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 2019  novembre 24 Domenica calendario

Intervista a Flavio Insinna

«Flaviooo, Flavioo». La badante che grida dall’altra parte della strada si sbraccia. Insinna attraversa e saluta. La signora che è con lei ha cento anni. «Flavio, ti vediamo tutte le sere all’ Eredità».
Grandi abbracci. Selfie, battute.
Ognuno ha qualcosa da dire sulla "ghigliottina". Quegli ultimi quindici minuti del programma che tutte le sere su Rai 1 sbanca l’Auditel sfiorando i 5 milioni di spettatori con il 25% di share, hanno creato una community gruppi WhatsApp, Twitter, sfide tra studenti. «È come se cenassi tutte le sere a casa degli italiani» racconta Insinna, il giaccone da marinaio blu vintage come il ciuffo dei capelli, dimagrito e felice del successo. «Vince il gruppo, abbiamo autori fantastici, negli uffici di Magnolia c’è chi studia le domande, chi seleziona i concorrenti, il risultato è questo. Lo studio della Rai diventa la casa di tutti. Ci scrivono: "Tu ceni con noi" e io sono onorato». Il quiz che diventa commedia dell’arte racconta l’Italia, svela personaggi meravigliosi come il giovane professore Niccolò Pagani, bello come un moschettiere, il campione che si congeda senza aver vinto mai alla ghigliottina spiegando che il suo posto è a scuola: «Ogni mattina in prima linea nella missione dell’educazione e dell’onestà. Dimostrando ai giovani che la gentilezza vince sulla violenza, la cultura sull’ignoranza, il sorriso sconfigge la rabbia, l’ironia batte l’odio. Insegnando a non impugnare i coltelli, ma i libri».
Insinna, partiamo da Niccolò, campione di umanità?
«Ma certo. Che posso dire? È il simbolo del paese migliore. Quando mi ha detto che voleva leggere una lettera l’abbiamo filmato, poi ho postato su Facebook il video, ha 5 milioni di visualizzazioni. Il segno di qualcosa».
Si è chiesto perché L’eredità ha così successo?
«Perché regaliamo un’ora di serenità. Continuo a pensare che quello spazio sia una piazza accogliente che dà la possibilità di raccontarti. Ho fatto una piccola riflessione: c’è un’Italia che ascolta, valuta, lo vedo anche in rete. Non c’è solo odio, paura: c’è un paese che risponde e vuole ascoltare cose belle. Non sempre siamo in grado di coglierlo».
Sembra un manifesto, come quello delle sardine.
«Mi sento un po’ sardina, anche sardina dell’Airc, per cui abbiamo raccolto milioni di euro. Come le sardine siamo piccoletti, liberi ma uniti, e questo mi rende oroglioso».
Come si crea l’alchimia?
«Nasce dalla ricerca estenuante dei concorrenti. La cosa bella è la risposta del paese che s’ innamora di persone che faticano e continuano a studiare. Con l’Eredità anch’io ho riaperto i libri, mi preparo la notte prima. Poi saluto i concorrenti, sono la hostess: da sopra scenderà l’ossigeno, battute, musica, pronti, tutti schierati, si parte».
Sente la responsabilità di "cenare" con milioni di italiani?
«Eccome. Ricordo uno sketch di Alberto Sordi: "La tv? Stanno mangiando e dicono: "Guarda c’è Sordi". Litigano e dicono: "Ma chi è Sordi?". Ecco. La tv è tremenda, è un attimo passare da "Ceni a casa mia" a "Hai rotto le scatole"».
Guida L’eredità da settembre 2018: l’inizio com’è stato?
«Non facile. Tante puntate le ho fatte nel gabbiotto con gli autori.
Carlo (Conti, ndr ) con forza d’animo rara aveva chiuso la stagione più dolorosa quando Fabrizio Frizzi arriva e va via per sempre. Poi i direttori Teodoli e Orfeo mi affidano il gioco ».
E lei?
«Sto nel gabbiotto come uno studente, i tecnici mi abbracciano, gli autori mi chiedono: vuoi le domande su carta, le leggi con gli occhiali? Senza? Provi provi poi devi cominciare. L’ultima puntata l’anno scorso ho detto: se potessi scegliere la parola della ghigliottina sarebbe "pazienza". La vostra, il tempo che mi avete dato. Ci sono voluti mesi per trovare il passo».
C’è un copione?
«Sono le parole. Poi i sentimenti, il gioco, il sorriso, l’improvvisazione, la commedia, il momento western, quello della tensione. I soldi sono un completamento forte, vinco e mi compro casa, faccio i lavori, faccio studiare mio figlio. Ma poi anche chi non vince è soddisatto di sé stesso, è arrivato fino alla fine».
Intanto continua a girare l’Italia con lo spettacolo "La macchina della felicità – Ricreazione", tratto dal suo libro.
«È meraviglioso, ti chiedono: "Come fa a stare anche in tv?". E io "Signora, lo spettacolo qui in teatro è registrato". Ognuno scrive la sua idea di felicità. E io racconto la storiella del rospo storto, il re intrattiene la corte, i rospi si arrampicano e tutti gridano: "Non ce la farete". Solo il rospo storto ce la fa.
Perché? Era sordo, ha continuato.
Fate come lui, non rinunciate ai vostri sogni e alla felicità».
Ma lei è felice?
«Sì. E se ci fosse Fabrizio la mia vita sarebbe perfetta. Gli devo tutto, era un uomo accogliente e buono, ha tirato fuori la mia voglia di giocare.
Avevo fatto solo telefilm, mi premiano per Don Bosco a Saint Vincent, sala piena di vip. All’una di notte ha il coraggio di dire: "Rivediamo qualche scena". E io: "Ma è necessario?". Facciamo ridere per venti minuti. L’indomani Paola Bonelli, la mia agente che purtroppo non c’è più, mi chiama. "Ti vogliono tutti, che hai fatto?". "Ho fatto il cretino"».
Le persone spiegavano che Frizzi faceva tanta compagnia, c’è chi pensa che quella preserale sia un po’ "tv badante".
«Ma è una cosa bellissima. Se sapessi badare alle persone mi darei la medaglia d’oro».
Pensa di conoscere chi la guarda?
«Sì ma la cosa bella è che chi mi guarda mi conosce. Arriva un gruppetto di Soresina con una busta, c’era Woody, lo sceriffo che Fabrizio doppiava in Toy story . Adesso viene con me in tournée».
Il pensiero più bello che ha ricevuto?
«La lettera di una bambina che ha scritto: "Sei il mio cartone animato preferito (dopo Peppa pig)". Lo dico: sono pronto a buttarmi in una pozzanghera per superare Peppa».