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 2019  novembre 21 Giovedì calendario

Una curiosa mostra dedicata alle mani con un algoritmo che le fa suonare

L’Oscar della curiosità in fatto di mostre spetta all’Opificio Golinelli che ha organizzato (col patrocinio del ministero dei Beni culturali) U.Mano, ovvero una rassegna dedicata alla mano (fino al 9 aprile). L’Opifici si occupa (a Bologna) soprattutto di divulgazione scientifica tra i giovani. Di qui l’impostazione innovativa di una mostra che unisce opere importanti (Carracci, Guercino, Crespi, Sebastiano del Piombo, un Caravaggio di non sicura attribuzione, Durer, Pistoletto), sculture anatomiche in cera, installazioni in realtà aumentata in cui si può muovere una mano artificiale. «Abbiamo messo in sequenza l’evoluzione nei secoli e il tempo presente – dice uno dei curatori, Andrea Zanotti – inseguendo le piste che altri prima di noi hanno tracciato con poveri strumenti artigianali e che noi continuiamo oggi a forgiare potendo contare su una cassetta degli attrezzi enormemente più fornita, sofisticata a per questo anche pericolosa». Si parte da due grandi installazioni centrali: le mani chiuse, emblema della riflessione sulla propria origine e interiorità, e quelle aperte, che rappresentano invece l’esplorazione e la conoscenza del mondo circostante. «La mano – dice Silvia Evangelisti, altra curatrice – è l’elemento di raccordo tra la dimensione del fare e quella del pensare». Chi avrebbe scommesso che nell’era tecnologica ci si ritrova a esaltare le nostre mani, ovvero ciò che è manuale? Vi è anche un’installazione basata su quello che è definito un «algoritmo di arte generativa»: si pone la mano su un touch screen che trasforma le dimensioni dell’arto in frequenze, ogni mano emette un suono diverso poiché ogni mano è diversa dall’altra. Per finire col filosofo greco Anassagora: «L’uomo pensa perché ha le mani».