il Giornale, 25 novembre 2019
Vademecum di Fruttero & Lucentini
Sono una coppia, quindi è giusto che il «Meridiano» sia doppio.
Autori: Carlo Fruttero (1926-2012) e Franco Lucentini (19202002). Titolo del volume, in due tomi: Opere di bottega (Mondadori). Contenuto: quattordici titoli, da Notizie degli scavi di Lucentini (1964) al congedo di Fruttero col poemetto La linea di minor resistenza (2012), attraverso tutti i testi più importanti firmati insieme (nel 1958 aprirono la florida ditta F&L), più una corposa introduzione di Domenico Scarpa e – tradizione della prestigiosa collana mondadoriana – una «Cronologia» che è a tutti gli effetti, viste le avventure esistenziali e professionali dei due protagonisti, un altro romanzo. E forse fra i più divertenti da leggere: provate.
Fruttero e Lucentini costituiscono la più celebre coppia di scrittori del nostro ’900. E non solo per quanto riguarda il giallo, la fantascienza o il giornalismo (insieme firmano romanzi, saggi, rubriche, traduzioni, sceneggiature e antologie). Ma per quanto riguarda la letteratura tout court. Il fatto è che oltre a essere bravi F&L erano troppo commerciali (a partire dalla «&» della firma) e, come sempre accade, essere popolari e vendere molto in Italia è un limite. Che peraltro tutti gli scrittori vorrebbero avere. Comunque: dare conto in un semplice articolo dell’opera e la vita di Fruttero e Lucentini, che stanno strette persino in un doppio Meridiano, è arduo. Ma, pescando soprattutto nel ricchissimo saggio introduttivo di Domenico Scarpa, si può tentare di raccontarne alcuni aspetti meno conosciuti. Ad esempio:
DANNUNZIANI F&L, preferendola a quella di moltissimi scrittori del ’900, amavano la prosa di Gabriele D’Annunzio (cui dedicarono peraltro uno straordinario scritto: D’Annunzio dall’aereo al metrò, storia dei mezzi di trasporto nei romanzi del Vate). Se poco interessava loro dei personaggi e della trama dei libri di D’Annunzio, ne apprezzavano la lingua: il senso del ritmo, il suono, la scelta delle parole... E poi c’era l’ammirazione, ironica, per l’onnivora bulimia sociale del personaggio-D’Annunzio. Alla domanda: «Ma oggi D’Annunzio andrebbe ospite da Raffaella Carrà?», rispondevano: «Ma sarebbe lui la Carrà!».
AMICI MA NON «COMPAGNI» Il motivo per cui nel 1961 Fruttero e Lucentini escono dall’Einaudi – di solito lo si ricorda malvolentieri, o lo si dimentica del tutto – è che l’ambiente dello Struzzo stava loro ideologicamente molto stretto. Se ne vanno per insofferenza politica. Vogliono più libertà, sia per come pensare sia per le cose da fare. Fruttero, quando lo ricorderà, più avanti negli anni, carica un po’ le tinte: ma la verità è che a loro, dell’impegno che va molto di moda all’epoca, interessa zero. Stanno lontano dal Partito e vicino agli autori meno connotati politicamente. Beckett, Robbe-Grillet, Borges, Salinger... All’engagement preferiscono la Science fiction, ai proclami le storie di fantasmi. A loro interessava il fatto letterario, il raccontare per raccontare. Erano, con declinazioni sfumate, due anarco-libertari che non vogliono sprofondar nella palude ideologica di quegli anni.
NÉ SINISTRA NÉ DESTRA Anche quando nel 1974 F&L accettano l’invito di Indro Motnanelli a scrivere per il suo Giornale, lo fanno non per motivi ideologici. Lo fanno da una parte per riconoscenza (Montanelli li aveva difesi quando il colonnello Gheddafi, che partecipava al capitale Fiat, chiese il loro licenziamento dalla Stampa per un pezzo ironico sui suoi rapporti con gli Agnelli) e dall’altra perché sul nuovo quotidiano avrebbero potuto azzardare un esperimento giornalistico fuori dal tempo: il feuilleton. E così, scrivendo ogni giorno il fogliettone di Terza pagina, per venti puntate, nacque Il significato dell’esistenza...
ALTO&BASSO F&L furono in fondo i più bravi a tenere in equilibrio perfetto la cosiddetta cultura alta con la cosiddetta cultura mainstream. Coltissimi, si sporcavano le mani con tutti i generi, dalle storie di guerra al fumetto, dal rosa all’horror, dal western al fotoromanzo. Sapevano scendere dal «livello A» al «livello B», e poi risalire, divertendosi e divertendo il lettore. Certo, anche Italo Calvino giocava con i generi letterari. Ma non al punto di praticare in proprio il romanzo popolare come loro si proponevano di fare, e alla fine fecero. Per dire: negli anni ’70 Calvino studia a livello teorico quello che loro invece fanno in pratica. La commistione tra alto e basso. Attenzione: F&L distinguono benissimo il «livello A» dal «livello B». Sanno che Ken Follett non è uguale ad Ariosto. Ma senza snobismi leggono entrambi, e li «usano». Li mischiano, li contaminano. Sono spregiudicati, sperimentatori, «pasticcioni-pasticcieri». E i prodotti che sfornano, sono ottimi oltre che essere per tutti.
