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 2019  novembre 24 Domenica calendario

Al MoMA tributto ad Alba e Alice Rohrwacher. Intervista


Alba Rohrwacher è a Parigi su un set, Alice nel suo casale di Castel Giorgio, nel ternano. La chiacchierata è a distanza su Whatsapp: Alba ha come immagine del profilo una mandria di animali giocattolo, Alice una bimba su uno squalo martello spiaggiato all’Elba. Durante la conversazione Alba si prepara in fretta la cena, all’indomani si dovrà svegliare presto, Alice rimanda le prove serali con L’orchestra del comitato, la band in cui suona la fisarmonica («Facciamo concerti soprattutto nei paesini dei dintorni»). The Wonders si chiama l’omaggio che il MoMA di New York (con Istituto Luce-Cinecittà) tributa alle sorelle, dal 4 al 23 dicembre al The Roy and Niuta Titus Theaters. Una retrospettiva senza precedenti sulle carriere dell’attrice e dell’autrice che si sono intersecate in Le meraviglie e
Lazzaro Felice. Per Alba «una cosa bellissima». Alice: «Non mi ero mai voltata indietro a ripercorrere ciò che abbiamo fatto, anche insieme».
Qual è il primo ricordo che avete l’una dell’altra?
Alba: «Ricordo il giorno in cui è nata Alice, la scala dell’ospedale, i piedi di mia mamma che mi aspettava alla fine della scala, la porta dietro la quale sapevo avrei incontrato mia sorella. Ricordo che ho abbassato lo sguardo e ho visto i due fiori ricamati sulla pettorina del mio vestito, uno giallo e uno rosso. L’arrivo di questa sorella era una evento sconvolgente nella mia vita e forse non avevo il coraggio di salire quelle scale e scoprirla. Un altro ricordo è legato ad una fotografia in cui Alice aveva due anni, su un passeggino. Ricordo la passeggiata in cui fu scattata: lei che si emozionava guardando i fiori secchi, la sterpaglia autunnale, quasi le si mozzava il respiro. Pensavo “cosa ci vedrà mia sorella in questo seccume?"».
La prima meraviglia.
Alice: «Mi hanno raccontato così tante volte questo momento che mi sembra di ricordarlo, ho continuato a essere attratta da quelle sterpaglie secche e aspre anche dopo, da grande. Non ho un primo ricordo di Alba, per me c’è sempre stata. È come una forza della natura che ho messo a fuoco piano piano, che esiste da sempre». Alba: «Vivevamo isolate ed ognuna era il mondo dell’altra. Noi avevamo noi e basta. L’altrove io lo cercavo in Alice e lei in me». Alice: «Nella bellezza e nella problematicità».
Il vostro primo conflitto?
Alba: «Dormivamo nella stessa stanza, a un certo punto la dividemmo con i gessetti dal pavimento al soffitto, ognuna aveva il suo pezzo».
Alice: «Naturalmente per arrivare dalla sua parte Alba doveva passare dalla mia… a me spettava la parte di passaggio».
Alba: «Era un piccolo vantaggio, in fondo sono la primogenita... ho dovuto affrontare per prima gli scontri con i genitori, gli impedimenti, io andavo avanti e lei rimaneva sempre un po’ indietro ad osservare...».
Siete cresciute in campagna.
Alba: «Sì e c’era una grande operosità in casa, legata alla campagna, al lavoro di nostro padre, nostra madre insegnava. Tornavamo da scuola e correvamo in camera dei genitori per vedere la tv, senza volume. Non dico fosse totalmente vietato, ma era un segreto».
Alice: «Vigeva un’operosità che però lasciava spazio all’immaginazione...».
Alba: «La noia ci ha permesso di sviluppare un universo fantastico e coltivare in modo profondo i sogni più strampalati, apparentemente irrealizzabili, come quello di essere attrice, regista».
Alice, quando ha capito che Alba voleva fare l’attrice?
Alice: «Alba studiava medicina. Io ero al liceo. Un giorno tornò a casa e ci disse che voleva provare a entrare al Centro sperimentale di cinematografia in modo così fermo che ci sorprese tutti. Era una decisione incredibile, inaspettata.
Alba non è mai stata una bambina estroversa di cui si dice “farà l’attrice”, era una osservatrice silenziosa. Capimmo che quel desiderio nasceva da un’esigenza interiore, misteriosa. L’accompagnai al provino con gioia».
Alba: «Avere Alice accanto quel giorno fu determinante, più che un alleato, più che un confidente».
Come è arrivato il debutto da regista “Corpo celeste”?
Alice: «Avevo partecipato ad alcuni documentari in maniera indipendente e selvaggia. Quando è nata mia figlia Anita studiavo lettere classiche e non avrei mai pensato di fare la regista, il montaggio mi sembrava un modo bello per partecipare a un film da lontano.
Quando Carlo Cresto-Dina mi propose di dirigere Corpo Celeste non avevo mai visto girare una scena di finzione. Ho chiesto ad Alba di venire e in un momento confuso e difficile lei, con la sua sola presenza, mi ha fatto mettere a fuoco ciò che stavo facendo. Poi ha finalmente recitato in Le meraviglie».
Alba: «Ricordo il momento tragicomico in cui lessi la sceneggiatura. Iniziai ad arrossire, mi sentivo denudata. La mia vita filtrata dallo sguardo di Alice, non la riconoscevo».
Alice: «È un film sulla lotta di una primogenita, ispirato a lei».
Sarete ancora sul set insieme?
Alice: «Sto lavorando a più progetti, la presenza di Alba dipende da quale emergerà».
Alba: «Non voglio neanche saperlo».
Alice: «Mi offrono film bellissimi, anche all’estero, ma voglio lavorare al mondo immaginario che ho nella testa e questo richiede tempo».
All’estero avete successo e un padrino come Scorsese.
Alice: «È incredibile. Si è innamorato di Lazzaro felice. Mi ha mandato una lettera molto bella, poi ci siamo incontrati a New York, mi ha abbracciato forte».
Come ci si difende dal cinismo del cinema?
Alice: «Sul mondo del cinema mi interrogo più da spettatrice che da regista: su questo dominio delle emozioni, fra tutte la violenza fine a se stessa che è sempre più di moda e aggiunge paure di cui non abbiamo bisogno. Per il resto io abito in campagna e i miei problemi sono altri. La legna, l’acqua, aggiustare internet che salta a ogni temporale».
Alba: «Svolge una vita coerente con i film che fa. Forse troppo. È tornata a vivere in modo simile a come siamo cresciute».
Zia Alba com’è?
Alice: «Diciamo che più che zia è una seconda mamma»
Alba: «Siamo molto legate. Quando Lazzaro felice è stato invitato al New York Film Festival ho proposto ad Alice di portare Anita e i nostri genitori, non erano mai stati negli Stati Uniti. Un viaggio assurdo, indimenticabile: tutti insieme, un po’ spaesati, sembravamo usciti da un racconto di Marcovaldo».
Alice: «Dopo il festival sono rimasta per un incontro ad Harvard mentre loro sono partiti. Ma c’era brutto tempo e mi sono resa conto che le quattro persone più importanti della mia vita erano in aereo durante una tempesta! Ho passato, angosciata, la notte al telefono con Alitalia, mi prendevano per pazza. Finché non sono atterrati sani e salvi».