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 2019  novembre 21 Giovedì calendario

Le malattie di cuore uccidono molto meno

È passato poco più di un anno da quando il Lancet ha messo in fila 195 Paesi del mondo utilizzando una scala – Indice di Sviluppo Sostenibile – da 0 a 100 che tiene conto di tantissimi parametri, dalla mortalità infantile alle malattie comunicabili e non, ai vaccini, all’igiene, all’inquinamento dell’aria, ai conflitti e tanto d’altro.
Primo in classifica è Singapore con un punteggio di 85, ultima è la Repubblica del Centro Africa con 12 punti. L’Italia ha 70 punti come Francia, Panama e Taiwan e la situazione non è migliorata rispetto all’ultimo rapporto, quello del 2015. Meglio di noi, a parte i primi dieci (Singapore, Norvegia, Svezia, Israele, Regno Unito, Olanda, Canada, Svizzera, Malta, Finlandia) fanno, tra gli altri, Belgio, Cipro, Spagna, Corea del Sud, Portogallo e persino Kuwait.
Nel contesto della stessa iniziativa – Global Burden of Diseases, un enorme sforzo che vede coinvolti più di 3.000 ricercatori da 145 Paesi del mondo e che si propone di stabilire di cosa ci si ammala e si muore nel mondo – saranno pubblicati oggi sempre dal Lancet tutti i dati relativi all’Italia.
Da noi l’aspettativa di vita è aumentata ed è la più alta d’Europa (83,2 anni) e se sei una donna vivi cinque anni di più («forse le nonne servono più dei nonni per far crescere i bambini», scrive Boncinelli nel suo ultimo libro), ma la speranza di vita in buona salute arriva solo a 72 anni. Da noi la fecondità è tra la più basse del mondo, e questo preoccupa: chi la pagherà la pensione a tutti questi anziani con sempre meno giovani che lavorano?
Rispetto al ’90 ci sono meno persone – a essere precisi il 53,7% in meno – che muoiono per malattie del cuore, pressione alta e ictus del cervello: i cardiologi hanno fatto davvero un ottimo lavoro in tutto questo periodo. Sono diminuiti anche i tumori, salvo qualcuno, per esempio di pancreas, utero e prostata che invece tendono ad aumentare.
La conseguenza del morire meno di cuore e un pochino meno anche di tumori è che aumentano gli ammalati di Alzheimer e di altre forme di demenza legate all’età. Ed è logico, di qualcosa si deve pur morire, quando i passi avanti della medicina chiudono ogni altra possibilità di uscita, il decadimento cognitivo è inevitabile.
Di ammalati di Alzheimer in Italia ce ne sono almeno mezzo milione e forse di più e per loro non c’è cura. Tenerli a casa è quasi impossibile, vorrebbe dire avere diverse persone che si alternano, giorno e notte per essergli vicino, a fargli tutto, ma proprio tutto. Ma ammesso che ci sia qualcuno che ha abbastanza soldi per poterlo fare, una cosa così quasi nessuno riesce a reggerla, chi ha in casa un ammalato di Alzheimer non sa a che santo rivolgersi. Servono punti di riferimento e informazioni prima che la malattia progredisca. È ora di avere un grande progetto e strutture adeguate.
Oggi in Italia rispetto al 1990 si muore meno di alcol, fumo e di incidenti stradali, segno che le nuove norme sul traffico funzionano e soprattutto funziona il 118, parte di un’altra cosa di cui l’Italia può andar fiera e che speriamo di non perdere: il nostro Servizio sanitario nazionale.
Nonostante conclude il Lancet «l’Italia sia un esempio interessante di risultati che si possono ottenere nel campo della salute combinando stili di vita sani e assistenza sanitaria per tutti, sta aumentando la spesa sanitaria per le famiglie e la disparità fra regione e regione». Sono cose che conosciamo bene e che dovremo trovare il modo di risolvere al più presto.
Ma quello che preoccupa di più però è l’aumento dell’aspettativa di vita associato alla bassa fertilità. Senza bambini non c’è futuro. Per tutto questo adesso abbiamo dati, numeri, tabelle e figure, è tutto documentato nelle tredici pagine del Lancet di oggi, malattia per malattia, disabilità per disabilità, le cose per cui stiamo migliorando rispetto al 1990 e quelle che vanno male.
È uno strumento formidabile, chi ci governa adesso ha a disposizione tutto quello che serve per poter prendere le decisioni giuste (vale per noi e varrà per tutti gli altri Paesi del mondo).