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 2019  novembre 22 Venerdì calendario

Intervista a Pierluigi Gollini

La Premier è bella ma non ci vivrebbe. «Preferisco di gran lunga l’Italia», dice Pierluigi Gollini, con cognizione di causa: dai 17 ai 19 anni è stato al Manchester United (e poi per una stagione all’Aston Villa, in Championship), da 8 mesi è il portiere titolare dell’Atalanta, da 7 giorni un azzurro a tutti gli effetti. E domani sfiderà la Juve quasi da pari rango.
Gollini, era preparato a tutto questo?
«Sinceramente sì. Sto raccogliendo quello che ho seminato. In passato sono stato sottovalutato, altri sono stati spinti più di me».
È forse perché ha preferito fare il giro largo?
«Vista oggi, la scelta di andare in Inghilterra è stata vincente. Però sfido chiunque a non andarci, se ti chiama il Manchester e se non hai paura di lasciare mamma e papà. E io già da ragazzino non vedevo l’ora di andare via da casa».
In Inghilterra a 17 anni, dunque.
«A quell’età là sono già professionisti, lavorano con la prima squadra, mentre qui i Primavera vanno ad allenarsi in treno dopo la scuola e il distacco dai grandi è enorme. Però io preferisco l’Italia, ho bisogno di sentirmi addosso il peso del mio ruolo.
Ammiro il modello inglese, da loro ho imparato la cultura del lavoro, ma dopo un po’ non ce l’ho più fatta a livello umano e anche a livello tecnico sentivo che non avevano più niente da darmi. La nostra scuola è di gran lunga superiore. In Italia il portiere fa parte di un reparto, là para e basta».
In Premier non ci andrebbe?
«Penso di no».
Neanche adesso che è il sogno di tutti?
«Non è detto che sia il mio. Forse la sognano perché non ci sono stati».
Il suo sogno qual è?
«La Serie A. A Manchester, il mio prof di inglese mi diceva che ero lo straniero che si era integrato meglio, ma non è il mio mondo. Là non si fa gruppo, si va al campo come in ufficio, l’ho notato soprattutto all’Aston Villa».
Si sente da Nazionale, adesso?
«Sirigu ha un curriculum che parla da sé, Donnarumma ha bruciato le tappe con un talento fuori dalla norma, Meret è da Champions. Ma se devo dire la verità, siamo tutti a livello simile».
Anche Atalanta e Juve?
«Parte della differenza l’abbiamo colmata, perché ormai abbiamo una mentalità che ci permette di giocarcela alla pari con tutti. Non si può dire che sia una sfida scudetto, non è quello il nostro compito, ma già l’anno scorso ci siamo trovati a batterci per un obiettivo più grande di noi e non ci siamo tirati indietro.
E poi squadra e tifoseria sono fatti una per l’altra».
Le difficoltà in Europa vi hanno sorpreso?
«In campionato la nostra intensità ci permette di dominare, in Champions a quei ritmi giocano tutti. Poi è chiaro che la prima volta ti scotti sempre».
Lei all’inizio parlava di semina.
Voleva forse dire sacrificio?
«Ma io ho sempre voluto fare questo. A 15 anni mi volevano Inter, Juve e Fiorentina: a me non fregava niente di una o dell’altra, io volevo solo giocare per cui ho detto ‘fate voi, mandatemi dove vi conviene’.
Alla Spal stava bene darmi alla Fiorentina, ai miei stava bene Firenze perché avrei continuato gli studi e così sono andato. Se vuoi arrivare da qualche parte, è normale mangiare merda già a 16 anni. Non esco con gli amici dal 15 agosto, ma faccio quello che sognavo di fare: come posso parlare di sacrificio, quando tanti che si sono sbattuti come me non ce l’hanno fatta?».
Lei è nato portiere o lo è diventato?
«Del portiere mi affascinava tutto, anche che fosse vestito diverso dagli altri e avesse i guanti. Nella Spal mi facevano fare il difensore, ma al campetto con gli amici mi mettevo sempre in porta e alla fine degli allenamenti mi fermavo a guardare i portieri. Ho talmente tanto stressato l’allenatore che un giorno mi ha detto: se vieni con i guanti, ti faccio provare.
L’indomani ero lì con i guanti.
Avevo 11 anni e dalla porta non sono più uscito».
Si sente di appartenere alla categoria dei portieri matti?
«Per buttare la faccia dove gli altri ci mettono i piedi, un po’ devi esserlo».
Lei è anche rapper: inciderà un altro disco?
«Ho fatto una canzone per raccontare che si può partire da un campetto a Poggio Renatico e arrivare in Serie A. Con il ricavato, abbiamo fatto un campo nuovo e messo su una sala prove, ma al momento non ho nuove canzoni».