il Fatto Quotidiano, 25 novembre 2019
I figli illegittimi di Vittorio Emanuele II
Nessun giorno della vita della Regina Margherita è sfuggito alla penna di Luciano Regolo, autore di Margherita di Savoia. I segreti di una regina (Ares, 824 pagg., 29, 90 euro). Le pagine di questa monumentale biografia scorrono veloci, perché sono scritte con rigore e riportano risvolti segreti della vita della prima sovrana d’Italia, ma anche della storia dei Savoia e del nostro Paese.
Il volume segue Margherita dalla nascita, come Duchessina di Genova, cugina del futuro marito. La famiglia in cui ella era nata non era scevra da pettegolezzi: una diceria, inverosimile ma dura a morire, infatti, voleva che il suocero, Vittorio Emanuele II, fosse in realtà figlio d’un macellaio fiorentino, tale Tanaca, e che la sostituzione fosse avvenuta perché il vero principino sarebbe morto a due anni, nell’incendio che al Poggio Imperiale di Firenze avvampò attorno alla culla e uccise la nutrice. E questo senza contare gli altri pettegolezzi, molto più sostanziosamente veritieri, che circolavano su Vittorio Emanuele II adulto, a proposito della sua irresistibile propensione per il gentil sesso, il che avrebbe fatto sì che, sparsi per l’Italia, avesse una decina di figli naturali.
Mentre Giuseppe Garibaldi si guadagnò il soprannome di “eroe dei due mondi” per le sue imprese di guerra condotte anche in America Latina, il re dell’Unità d’Italia, che incontrò Garibaldi a Teano nel 1860, si è guadagnato sul campo il titolo di “eroe dei dieci letti”.
Tornando a Margherita, lei era un vero genio delle pubbliche relazioni, tale che oggi avrebbe bagnato il naso alle varie Kate e Meghan, pur dotate di nutrito staff di assistenti. Ella seppe
sempre esaltare benissimo la sua bellezza: l’incarnato candido, lo sguardo languido e soprattutto il portamento della principessa ne compensavano, e anzi eclissavano, i difetti fisici, quali il naso aquilino, le gambe un po’ tozze e il sedere basso, che, quando ella, come tutte, con gli anni prenderà dei chili fatali, arriverà, secondo le parole delle dame di Corte più perfide, “ai talloni”.
MATRIMONIO IN TRE
Margherita si trovò in una posizione scomoda, ovvero, come disse Lady
D in una celebre intervista televisiva,
anche il suo matrimonio era troppo
affollato, perché “erano in tre”: dal
1863, infatti, Umberto soggiaceva al
fascino della Duchessa Eugenia Litta,
incontrata quando il principe aveva
diciotto annied ella era una navigatissima
venticinquenne, che aveva avuto,
fra l’altro, una liaison anche con
Vittorio Emanuele II e che forse darà
a Umberto un figlio, Alfonso Serafino,
ufficialmente riconosciuto dal marito
dilei,mala cui nascita viene beffardamenteannunciata
dal periodicomondanoCronaca
Bizantina.MaMargherita
non cedette ai sentimenti rivalsa:
sublimò le sue delusioni per la causa
della dinastia. Lei e Umberto fecero
gioco di squadra e in questo il sodaliziofu
perfetto;a tal punto cheMargherita,
dopo l’assassinio di Umberto,
concesse a Eugenia Litta di restare
per quaranta minuti a tu per tu col
cadavere del re. Il gestoa cortefu qualificato
come persino “troppo nobile”,
ma la dice lunga su come l’indole
emotiva di Margherita fosse stata forgiata
alla disciplina e a unferreo autocontrollo.
Margherita rivela la sua capacità
di conquistarei cuori dei sudditi
durante prima visita a Napoli, dove
eramolto temuta una reazionenegativa
da parte dei nostalgici dei Borboni;
nel 1899, poi, le verrà anche dedicata
la famosa pizza. Il futuro re Vittorio
Emanuele nascerà proprio a Napoli: e
poichéMargherita non potrà avere altri
figli, si diffonderà la calunnia che
ella avesse partorito una bambina, tale
Giuseppina Griggi (il cuifigliointraprenderà
addirittura una vana azione
legale per accampare diritti), e che, in
nome degli obblighi dinastici, l’avesse
sostituita con un maschio,figlio del
marito e d’una inesistente dama, Virginia
Bolognetti, nome, però, stranamente
assonante con Eugenia Bolognini
Litta.
La regina si fece anche la nomea di
“angelo dei poveri”, dispensando forti
cifre in sussidi ed elemosine; forse
pensando alla fortuna del figlio, alla
cui educazione si dedicherà con strenue
attenzioni, rispetto ai coetanei in
un Paese segnato dalle ristrettezze
economiche, fu antesignana della
“adozione a distanza”, mantenendo
agli studi una ragazza piemontese
che voleva diventare suora, la quale
riceve 310 lire; 312 sono destinate a
una napoletana, 350 a una milanese
dell’Istituto dei ciechi: lasciti che si ripetono
sino a che le beneficiarie non
abbiano completato gli studi. E il
principino?Vittorio Emanueleè gracile,
ma il suocero e nonno re omaggia
la neo-mamma come dono per la nascita
dell’erede con unafantastica collana
di zaffiri e diamanti, uno dei tanti
gioielli strepitosi di Margherita.
SPENDACCIONA
Il volume di Regolo sviscera anche
la sua passione per abiti sontuosi e
gioielli: il vestito di nozze, cucito dalla
modista francese con atelier a Milano,
Josephine Lebrun, costerà 14785
lire, l’equivalente di 49mila euro, e altre
6082 lire costerà il guardaroba per
il viaggio all’estero. Per tutta la vita
Margherita andrà a caccia delle migliori
sarte, con un accanimento da
farinvidia allefashion victim piùinveteterate.
Addirittura, pare che un anno,
avendo Umberto chiesto a un segretario
della regina che cosa donarle
per Natale, il gentiluomo osò suggerireche
cheMargheritaavevamoltefatture
da saldare. Il Re disse subito che
gli si portassero i conti, li pagò, e al
pranzo festivo mise le ricevute sotto il
piatto di Margherita. Non c’era alcun
altro regalo; ma pare che la regina abbia
accettato lo scherzo, diventando
meno spendacciona – benché alla
nuora Elena, molti anni dopo, dirà
convinta che “nulla di davvero bello è
costoso per una regina”. E pensare
cheMargherita nonerala “prima scelta”
come moglie di Umberto: il matrimonio
con Matilde d’Asburgo, figlia
del duca di Baviera, andò, il 6 giugno
1867, letteralmente in fumo perché
nel castello diHetzendorf,la duchessina,
avvolta in un abito di tulle per andarea
teatro, si eraaccesa una sigaretta
di nascosto: piacere proibitole dal
padre, che la poveretta cercò di nascondere
mettendo la mano che reggeva
la sigaretta dietro la schiena: il
vestito prese fuoco e la povera Matilde
perì per le ustioni.