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 2019  novembre 22 Venerdì calendario

Periscopio

Si fa presto, troppo presto, a dire «silenzio eloquente». Dino Basili. Uffa news.Dopo vari tentativi di fare Bobo, avevo perfino immaginato la figura di uno psichiatra, mi sono detto: se facessi me stesso, quello che sono, con i miei difetti, forse potrebbe funzionare. E ho fatto la mia caricatura. Mi sono imbruttito: un po’ grasso con un naso grosso, gli occhiali, la barba e i capelli radi. Già da bambino, del resto, non pensavo di diventare un adone. Sergio Staino, disegnatore satirico, creatore di Bobo. (Antonio Gnoli), la Repubblica.
«Un movimento vero e proprio di resistenza in Germania Est non c’è stato, nulla di simile per esempio a ciò che fu Charta 77 in Cecoslovacchia. Anche perché il controllo della Stasi era di una pervasività senza pari: un agente ogni 50 abitanti, mentre il Kgb ne aveva uno ogni 1.600 e la Securitate di Ceausescu uno ogni 1.500. Il dissenso trovò casa soprattutto nelle comunità luterane, in luoghi simbolo come la chiesa del Getsemani. Si pregava e si discutevano i temi dell’opposizione. Da lì nascerà poi Ad, il partito a cui si iscriverà una ragazza di nome Angela Merkel». Ezio Mauro (Pietro Visconti). Libertà.
Non mi sembra buono che ogni anno Roma versi a Bruxelles 14 miliardi di euro e ne ottenga indietro 12, con labirintiche direttive su come spenderli. Meglio allora tenerci il malloppo per fare fronte alle ondate di immigrati che sono un altro effetto dell’Ue. Se infatti non vi aderissimo, nessun profugo si presenterebbe da noi volendo in realtà andare altrove. Giancarlo Perna. la Verità.
Io quegli anni 70 li ho vissuti fino in fondo senza fidarmi delle ideologie. Avevo voglia di credere in una società ideale, in un’utopia. Lo volevo veramente anche se ho scoperto che quel tipo di società non esiste. Ho fatto del mio meglio, credo, imparando il rispetto reciproco, come sono fatte le persone. Con molta curiosità nei confronti della vita. Martin Scorsese, regista (Paolo Mereghetti). Corsera.
L’intolleranza dei tolleranti è cosa nota: si pensi al trattamento riservato a Martina Navratilova per il solo fatto di aver detto una verità elementare, ossia che le tenniste transgender sono avvantaggiate rispetto alle donne. O anche al povero Trudeau, che da anti-Trump canadese è diventato a un tratto «razzista» perché all`epoca dell`università aveva partecipato a una festa in costume travestito da arabo da Mille e una notte, con tanto di «blackface». Tutto ciò è profondamente ridicolo, ma altrettanto pericoloso. Giuseppe Culicchia, scrittore. (Alessandro Gnocchi). Il Giornale.
Camilla Cederna mi incoraggiava a scrivere. Lietta Tornabuoni mi ha insegnato il metodo (prima di scrivere un nome controlla se è corretto!) io ero molto disordinata. Lietta era una donna di una generosità pazzesca che ha sacrificato la sua vita per maschi che non la meritavano. Grande classe, bravissima, ma infelice. Natalia Aspesi, 90 anni, giornalista (Simonetta Fiori). la Repubblica.
Ero legatissima a mio padre. Avevo 14 anni quando Ferruccio Novo lo chiamò dalla Lucchese. Sono cresciuta sui campi di gioco. L’ho visto inventare il calcio moderno: i ritiri precampionato ad Ala di Stura, il passaggio dal metodo al sistema, il riscaldamento... Curava ogni dettaglio. Dai banchi del liceo classico fu arruolato come ufficiale nella Grande guerra. Era un umanista dello sport. Come disse l’attore Raf Vallone, che era stato un giocatore granata, «una muta di cervi guidata da un leone è più forte di una muta di leoni guidata da un cervo». Dopo di lui, non c’è più stata una squadra come il Grande Torino, né un altro condottiero degli immortali. Susanna Egri, ballerina, 93 anni. (Stefano Lorenzetto). Corsera.
Per scrivere mi isolo anche dai miei colleghi, che invece pensano più al mercato. La maggior parte di loro conduce ricerche sociali, ma solo se i finanziatori (società private, enti pubblici, partiti politici ecc.) lo richiedono, ovviamente con sostegni economici o di altro tipo. Franco Ferrarotti, sociologo, 93 anni (Aldo Forbice). la Verità.
A Venezia avevamo più di 20 persone di servizio, a Tripoli 30 e io una cameriera ad ore, ma non è che per questo uno cambia la propria maniera di vivere. Uno è per educazione abbastanza convenzionale; oggi essere educati è convenzionale. I ragazzi per strada non ti lasciano passare, ti devi spostare tu, perché loro non lo fanno. È un mondo molto brutale nelle piccole come nelle grandi cose. Purtroppo ci si ritira nel proprio modo di vivere per non essere devastato. Io comunque parlo con tutti. Mi manca il periodo in cui a Parigi c’era una grande mescolanza di intellettuali a differenza che a Roma. Marina Cicogna Mozzoni Volpi di Misurata (Giuseppe Fantasia). Huffington Post.
Erede d’un nome illustre e d’una cospicua fortuna, crebbe, beato fra le donne, nei suoi palazzi di Milano e di Novara e nel castello di Briona: avendo come maestro e istitutore un prete, Alciato, che si limitò ad assecondarne tutte le velleità e a compiacerne tutti i capricci, a giustificarne tutti gli impulsi; intimamente convinto com’era, e come era anche una gran parte del clero di quell’epoca, che nel mondo esistono due categorie di persone, quelle che possono tutto e quelle che non possono niente; e che se anche poi le nude anime sono uguali davanti a Dio nell’aldilà, nell’aldiqua le differenze fra gli uomini sono così grandi che ammazzare un contadino, per un feudatario, non è colpa più grave che prendere al laccio un coniglio, o pescare una trota. Sebastiano Vassalli, La chimera. Rizzoli, 2014.
Nella camera della nonna, che viveva in famiglia e leggeva soltanto il libro delle preghiere e degli inni sacri, aveva scoperto un vecchio romanzo di Fantomas sulla cui copertina un boia incappucciato stringeva alla gola una fanciulla bionda con gli occhi azzurri sbarrati. La nonna custodiva il libro credendo che Fantomas fosse il nome di una martire spagnola. Guglielmo Zucconi, Il cherubino. Camunia, 1991.
Nei campi di sterminio nazisti di Langenstein la mortalità era molto alta. Il mattino si raccoglievano i cadavere assieme all’immondizia. Essi sono morti in un mondo di malessere e di orrore, spogliati della loro umanità senza sepoltura e senza speranza. Hélie de Saint Marc, Mémoires-Les campagne de braises. Perrin, 1995.
Indossava una camicia di lana alla buona, e aveva dei pantaloni molto usati ma ben stirati, come li hanno sempre i pensionati in gita. Geminello Alvi, Ai padri perdòno. Mondadori, 2003.
Un tempo, ogni volta che vedevo una bella donna mi voltavo con concupiscenza. Oggi si volta lei per chiedermi se abbia bisogno di aiuto. Roberto Gervaso. Il Giornale.