Quaranta frame al secondo.
Sono la benzina del Virtual Coach che ha due motori: da una parte i modelli matematici per riconoscere automaticamente alcuni gesti tecnici o schemi di gioco; dall’altra algoritmi di machine learning che leggono la pericolosità di un’azione".
C hiaro, no? Ancora più chiaro se si legge il sottotitolo. È stata analizzata Juve-Milan. Il programma traduce i numeri in indicazioni dirette. Al minuto 36 il Vc ha comunicato: "Giocando stretti vanno in difficoltà". Al minuto 57: "Sfruttiamo di più Pjanic". Al minuto 65: "Troppo spazio a Çalhanoglu". Adesso non venitemi a dire che l’esigenza di sfruttare maggiormente Pjanic o di limitare lo spazio a Çalhanoglu poteva intuirla anche un tecnico di serie Z, e se un tecnico di A non ci arriva da solo saranno affaracci suoi. Mi aspetto, a breve, che il Vc dia sempre più informazioni utili, tipo "Sta cominciando a piovere" oppure "Ooops, hanno segnato loro". Io lo spazio più che a Çalhanoglu lo limiterei al Vc e confratelli (frigorifero intelligente incluso), ma non ci provo nemmeno. Ormai hanno vinto loro. Spero non vogliano stravincere, loro sono tanti e il coach uno solo, sia pure con un condominio di assistenti. Spero non si prendano confidenze e non arrivino a scrivere al minuto 73: "Coglione, leva Bernardeschi che è cotto".
A queste squisitezze non si arriva per caso, né in un giorno. Tutto, leggo nel pezzo di Riccardo Luna, comincia a Usa ’94, ct Sacchi, ispiratore Adriano Bacconi, l’uomo dei numeri. E continua nel 2014, quando Mauro Berruto, ct della Nazionale di volley, incontra il matematico Ottavio Crivaro, che è alla guida di MoxOff, società varata al Politecnico di Milano con il fine di proporre soluzioni matematiche alle aziende. Il fondatore è un genio della matematica mondiale, Alfio Quarteroni. Massimo rispetto, anche per come contribuisce alla cura delle malattie cardiocircolatorie. Il software della pallavolo è detto il Gobbo. Al 90%, che non è poco, prevede dove il palleggiatore non passerà la palla. Funziona, ma i giocatori si sentono manipolati (li capisco).
Oggi, evoluto, il Gobbo è adottato da molte squadre di club e nazionali. Tutto si muove. Al punto che Bacconi afferma che presto, dopo aver analizzato qualche altro migliaio di partite, "il programma sarà in grado di dirci chi segnerà e quando".
Non vedo l’ora.
P oche righe per sbrigare il lavoro arretrato. In Italia ci sono tre quotidiani sportivi: Corriere dello sport-Stadio, Gazzetta e Tuttosport. Solo uno ha trovato uno spazio in prima pagina per la morte di Raymond Poulidor. È Tuttosport , 7. A scendere, 4 al Corriere dello sport-Stadio e -5 alla Gazzetta .
Perché due voti diversi per la stessa dimenticanza, chiamiamola così? Perché la Gazzetta è, o dovrebbe essere, il giornale del ciclismo: da più di un secolo organizza il Giro e altre corse che hanno una storia. Perché Poulidor, campione leale e popolare anche oltre la bici, un trattamento così non se lo meritava, e nemmeno i lettori della Gazzetta . Infine, perché io in Gazzetta ci sono nato e continuo a volerle bene, anche se non saprei dirne bene, oggi, i motivi. Per questo mi sono limitato a un -5 piuttosto morbido.
N ell’angolo della poesia si torna dalle montagne curde all’Italia. "I pariven gossi d’aqua e asè" è di Lia Cucconi, nata a Carpi (Modena). "I pariven gossi d’aqua e asè/al paroli chi paseven da i òc/a la bocca e is pianteven a tanàia/ in di pinser: mobilità: a cà!/E l’èra come avèr ‘na brèsa in dal man/ cla-t bruseva la vôia di tò an/ e d’èser n’òm cun la fèvra in di dè./La sité l’èra dvintéda ‘n spèc/ e ‘na vedrèina vòda,/ mè am sintiva d’éser ‘na vecia ròda/ e a gò sòl sinquant’an".
Traduzione: "Sembravano gocce d’acqua e aceto/le parole che passavano dagli occhi/ alla bocca e si conficcavano a tenaglia/ nei pensieri: mobilità: a casa!/Ed era come avere una brace nelle mani/che ti bruciava la voglia dei tuoi anni/e d’essere uomo con la febbre dei giorni/. La città era diventata uno specchio,/una vetrina vuota,/ io mi sentivo d’essere una vecchia ruota/e ho solo cinquant’anni".