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 2019  novembre 22 Venerdì calendario

Il bivio dei Benetton

I Benetton si presentano all’ultimo miglio della partita Alitalia tenendo il coltello dalla parte del manico (il loro “sì” è decisivo per salvare la compagnia) ma con un delicatissimo dubbio strategico: come salvare le concessioni autostradali – a rischio ritiro dopo la tragedia del Ponte Morandi – senza mettere nei guai Fiumicino. L’altro gioiello di famiglia che rischia di pagare un pedaggio salatissimo all’eventuale crac dell’ex compagnia di bandiera.
Atlantia, dal suo punto di vista, ha giocato fin qui la sua partita senza sbagliare un colpo: ha lasciato che la politica si incartasse nel tentativo – inutile – di trovare un compratore per la società. A luglio scorso, con l’operazione salva-Alitalia in altissimo mare, la famiglia di Ponzano Veneto ha fatto “outing": candidandosi a togliere le castagne dal fuoco all’esecutivo Conte 1 sul fronte aeronautico con il chiaro obiettivo di ridurre al minimo i danni su quello delle Autostrade, la vera gallina dalle uova d’oro del gruppo.
L’obiettivo è stato in parte già raggiunto: la minaccia di ritiro tout court delle concessioni – cavallo di battaglia dei cinque stelle – è stata ridimensionata da Giuseppe Conte, presentando il programma del governo giallorosso, in una più morbida «revisione». I Benetton – per evitare sorprese – vorrebbero mettere subito nero su bianco nei dettagli i termini di questo compromesso prima di aprire il portafoglio per Alitalia (sono stati già soci in passato perdendo oltre 100 milioni). Ma le trattative stanno andando per le lunghe e la dinastia veneta, guarda caso, ha frenato sull’ipotesi di ingresso con il 35% nella compagnia. «Il permanere della situazione di incertezza su Autostrade per l’Italia – ha ammesso Atlantia in una lettera al Mise di inizio ottobre esplicitando il do ut des — non consentirebbe di impegnarsi in un’operazione complessa» come quella di Alitalia. E il passo indietro annunciato alla vigilia del termine per la vendita dell’aerolinea è la conferma implicita che di certezze, sul fronte dei caselli, non ce ne sono ancora.
Il rischio per i Benetton è che la linea dura si trasformi ora in un boomerang. Il fallimento di Alitalia non sarebbe indolore per i conti del gruppo. Atlantia controlla tramite Adr il 100% di Fiumicino. E la ex compagnia di bandiera, per quanto un po’ malmessa, garantisce il 40% del traffico sullo scalo della Capitale dove fa volare oltre 16 milioni di passeggeri l’anno. L’eventuale crac della società aprirebbe quindi una voragine nei ricavi dell’aeroporto. E per compensare buchi di questo tipo – come dimostra l’esperienza di Malpensa tradita da Alitalia nel 2007 – ci vogliono almeno 10 anni.
La famiglia veneta però non sembra aver dubbi: il gioco, anche se assomiglia un po’ a un rischiatutto, vale la candela. I profitti delle Autostrade sono troppo importanti per il gruppo. Le casseforti dei Benetton hanno incassato dal 2012 1,7 miliardi di dividendi grazie ai pedaggi raccolti ai caselli, soldi che servono a compensare le perdite della moda. Mentre Aeroporti di Roma, malgrado il netto miglioramento di servizi e risultati, è ben lontano da quella redditività. Risultato: Atlantia, numeri alla mano, ha alzato in questi giorni le barricate attorno alle concessioni. Pronta ad affrontare il rischio di vedere Fiumicino orfana di Alitalia.