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 2019  novembre 25 Lunedì calendario

Sempre più ingegneri donne

Sono gli anni Venti quando Emma Strada si presenta in cantiere con la gonna lunga fino ai piedi e il cappello con la veletta. Non ha paura di impolverarsi e vede errori e problemi di logistica con un colpo d’occhio. Al suo passaggio tutti gli operai si girano, curiosi. Perché è una donna e per di più è una donna ingegnere. Ma la chiamano «signora», non ingegnere. Troppo per l’epoca. Eppure è la prima a laurearsi in Italia, nel 1908, al Politecnico di Torino. Prende il massimo dei voti, classificandosi terza su 62 partecipanti al corso. E firma lavori importanti come la costruzione di parte dell’acquedotto pugliese e di una miniera a Macugnaga, sul Monte Rosa. 
Il suo esempio è stato seguito da molte altre e oggi in attività c’è un esercito di 37mila ingegnere. Ancora, dopo un secolo, nei cantieri ci si gira al loro passaggio, anche se non indossano più la gonna e la veletta ma scarpe anti infortunistica e casco di sicurezza. Insomma, l’ingegno al femminile sembra ancora una novità. Eppure è una delle poche voci in cui l’Italia detiene il primato rispetto agli altri Paesi europei. Secondo i dati del Consiglio nazionale degli ingegneri, è aumentato progressivamente il numero delle laureate in materie scientifiche, così come quello delle «ingegnere»: nel 2017 le laureate in ingegneria erano il 28% del totale contro il 16% del 2000. Le statistiche internazionali vedono la Francia ferma al 26%, l’Olanda e il Belgio al 24%, l’Inghilterra al 23% e gli Stati Uniti al 20%. Quanto alle laureate nelle cosiddette discipline Stem in generale (scienze, tecnologia, matematica) sono il 39% del totale. Superiamo Francia, Regno Unito e Olanda. Perfino Paesi scandinavi e Stati Uniti. 
«Stanno cadendo gli ostacoli culturali che ancora fanno percepire le discipline tecniche, e l’ingegneria in particolare, come ostiche più alle donne che agli uomini – spiega Armando Zambrano, presidente Cni -. Siamo lontani da traguardi di equità anche in questo campo, ma l’Italia ha fatto passi avanti considerevoli. Ad oggi le donne iscritte all’albo professionale sono il 15% del totale, mentre nel 2012 erano il 12%». 
IL CONFRONTO CON I COLLEGHI
Tuttavia la strada da percorrere è ancora lunga per colmare il gap uomo-donna: uno studio dell’Unesco dimostra che in Italia solo lo 0,04% delle ragazze di 15 anni prevede di affrontare studi universitari nel campo dell’ingegneria a fronte dell’1% dei compagni della stessa classe. 
Altra distanza da limare riguarda le opportunità di lavoro. Che, no, non sono le stesse, non ancora. Il tasso di occupazione non è lo stesso: a fronte dell’83% degli uomini assunti, le donne assunte sono il 74%. Differenza, questa sì, molto più marcata rispetto a Francia, Inghilterra e Germania. Cioè: là si laureano meno donne in ingegneria ma trovano lavoro più in fretta. In Italia le ingegnere sono un mini esercito alla carica ma faticano a sfondare. 
Non solo. A parità di ruolo e competenze, sono ancora parecchie le differenze di retribuzione rispetto ai colleghi maschi. In base ai dati Eurostat, il Consiglio nazionale degli ingegneri ha fotografato lo stato dell’arte ed emerge una differenza di stipendio uomo-donna pari al 29%. Un po’ troppo se si considera che nelle altre professioni il distacco non supera il 5%. 
A raccontare dei pregiudizi iniziali e delle difficoltà delle donne ingegnere a farsi spazio è anche Ania Lopez, unica consigliere donna del Cni. «Il fatto che io sia l’unica donna a ricoprire una carica nel Consiglio nazionale già la dice lunga. Ci terrei a non parlare di quote rosa ma di competenze e qualità, pari a quella degli uomini, che tuttavia fanno più fatica a emergere. Le nuove generazioni stanno cambiando ma c’è ancora molta strada da fare. Consideriamo poi che per una donna libera professionista è difficile anche partecipare a convegni all’estero o a corsi di aggiornamento della categoria perché necessariamente deve conciliare il lavoro con la famiglia. Ho conosciuto ingegnere donne eccellenti, davvero preparate. E tutte hanno una caratteristica comune: la resilienza. Grazie alla loro tenacia ce l’hanno fatta». 
