Il Sole 24 Ore, 24 novembre 2019
I pericoli che Berlino sottovaluta
A inizio mese il ministro delle Finanze tedesco Scholz ha proposto di completare l’unione bancaria tramite un sistema sovranazionale di riassicurazione dei depositi, chiamato cioè ad intervenire solo in subordine ai fondi di garanzia nazionali.
Dei 18mila miliardi di euro depositati presso le banche dell’Eurozona, il 33% circa sono protette dai fondi di tutela nazionali. Tali fondi hanno però risorse limitate, che potrebbero non bastare specie in caso di contagio o corse agli sportelli, richiedendo l’intervento dello Stato (e quindi dei contribuenti), il che spiega l’importanza di una rete sovranazionale di protezione dei depositi per salvaguardare la stabilità finanziaria.
Diversi commentatori hanno sottolineato le criticità delle severe condizioni incluse nella proposta di Scholz (tra cui la ponderazione per il rischio delle esposizioni in titoli sovrani e il tetto del 5% ai crediti deteriorati). In pochi hanno invece notato la totale assenza di riferimenti al tema dei titoli illiquidi iscritti a valore equo nei bilanci bancari. Questi titoli (cosiddetti Livello 2 e 3) hanno spesso una complessa ingegneria finanziaria che ne rende difficile la valutazione, con conseguente rischio di contabilizzazione a un valore non corretto.
Attualmente le banche francesi e tedesche detengono rispettivamente 1.540 e 910 miliardi di euro di titoli di Livello 2 e 3 nei loro attivi: congiuntamente il 72% del dato riferito all’intera Eurozona. In particolare, è molto alta l’incidenza dei titoli di Livello 2, il cui prezzo, in teoria, si basa su dati di mercato osservabili mentre quello del Livello 3 no; ma diversi professionisti del settore riferiscono di arbitraggi normativi tra le due classi finalizzati a beneficiare del trattamento regolamentare più favorevole riservato al Livello 2.
Molto minore è invece l’esposizione ai titoli illiquidi da parte delle banche periferiche. In Italia siamo sotto i 150 miliardi di euro, meno del 6% del totale degli attivi bancari. Una differenza legata anche al diverso modo di fare banca: più banche d’investimento in Francia e Germania, più banche commerciali nella periferia.
Finora la Vigilanza bancaria europea è stata piuttosto indulgente verso queste esposizioni, nonostante la sopravvalutazione di simili prodotti finanziari sia stata il principale detonatore della crisi finanziaria globale.
Ripercorrendo un’analisi fatta dalla Banca d’Italia nel 2017, si può simulare la riduzione del capitale di vigilanza di 1° livello (CET1) sui principali sistemi bancari dell’Eurozona a fronte di una perdita del 5% sul rispettivo portafoglio di titoli di Livello 2 e 3 a giugno 2019. Le banche tedesche sarebbero quelle più colpite con un calo di 345 punti base nel loro CET1, seguite da quelle francesi (-271) e olandesi (-105). Per le banche spagnole e belghe l’impatto sarebbe di circa 90 punti base, mentre il CET1 degli istituti italiani calerebbe di 58 punti base.
Il ministro delle Finanze tedesco, appoggiato dall’omologo francese Le Maire, interpreta selettivamente il concetto di riduzione dei rischi, considerando solo quelli altrui. Senza contare che la sua apertura arriva in un momento molto delicato per le banche tedesche che, in un contesto di elevata frammentazione settoriale (e nonostante gli aiuti pubblici ricevuti, prima dell’irrigidimento delle regole Ue ma anche dopo, come mostra il caso NordLB), faticano a raggiungere livelli di profittabilità soddisfacenti.
Il tema dei titoli opachi e illiquidi va portato all’interno del dibattito Europeo sulla riduzione dei rischi, la salvaguardia della stabilità finanziaria e il sistema sovranazionale di garanzia dei depositi. Altrimenti l’asse franco-tedesco continuerà a dettare le regole per tutta l’Eurozona, come sta avvenendo per la riforma del Meccanismo europeo di stabilità, e a rinviare la condivisione dei rischi alle calende greche.