ben due anni nessuna traccia si è avuta della Monna Lisa, fino al 1913, quando il quadro è ricomparso a Firenze. E si è scoperto che a rubarlo era stato un imbianchino italiano, Vincenzo Peruggia. Voleva restituire all’Italia quel capolavoro che – a suo dire – ci era stato rubato da Napoleone.