Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2019  novembre 23 Sabato calendario

Il supermissile di Putin

L’ordigno fine di mondo, che tanto piaceva al Dottor Stranamore, o una bufala strategica per rinsaldare il morale dei suoi sostenitori? Il mistero della super-arma di Vladimir Putin si arricchisce di una nuova puntata. Ieri il leader russo ha incontrato le vedove dei 5 ingegneri morti nello scorso agosto durante una prova del sistema segreto e ha promesso: «Lo metteremo a punto, nulla ci fermerà». Il presidente ha parlato di «una tecnologia unica, le idee e le soluzioni impiegate nel progetto non hanno pari». Precisando che ha «un raggio illimitato».
Gli ingredienti perfetti per costruire un clima di suspense, obbligando gli analisti della Nato a scervellarsi sulla natura del congegno. Finora le intelligence occidentali non sono riuscite a capire bene di cosa si tratta. C’è la certezza che l’incidente durante il test di agosto abbia rilasciato una nube radioattiva ma il poligono di Nyonoksa è isolato da tutto: la cittadina più vicina dista circa 50 chilometri e alcuni diplomatici americani sono stati fermati proprio mentre si avvicinavano all’area di sperimentazione in un golfo interno del Mar Bianco. Neppure i satelliti spia hanno fornito informazioni e il mistero appare ancora intatto.
L’ipotesi è che sia un altro dei disegni resuscitati dai laboratori sovietici. Uno dei marchingegni cervellotici escogitati durante la Guerra Fredda per ribaltare “l’equilibrio del terrore”, portato avanti con investimenti enormi e poi sepolto dal crollo del Muro. Il concetto è semplice: costruire un missile con un propulsore nucleare al posto dei soliti motori a reazione o dei razzi. In questo modo potrebbe rimanere in volo per settimane senza sosta, ad alta velocità e con manovre frequenti, per entrare in azione in caso di attacco atomico. Un vero cavaliere dell’apocalisse, per rispondere al primo colpo e scatenare la rappresaglia contro gli Usa senza che nessuno possa fermarlo. Proprio come quello che il Dottor Stranamore del film di Stanley Kubrick aveva chiamato “ordigno fine di mondo”.
Il problema tecnico non è di facile soluzione: realizzare un reattore nucleare così piccolo e leggero da stare nella pancia di un missile. Dagli anni Cinquanta gli scienziati di Mosca e Washington si sono sfidati nel miniaturizzare i propulsori. Gli americani fecero volare un prototipo imbarcato su aerei da bombardamento, con massicce schermature per proteggere gli equipaggi dalle radiazioni: spesero un miliardo di dollari senza ottenere nulla di soddisfacente. Poi ne provarono uno proprio per i missili “a portata infinita”, ufficialmente senza andare oltre la fase di test. Anche i sovietici misero al lavoro i loro migliori ingegneri, elaborando una raffica di progetti: nel 1966 si resero conto che ci sarebbero voluti almeno vent’anni per renderli operativi e decisero di smettere. Follie che la fine dell’Urss sembrava avere cancellato per sempre.
Invece la Guerra Fredda è tornata. E nel 2018 il Cremlino ha annunciato il risveglio del missile-mostro: sigla 9M730 e nome in codice Burevestnik. Gli analisti della Nato invece l’hanno chiamato Skyfall, un termine di difficile traduzione che evoca sia l’ultima pellicola di 007 sia una minaccia impossibile da evitare. Il segno di quanto un missile del genere possa preoccupare i generali occidentali: un carico di morte totale che nessuno riuscirebbe a bloccare. Pochi però credono che Putin disponga delle risorse economiche e tecnologiche per trasformare l’incubo in realtà; i piani di potenziamento dell’Armata Rossa sono una fiera delle velleità. E la Storia insegna che quando un regime evoca le armi segrete, significa che ha poco di concreto da mostrare.