Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2019  novembre 24 Domenica calendario

Asterix compie 60 anni. Intervista a Milo Manara

È accaduto proprio sessant’anni fa. Sul nuovo settimanale francese per ragazzi Pilote una pagina sembra raccontare, a fumetti, una storia vera: quella di una regione della Gallia che nel 50 a.C. resiste all’avanzata dell’impero romano, facendo infuriare Cesare. A metà pagina però il tono cambia: arriva Asterix, presentato come un guerriero che ha per hobby la caccia, ed evidentemente una caccia particolare: quella ai soldati romani. Nella vignetta successiva non ci sono disegni: solo linee dinamiche e suoni onomatopeici come Boum!, Paf! e un Ouille! che in italiano viene tradotto Ahinoi!. In quella successiva ecco i soldati romani massacrati dal piccoletto.
Come si sa, è l’esordio di un successo mondiale: da allora i trentotto volumi di Asterix sono stati tradotti in mezzo mondo per una vendita complessiva di 200 milioni di copie (dato in continuo aggiornamento). Per i sessant’anni del personaggio creato da René Goscinny e Albert Uderzo alcuni dei più grandi autori del fumetto hanno dato vita a un volume intitolato Generazione Asterix. Tra i tanti Guy Delisle, autore di diari da Pyongyang e dalla Birmania, Charlie Adlard, disegnatore della serie a fumetti The Walking Dead, Julie Maroh, autrice di Il blu è un colore caldo diventato al cinema La vita di Adele. E poi Terry Moore, Bastien Vivès, Emmanuel Gibert.
Gli italiani sono due: Alessandro Barbucci, nato come disegnatore italiano della Disney e ormai firma del fumetto mondiale (si dice nel volume che abbia realizzato 1200 tavole in dieci anni, e senza bere alcuna pozione magica), e Milo Manara. Molti degli autori raccontano Asterix come un momento illuminante della loro infanzia. Maroh sentiva che in quei personaggi trovava la sua stessa passione per l’avventura e la scoperta dell’ignoto, ma non solo: «Raccontare come hanno fatto loro la resistenza individuale e politica contro il rullo compressore delle norme sociali è il motore principale del mio lavoro». Philippe Dupuy ricorda la sua capacità bambina di notare la mancanza di un colore, la bellezza di alcuni dettagli del disegno, e la stranezza nel vedere per la prima volta in una vignetta Obelix con i capelli sciolti. Da piccoli certe emozioni si vivono così profondamente da diventare indimenticabili.
D’altra parte Asterix è stato per i suoi lettori una grande novità e uno scoppio di stupore.
Combinando situazioni classiche (il personaggio grosso e quello piccolo, la celebrazione della piccola comunità) con idee innovative (come quelle di inserire il mondo dei supereroi in un contesto comico), i due creatori hanno modellato un mondo in cui si sono sentiti perfettamente a proprio agio, moltiplicando il loro già enorme talento. Peccato che lo scrittore René Goscinny sia morto prematuramente nel 1977 in una maniera che lui, da umorista qual era, avrebbe potuto immaginare per qualcuno dei suoi personaggi: ebbe un infarto facendo la cyclette nello studio del suo cardiologo.
Insomma durante un test da sforzo. Albert Uderzo (che all’anagrafe era Alberto Aleandro, nato da genitori italiani emigrati in Francia) ora ha 92 anni e da dieci anni ha smesso di occuparsi dei suoi personaggi, dopo aver scritto e disegnato nove albi.
Torniamo al volume, in cui l’omaggio di Milo Manara vede Obelix che abbraccia una meravigliosa fanciulla. Qui il personaggio dalla forza magica sembra finalmente placido e felice.
«Sì, ma il senso del disegno forse è più chiaro se ti racconto l’antefatto», esordisce.
Si riferisce al fumetto che ha realizzato per i 70 anni di Uderzo?
«Esatto. Io ero l’unico italiano della compagnia e ho voluto prendermi la rivincita nei confronti dei francesi che hanno voluto alterare a loro favore la realtà storica. Così ho disegnato una ragazza che arriva da Roma perché stanca di vedere i suoi fidanzati malconci per colpa di Asterix e Obelix. Entra nel loro villaggio e fa quello che deve fare, anche se noi ne vediamo solo gli effetti. Poi, andandosene, si rivolge ai due galli a terra con gli occhi pesti dicendo: “I romani li conoscevate già. Ora avete conosciuto le romane!”. Ecco: si tratta della stessa ragazza che questa volta siede sulle ginocchia di Obelix in atteggiamento affettuoso, come se avessero fatto la pace».
Quando dice “se ne vedono solo gli effetti” parla proprio degli effetti speciali tipici di Uderzo, quelle linee dinamiche che fanno muovere personaggi fermi sulla carta.
«Uderzo e Jacovitti hanno davvero creato stili e mondi nuovi, offrendo al fumetto comico nuove e fantastiche possibilità».
Quelle che la Francia ha offerto a lei, alla metà degli anni Settanta.
«Diciamo che i lavori per La storia di Francia Larousse sono stati i miei primi ben pagati. Ma lì ho anche conosciuto un mondo molto diverso da quello italiano.
C’era un rispetto assoluto per i disegnatori: addirittura mi restituivano le tavole senza che io le chiedessi! Il fumetto aveva tutta un’altra considerazione rispetto all’Italia. Non a caso la Storia di Francia a fumetti venne adottata nelle scuole. Quella d’Italia no».
Asterix e Obelix vengono omaggiati dagli autori. A sottolineare come il fumetto sia proprio cambiato, diventando quello delle grandi firme.
«Per me questa evoluzione è stata una fortuna, visto che il mio unico personaggio, Giuseppe Bergman, non aveva neanche il nome adatto per diventare protagonista di una serie di successo. In mancanza di un eroe gli editori sono stati obbligati a mettere in copertina il mio nome più grande del titolo. Mi è andata bene: e quando lo dico penso ad altri grandi artisti del fumetto italiano, come Dino Battaglia e Sergio Toppi, meno fortunati di me».
Che differenza c’è ora tra la Francia e l’Italia?
«Mi sembra che in Italia si dia più importanza al testo che al disegno. Ed è solo una considerazione, non una critica: anche per Toffolo e Zerocalcare farei questa osservazione, e mi piacciono moltissimo».
Non la disturba essere considerato l’artista delle donnine?
«Fa parte del gioco delle schematizzazioni. Credo di avere talento nel fare molte altre cose, ma evidentemente le mie donne piacciono in maniera particolare.
E comunque, per migliorare il mondo, tutto il mondo, io innalzerei il livello di erotismo per abbassare quello della violenza, che non mi piace da nessuna parte, e nemmeno nei fumetti. SE i riuscissimo, staremmo tutti molto, molto meglio».