Innanzitutto il "ciclo integrale" che utilizza i minerali, il carbon coke e gli altiforni. Si tratta della produzione di acciaio di qualità migliore, insostituibile in settori come ad esempio l’automotive. E poi il "forno elettrico ad arco", alimentato con i rottami, per l’acciaio impiegato nei cantieri navali e in alcune infrastrutture. In Europa il 70% dell’acciaio arriva dal ciclo integrale e il 30% dall’elettrico, proporzione invertita nel caso della siderurgia italiana che dopo lo stop di Piombino, oggi ha gli altiforni solo all’Ilva di Taranto e alla Ferriera di Servola (in spegnimento).
• Perché il ciclo integrale è più inquinante?
Perchè oltre alla dispersione nell’aria, attraverso il vento, dei materiali presenti nei parchi minerali, c’è anche l’emissione di anidride carbonica (dalla siderurgia il 5% di quella antropica mondiale) per l’enorme quantità di calore che serve a fondere il metallo e per la trasformazione dell’ossido di ferro dei minerali in ferro metallico attraverso il carbon coke.
• Esistono tecnologie per ridurre l’impatto degli impianti siderurgici?
Oltre all’utilizzo di filtri e meccanismi di "cattura" delle varie emissioni (CO2 in particolare), esistono nel mondo impianti che utilizzano il gas in sostituzione del carbon coke. Alcuni utilizzano, in parte, anche i rifiuti plastici sempre in sostituzione del coke. Procedono poi, con la Svezia in prima fila, i test sulla sostituzione del carbone con l’idrogeno. Altri accorgimenti, infine, sono il dislocamento dei parchi minerali in depositi sotterranei, la sinterizzazione della diossina e la realizzazione di cokerie "sotto vuoto".
Dove è stato possibile far convivere siderurgia e ambiente? A parte le soluzioni drastiche di Bilbao e della Rhur, con il trasferimento degli impianti, gli esempi più evidenti sono quelli dell’acciaieria VostAlpine di Linz, in Austria, e della Novolipetsk Steel di Lipeck, uno dei quattro maggiori impianti siderurgici russi, che al suo interno ha addirittura una riserva ornitologica.