ItaliaOggi, 22 novembre 2019
La Cina vista da Cartier-Bresson
Henri Cartier-Bresson in Cina è un monumento della fotografia. Inviato, il 25 novembre 1948 dalla rivista americana Life a coprire gli ultimi giorni di Pechino prima dell’arrivo dei maoisti, realizzò il prototipo perfetto del fotoreportage: umano, significativo, serio, obiettivo, intuitivo, preciso, ispirato, secondo Le Figaro. Una somma di avvenimenti, dai più modesti ai più simbolici, che colgono al volo il senso della storia, diventeranno i suoi scatti più celebri, tra i quali la corsa all’oro a Shanghai (pubblicata qui a fianco, ndr).È proprio in Cina che è nata la leggenda di Henri Cartier-Bresson, sui passi di questi cinesi ancora vestiti con gli abiti-divisa con il colletto alla coreana ritratti mentre fanno ginnastica, come un balletto, nei giardini del Tai Miao di Pechino nel dicembre 1948.
In Cina, Henri Cartier-Bresson (1908-2004) avrebbe dovuto starci due settimane, invece vi rimase dieci mesi, molto caotici. A Pechino passò soltanto 12 giorni, poi in giro a Shanghai dove è stato costretto a restare quattro mesi sotto il controllo comunista. Lasciò la Cina qualche giorno prima della proclamazione della Repubblica popolare della Cina, il primo ottobre 1949 con Mao presidente fino alla morte, nel 1976. Settant’anni dopo il Paese è irriconoscibile rispetto alle fotografie di questo reportage di Henri Cartier-Bresson (HCB) sull’inizio di un’utopia. Gli scatti immortalano uno straordinario stato dei luoghi con uno sguardo lucido e incisivo. Le foto sono in mostra alla Fondazione HCB, a Parigi, dove fino al 2 febbraio si tiene l’esposizione intitolata «Henri Cartier-Bresson, Chine 1948-49/1958». Esposte anche 114 stampe originali del 1948-1949, straordinarie per la loro libertà e la loro attualità.
A queste si aggiungono una quarantina di stampe del 1958 dove il controllo del potere sulla nazione e sul fotografo rendono asettiche le immagini che assaggiano la propaganda ufficiale. A corredo dell’esposizione, molti documenti ufficiali che i due curatori, Michel Frizot e il taiwanese Ying-Jung Su hanno utilizzato trasformando il reportage in un viaggio nell’archeologia del XX secolo. Immagini straordinarie dove l’istante è assolutamente decisivo.