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 2019  novembre 23 Sabato calendario

Veronica Moronese, esperta di diritto interplanetario: un codice prima che sia troppo tardi

«La futura conquista dello spazio, con le sue risorse minerarie e la varietà di possibili siti di «prima colonizzazione», avverrà con le dinamiche proprie di ogni altra rivoluzione industriale e tecnologica. Ma con una differenza fondamentale: il terreno in cui i player nazionali si troveranno a giocare non è regolato dal diritto interno ma dal diritto internazionale. Allo stato dei fatti, ciò che sta oltre l’azzurro del cielo può essere sfruttato dai singoli, ma non può esserne rivendicata la proprietà, quindi è da escludere ogni possibilità di vedere un giorno questa o quella Nazione dichiarare l’annessione di Marte o della Luna. Ma le implicazioni legali sono infinite».
Veronica Moronese, 28 anni, di Caserta, laureata in giurisprudenza a Verona con una tesi sulla competenza dell’Unione europea in materia aerospaziale, sta contribuendo ad elaborare un codice dello spazio insieme agli altri membri dello Space Generation Advisory Council che si sono dati questo obiettivo e hanno costituito lo Space Law and Policy Project Group.
Fantascienza? Assolutamente no, c’è proprio bisogno di definire diritti e doveri anche nello spazio, un’esigenza che nasce ora che stanno partendo i viaggi turistici ai confini dell’atmosfera, che è ripresa la corsa alla Luna e tra i giocatori s’è aggiunta la Cina, che i piani di colonizzazione della Luna stanno diventando concreti e reali. Lei è quindi tra le prime esperte al mondo di diritto interplanetario. Dice: «Gli asteroidi nei prossimi anni saranno cruciali, fungeranno da “stazioni di servizio” per i viaggi più lunghi (pensiamo a Marte) e da essi si ricaverà, trivellandoli, l’acqua da usare come propellente. Sarà così possibile abbattere i costi (per portare oltre l’atmosfera un litro d’acqua si spendono oggi circa 20 mila dollari) e ampliare enormemente le possibilità di esplorazione. La ricerca è libera ma ciò vale anche per lo sfruttamento economico? Come si può pensare di andare incontro a una vera e propria rivoluzione nell’economia umana senza dare una solida base normativa alle nuove attività legate allo spazio? L’economia spaziale impone una seria riflessione sul diritto internazionale, occorrono interventi concreti per non lasciare che una materia squisitamente transnazionale cada nel caos delle legislazioni dei singoli Stati».
Di diritto spaziale lei ha parlato anche a Marcianise (Caserta) in un meeting dedicato agli scenari futuri ed è un conferma dell’interesse che il tema sta suscitando. «Al contrario di quanto si possa pensare – spiega – il diritto dello spazio non è una materia fantascientifica. Le sfide sono molteplici poiché diviene sempre più rilevante il ruolo delle compagnie private, che con le loro attività stanno trasformando numerose dinamiche, come il lancio di oggetti nello spazio. Poi c’è la questione delle assicurazioni. Con l’avvento di player privati il settore assicurativo dello spazio ha avuto un exploit incredibile, pensiamo ai vettori riutilizzabili di Space X, il fatto stesso che lo siano è un dettaglio che ha modificato completamente l’assetto del comparto assicurativo dello spazio. Inoltre chi effettuerà voli suborbitali dovrà avere adeguata copertura così come coloro che staranno sulle colonie. Bisognerà anche affrontare il tema, più lontano nel tempo, della nazionalità dei coloni di seconda generazione».
Agli albori dei programmi spaziali americani e russi le Nazioni Unite crearono una commissione per sovrintendere all’uso pacifico dello spazio extra-atmosferico. Essa elaborò anche un Trattato sullo spazio, a cui si sono nel tempo aggiunte altre convenzioni ma si tratta di norme non vincolanti, che possono essere disattese senza sanzioni e sono inadeguate di fronte allo sviluppo che si sta delineando in campo spaziale. Dice Veronica Moronese: «Le definizioni e le norme che quei trattati e quelle convenzioni contengono sono vaghe, aperte a interpretazioni discordanti. Se in un’epoca di primissima esplorazione tali manchevolezze potevano non creare particolari conflitti, nella realtà odierna in cui lo spazio sta cominciando ad affollarsi rischiano di rivelarsi del tutto inefficaci. Così, per esempio, non si sa come affrontare lo sfruttamento minerario delle rocce degli asteroidi. Si potrebbe prendere esempio dai fondali marini sotto le acque internazionali, considerati patrimonio comune dell’umanità. Per il loro sfruttamento è previsto un sistema di concessione e autorizzazione da parte di un’autorità internazionale. Per quanto riguarda il diritto di sfruttare le risorse minerarie degli asteroidi, non essendo nemmeno chiaro se ciò sia lecito o meno, tale meccanismo non è ancora stato nemmeno immaginato».
In questo vuoto legislativo c’è chi tenta di fare da sé ma è alto il rischio di conflitti anche assai seri. Gli Stati Uniti hanno legiferato che «un cittadino americano impegnato nel recupero di risorse da un asteroide o dallo spazio, ha il diritto di possedere, trasportare, vendere, usare qualsiasi risorsa ottenuta in osservanza alle leggi vigenti e agli obblighi internazionali statunitensi». «È indispensabile», commenta Veronica Moronese, «che a fronte di una legge (peraltro rientrante in una prassi a cui gli Stati Uniti non sono nuovi) che legifera autonomamente su una materia e un settore posti al di fuori dalla territorialità di sua competenza, si risponda con un coordinamento internazionale che dia serie e chiare soluzioni condivise in grado di evitare il moltiplicarsi di leggi nazionali in un ambito, com’è quello dello spazio, per definizione internazionale».
L’Italia, patria del diritto, potrebbe svolgere un ruolo di primo piano nel definire il futuro codice dello spazio. Meglio incominciare a parlarne ora, evitando di arrivare quando i buoi saranno scappati dalla stalla. Conclude la profeta del diritto spaziale: «Ci aspettano sfide scientifiche, tecnologiche, ma anche di diritto. Quali leggi si applicheranno nella vita quotidiana di una colonia? Quale forma di governo, quale forma di Stato si può immaginare per il suo sviluppo indipendente dal Pianeta Terra? E i discendenti dei primi coloni saranno ancora esseri umani, con pari diritti, o una volta intervenute ipotetiche modificazioni biologiche incompatibili con la vita a Terra essi cesseranno di essere definibili «umani»? È una strada piena di interrogativi su cui è necessario cominciare a riflettere affinché lo spazio non si trasformi in Far West».