Corriere della Sera, 24 novembre 2019
Reddito di cittadinanza, ecco i furbetti
Nel suo genere, e che genere, è un piccolo giro d’Italia. Prima tappa, Palermo, due giorni fa. Operazione della Guardia di finanza sul contrabbando di sigarette, che non sarà più il business di una volta ma ancora un po’ di soldi li fa girare. Vengono sequestrate otto imbarcazioni e arrestate diciassette persone. Una piccola azienda. Tra i fermati c’è anche un uomo di Trapani che da giugno prendeva il reddito di cittadinanza, pure corposo, mille euro al mese. Seconda tappa, Napoli, fine ottobre. I carabinieri arrestano per spaccio di droga Francesco Colantuono, 58 anni. Dentro il cruscotto della macchina aveva nascosto quasi un chilo e mezzo di marijuana e due etti di hashish. Settore merceologico diverso, ma anche qui una piccola azienda. E pure lui prendeva il reddito di cittadinanza. Terza tappa, Erba in provincia di Como, sempre fine ottobre. La Guardia di Finanza sta facendo una serie di controlli sul lavoro nero al mercato rionale. Dietro a uno dei banchi di frutta e verdura c’è un uomo, anche gentile. Lavora lì da tempo ma ufficialmente sarebbe disoccupato. E anche lui prende il reddito di cittadinanza: 535 euro e 85 centesimi al mese.
Nel nostro piccolo giro d’Italia di tappe ce ne sono molte altre e più avanti ne vedremo alcune. Ma bastano queste tre per arrendersi alla conclusione che nel nostro Paese di santi, poeti e truffatori, nemmeno il reddito di cittadinanza sfugge alla tentazione dello slalom tra le regole. Non è una sorpresa. Alla voce furbetti, l’enciclopedia Treccani elenca sette sottospecie: da quello del cartellino a quello della Legge 104, passando pure per l’innocuo furbetto della narrativa, «scrittore che utilizza temi, situazioni, stili accattivanti e di sicura presa sul lettore». Poteva mancare il «furbetto del reddito di cittadinanza», che aggira le regole per incassare un bell’assegno a fine mese in cambio di una disponibilità a lavorare più che vaga?
Come in ogni giro d’Italia anche qui c’è una classifica ufficiale. Secondo l’Ispettorato generale del lavoro, sono 185 le persone che finora hanno incassato il reddito di cittadinanza ma non ne avevano diritto. Perché lavoravano in nero, come il nostro addetto al mercato rionale di Erba. O perché il loro lavoro era non solo in nero ma anche criminale, come il contrabbandiere siciliano o lo spacciatore napoletano. La classifica, però, è parziale. I dati dell’Ispettorato si fermano a fine giugno. E quindi riguardano solo il primissimo pezzo di vita della riforma voluta dal governo di Lega e Movimento 5 Stelle, partita ad aprile. Per i mesi successivi bisogna spulciare qua e là tra le pagine dei giornali. Sommando dati ufficiali e notizie sparse, si arriva in tutto ad almeno 300 casi. Considerato che a prendere il reddito sono poco più di un milione di persone, la percentuale dei truffatori è vicina allo zero assoluto. Lo 0,03%, per essere precisi. Nulla di paragonabile rispetto all’intero fenomeno del sommerso che secondo l’Istat riguarda 3 milioni e 700 mila persone e copre il 12% del nostro Pil, cioè della ricchezza prodotta in Italia. Ma c’è un ma. I truffatori scovati finora sono il risultato di quella che viene chiamata pesca a strascico. Non si cercavano in modo specifico persone che imbrogliavano sul reddito di cittadinanza. Li hanno trovati facendo controlli di altro tipo, sul lavoro nero, sullo spaccio di droga, sul contrabbando. Ma le cose stanno cambiando. Una circolare della Guardia di finanza, di fine ottobre, dispone una serie di controlli mirati proprio per scovare chi ha truffato sul reddito di cittadinanza. Questo non vuol dire che la pesca a strascico non produca i suoi frutti. E qui è arrivato il momento di rimettersi in sella e partire di nuovo per il nostro piccolo giro d’Italia. A Salinagrande, in Sicilia, hanno chiuso un laboratorio di pasticceria non a norma e hanno scoperto che il titolare prendeva un assegno da 700 euro al mese. A Bergamo il sussidio veniva incassato ufficialmente da tre persone morte da quattro mesi, una variazione sul tema della pensione intascata anche dopo che è morto il nonno. A Rimini un 70enne era proprietario di un hotel, ormai chiuso, che vale 800 mila euro, e prendeva pure lui il sussidio. Fino ai bravi ragazzi con villa e reddito, i cinque fermati per mafia a Ficarazzi, vicino a Palermo, che avevano una casa con piscina e arredamento kitsch stile Gomorra, ma per arrotondare non disdegnavano il sussidio dell’Inps.
Non è un problema di sanzioni. Chi fa carte false per ottenere il reddito non solo deve restituire i soldi incassati ma rischia fino a sei anni di carcere. Un deterrente senza precedenti rispetto ad altre misure contro la povertà. Bisogna guardare anche un altro numero, però. Ci sono 44 mila persone che avevano il sussidio ma poi l’hanno perso. Magari perché hanno trovato un lavoro. Oppure perché guadagnano un po’ di più e non rientrano nei limiti fissati dalla legge. Ma tra loro ci potrebbe essere anche qualche furbetto pentito, chi ha provato a fregare lo Stato ma poi, forse spaventato dalle sanzioni, ha fatto marcia indietro. Non basta come consolazione? Allora risaliamo in bici per l’ultima tappa del nostro giro d’Italia. E torniamo lì dove eravamo partiti, in Sicilia. A Castelvetrano Giovanni Benito Firenze prende il reddito di cittadinanza. Non è un furbetto, anzi. Per sdebitarsi pulisce ogni giorno le strade del suo paese. Prima quella di casa sua, via Garibaldi. Poi anche le altre, davanti al museo civico, vicino alla stazione. Lui la spiega così: «Ho voluto dare un messaggio a mio figlio Luigi, che ha cinque anni, per insegnargli che nulla è dovuto». In realtà i lavori di pubblica utilità sarebbero uno degli obblighi previsti per chi prende il reddito di cittadinanza. Ma le regole sono state definite solo poche settimane fa, la macchina non è ancora partita. E allora non ci restano che un po’ di furbetti e qualche piccolo eroe.