NO A NEGRI, PEDERASTI E PACIFISTI Da segnalare un documento trovato in archivio dal curatore del Meridiano: la lettera che Fruttero, a nome di entrambi, scrive a Vittorio Sereni quando entrano in Mondadori (ottobre 1961) per spiegare la propria «filosofia». Dove si legge: «I nostri criteri generali di lavoro sono la leggibilità e la validità estetica. In altre parole, a un racconto di guerra brutto ma interessante, perché il protagonista è negro, o pederasta o pacifista noi non ci vergogniamo di preferire un racconto di guerra bello, dove il protagonista si limita a sparare, a detestare il sergente, ad avere paura, fame ecc...». Un passaggio così politicamente scorretto che piacerebbe moltissimo al Bret Easton Ellis di Bianco.
L’IMPORTANTE È IL BELLO, NON IL BUONO Che poi: F&L non sono neppure politicamente scorretti. Sono insofferenti sì al clima Einaudi, ma semplicemente seguono un’altra strada: a loro interessano i valori assoluti del Bello e del Godimento, che di volta in volta possono trovare in una rivista di pulp fiction o una pagina di D’Annunzio. Davanti a tutte le avanguardie o movimenti impegnati, di qualsiasi colore siano, loro svicolano. Liberi dal ricatto morale, dagli snobismi raffinati, dai paternalismi pedagogici. Un buon motivo per (ri)leggerli.
LABORATORIO Il loro credo (ed ecco spiegato il titolo del Meridiano: Opere di bottega) è l’artigianalità. F&L, nel ruolo di redattori, romanzieri, saggisti o traduttori, lavorano come contadini. Per loro la scrittura è qualcosa che spacca le ossa. Una fatica (il romanzo La donna della domenica è un cantiere sterminato, tra riscritture, correzioni, cambi di progetto...). F&L non fanno discorsi ideali e di metodo. Sono artigiani che tagliano, cuciono, costruiscono trame e frasi. È gente che usa e pratica i verbi d’azione, il gesto, il «mettere le mani in pasta». Le loro unghie sono sporche della creta della finzione. Fiction come «fare», come valore etimologico della parola.
NIENTE PREMI Può sembrare strano, ma F&L, che vendettero moltissimo, insieme non vinsero alcun premio. Anche di fronte alla evidenza cioè una qualità letteraria altissima – la critica, con pochissime eccezioni, forse giusto Pietro Citati, non li riconobbe all’epoca. Erano considerati furbi e abili manipolatori, e i loro prodotti troppo popolari, un po’ farlocchi. Quando invece ciò che esce dal loro laboratorio è frutto di una cultura che il 90% degli scrittori italiani se la sogna.
IL PRINCIPIO ERA IL VERBO Per F&L – come per tutti gli scrittori davvero grandi – la parola, la lingua, sono tutto. Volevano (ri)fondare un italiano letterario che fosse efficace dal punto vista comunicativo, plausibile dal punto di vista della resa e di assoluta dignità stilistica. E ci riuscirono. Se è vero che sulla trama e sulla struttura del romanzo si sono ammazzati di lavoro, l’attenzione per il linguaggio era persino superiore. Volevano che ci fosse un colpo di scena linguistico non a ogni pagina, ma a ogni capoverso.
AGNELLI INEDITO Nell’archivio di F&L c’è anche un inedito molto curioso: Vita segreta di Giovanni Agnelli. Un romanzo d’appendice illustrato in stile primo ’900 – una sorta di prequel del fotoromanzo – fatto con disegni e lunghe didascalie in cui s’immagina una pseudo vita dell’Avvocato. Rimasto incompiuto, sopravvivono una trentina di immagini commentate.
CRETINO Al cretino F&L hanno dato, dal punto di vista letterario, tantissimo. La prevalenza del cretino (1985), La manutenzione del sorriso (1988) e Il ritorno del cretino (1992). Ma chi è – davvero – il cretino? Colui che vorrebbe essere anticonformista e sogna velleitariamente di essere unico, ma poi fa scemenze colossali tali da ritrovarsi più comune e banale di tutti quelli che tentano l’impresa di essere comuni. Il cretino, insomma, è colui che vorrebbe avere la vita inimitabile di D’Annunzio ma alla fine – più «uguale» di tutti gli altri – si ritrova a essere un personaggio di Orwell. Insomma, il contrario di F&L. Che fingendosi i più «banali» fra gli scrittori, si riscoprono i più originali di tutti.