Ania Lopez si dice stupita anche dai dati europei: «La rappresentanza femminile è ancora del tutto insufficiente. Se si può dire che l’Italia abbia fatto un importante pezzo di strada, l’impressione è che a livello di Europa ci si sia fermati». Per spronare la svolta, la consigliera dal 2013 sta promuovendo il progetto «Ingegno al femminile, storie che lasciano il segno» per promuovere e tutelare le professioniste che ancora troppe volte si sentono delle pecore nere mal pagate e non riescono a mettere realmente a frutto la loro professionalità.
Tuttavia l’inversione di rotta rispetto al passato è ormai evidente. A raccontare del cambiamento è anche il premio Gamma Donna 2019 dedicato all’imprenditoria innovativa femminile, che comprende ingegnere e imprenditrici. I riconoscimenti sono andati a progetti di idroponica, a soluzioni ingegneristiche per tutelare la struttura del Louvre e la Torre di Pisa, a mobili-giocattolo per i bambini che crescono assieme alle loro esigenze, a tacchi innovativi per le scarpe e a veicoli futuristici. Tutti disegni firmati da donne. 
LE IDEE
Alla faccia del numero di start up femminili minore rispetto a quello di imprese emergenti maschili, Martina Cusano ha lanciato Mukako. Lei, 38 anni, laureata in Bocconi con un master ad Harvard ha fondato una piattaforma e-commerce specializzata in prodotti per bambini e ha progettato il tavolino-gioco che cresce assieme al bambino, cambia forma e funzione. Giorgia Pontetti, laurea in ingegneria astronautica, ha fondato la Ferrari farm, coniugando le sue origini (nipote di contadini, figlia di ingeneri). Ha progettato l’impianto idroponico più pulito di una sala operatoria, non inquinante e non inquinato, interamente computerizzato, in grado di far crescere piante anche i territori senza acqua, sottoterra o in città inquinatissime. Il prodotto più innovativo del 2019 è invece l’abbigliamento trasformabile progettato dalle sorelle pamela e Federica Agostini. L’idea è che un vestito possa trasformarsi in altro e avere più di una vita e di una funzione, grazie a una ricerca sulla qualità dei tessuti e sui tagli. 
NON PARLATE DI QUOTE ROSA
Non sono una specie da tutelare nella sostanza del lavoro. Anzi, le donne ingegnere sembrano cavarsela benissimo anche all’estero. L’ultima conferma arriva da Los Angeles. È un’italiana la vincitrice del premio Franco Strozzabosco per giovani ingegneri. Si chiama Elisa Franco ed è professore associato in Ingegneria aerospaziale e meccanica all’università della California. Il suo gruppo sta lavorando a una ricerca che potrebbe avere un impatto importante per future terapie mirate contro alcune gravi patologie. Di fatto sviluppa componenti biologici artificiali usando Dna e Rna per applicazioni che includono nuovi materiali, biosensori e somministrazione mirata di farmaci.
O ancora. Al vertice della ArianeGroup, la società di lanciatori spaziali con sede a Parigi e novemila dipendenti, c’è un’ingegnera italiana, fresca di nomina. Si chiama Morena Bernardini ed è il nuovo direttore della strategia. Laureata in ingegneria aerospaziale alla Sapienza di Roma, a soli 36 anni è l’unica donna dell’azienda e guida uno staff di soli uomini. Insomma, i risultati ci sono, eccome. E la speranza arriva dai numeri, secondo cui la facoltà di Ingeneria resta ancora la prima scelta per molti studenti (e studentesse). Le matricole che hanno appena cominciato a frequentare i corsi sono aumentati rispetto all’anno scorso: dell’8,4% in ingegneria civile e ambientale, del 12% in ingegneria dell’informazione, del 12% in scienze e tecnologie informatiche, del 23% in tecniche dell’edilizia. E se si considera che l’Italia, in generale, è il penultimo Paese in Europa per numero di laureati, queste percentuali acquisiscono ancora più significato.
Altra speranza per cambiare gli equilibri arriva dalle politiche sulle Pari opportunità a cui il governo sta lavorando. La delega al responsabile politico prevede anche la promozione e il coordinamento di azioni che promuovano le pari opportunità tra uomo e donna sia per l’inserimento nel mondo del lavoro sia, a parità di titolo e competenze, per la stessa retribuzione. 
Il progetto fa parte di un disegno più ampio che, nel mondo del lavoro, punta alla qualità della vita delle persone e a conciliare meglio il tempo impiegato per le attività personali (in primis il ruolo di mamma) con la carriera, senza dovere scegliere l’una o l’altra e perché la professione sia sempre meno ostacolata o rallentata.