Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2019  novembre 22 Venerdì calendario

Intervista a Donatella Versace

Il nuovo ufficio di Donatella Versace si trova al decimo e ultimo piano di un palazzo milanese occupato dai dipendenti del marchio, nel quartiere Porta Nuova: il salone dove avvengono i suoi incontri di lavoro è immenso anche in altezza, le pareti esterne tutte di vetro paiono sospese nel cielo grigio e lucente di Milano, nel paesaggio dei nuovi magnifici grattacieli che stanno cambiando l’immagine e anche l’umore della città: un salto inarrestabile nel futuro. Tutto è bianco, tutto è spoglio, tutto si impone. Le manca il salottino nell’antica dimora del centro, in stile Mongiardino, cuscini e divani nei celebri disegni sfolgoranti Versace, dipinti neoclassici, reperti di Roma antica?
«Assolutamente no, abbandonarlo è stata una liberazione, un modo per lasciarmi alle spalle vent’anni, anzi ventidue, di una vita molto più difficile di quanto la gente abbia pensato o io mostrato. Angosciosa, luttuosa, pesante, troppo per me che dovevo sostenere un’azienda e i posti di lavoro di tanta gente, occultare il dolore, difendermi dai pettegolezzi, affrontare un mondo che mi chiedeva un’immagine vincente, mondana, appunto alla moda».
Quindi tutto questo bianco accecante, questo rigore, questa luce, corrispondono a una diversa Donatella?
«Sono l’ambiente giusto per essere certa che la Versace è al sicuro con la Capri Holdings, per potere continuare a lavorare come chief creative officer di quel mondo che è tutta la mia vita. Anni fa era stato per me molto traumatico, rinunciare, per ovvie ragioni finanziarie, a ciò che Gianni amava, il palazzetto di New York, la villa sul lago di Como, soprattutto la sua amatissima Casa Casuarina di Miami dove la sua vita era finita. Diceva: “Questo era un posto triste per pensionati, da quando sono arrivato io è diventato il paradiso della giovinezza sfrenata”».
Questo nuovo distacco le lascia anche una discreta liquidazione per la famiglia, mi pare, 1 miliardo e 900 milioni di euro. (Arrivano fette di torta e tazze di caffè che distraggono, e Donatella con eleganza svicola).
«Dopo decenni, raggiunti i 60 anni, ho riacquistato serenità e voglia vera di vivere, e tutto il tempo per pensare a me. E ho dato sicurezza ai miei figli. Tutto nuovo, anche nel mio appartamento molto Versace ho fatto cambiamenti: mi sono concessa un piccolo spazio tutto mio, la mia camera da letto, ultracontemporanea».
La signora porta con una specie di timidezza nuova la divisa del suo lavoro e della sua celebre immagine: minigonna principe di Galles gigante, maglia nera, vita sottile chiusa nella cintura di pelle, stivali neri col tacco, una figura quasi adolescente: e l’immancabile pettinatura color platino che ondeggia attorno al viso, cui la nuova serenità restituisce naturalezza, calma.
In un mondo e in un tempo che vive di pettegolezzi spietati, lei dopo la scomparsa di suo fratello Gianni e il divorzio da suo marito, è riuscita miracolosamente a non lasciar più trapelare nulla che riguardasse la sua vita privata: non una ipotesi, non una foto, non un uomo sorpreso accanto a lei che non fosse del suo staff o di una celebrità amica: vita monastica anche adesso?
«Sono stata brava a difendermi, a mantenere uno spazio davvero solo mio, che non venisse messo in pericolo dopo la tragedia e le tante vicissitudini della ma vita. Però posso dirlo, le mie storie le ho avute, tutte mie. Le ho. E con il mio ex marito e i nostri figli siamo tornati a essere quasi una famiglia, ci troviamo spesso tutti insieme, anche se viviamo in due continenti diversi».
Arriva Allegra, porta all’ospite un bouquet di fiori e una scatola di cioccolatini: ha una bellezza antica, angelica e timida, un voce gentile, uno sguardo affettuoso. Anche lei, massima erede del marchio, sembra nuova. Racconta del suo lavoro in azienda, nella sezione marketing, della sua scelta di vivere soprattutto a Milano, più che a Los Angeles, dove conserva la sua casa. Sua madre le sorride.
«Invece mio figlio vive da anni a Londra. Non vuole saperne né dell’azienda né di Milano, ha la sua band e la sua vita: il suo cognome è quello del padre, Beck, sono in pochi a sapere che è pure un Versace. Ci vogliamo bene, con Allegra andiamo molto spesso a trovarlo».
Quale è stato il primo regalo che si è fatta dopo la vendita? 
«Avevo voglia di una casa sul lago, non quello di Como, troppi ricordi. L’ho cercata sul Lago Maggiore, ne ho visitate alcune e poi mi sono innamorata di Villa Mondadori: sul muro ci sono le firme dei suoi ospiti gloriosi, da Thomas Mann a Simenon, poi Ungaretti, Montale, Walt Disney, una meraviglia! L’ho comprata e già immagino a quando su un divano sotto quel muro, avrò il tempo, finalmente per leggere quanto voglio. C’è anche una meravigliosa biblioteca ma ancora non so se potrò averla. E poi siccome ho questa nuova vita da affrontare sa a cosa penso? Cercherò di occuparmi di più di politica: lo scriva pure, io sono molto renziana».